Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-07-2011) 11-10-2011, n. 36717 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18.3.2011 il Tribunale di Lecce, investito ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta a carico di C.A., per il reato di tentato omicidio, in concorso con L.D., ai danni di R.S., in seguito ad una colluttazione. Il compendio probatorio era rappresentato dal fatto che l’indagato aveva ammesso la colluttazione con la vittima e si era vantato di avere una pistola, con tale A., poco prima del fatto. Di C., L. e Ru. era stata registrata la loro entrata in un esercizio commerciale. Il Ru. aveva detto che mentre stava consumando nel locale, alle ore 2, 30 aveva sentito degli spari ed aveva notato all’esterno due auto allontanarsi sgommando, aggiungendo di esser arrivato insieme ai due indagati, di aver visto il C. ed il R. uscire, contendere tra loro, che il C. aveva la meglio, fino a che ad un certo punto parti uno sparo. Ricorrevano anche le dichiarazioni testimoniali di B. G. che ricordò come all’interno del locale il L. aveva fatto scarrellare l’armar che vi erano pendenze tra la vittima ed il gruppo del C., nonchè le individuazioni fotografiche degli indagati ad opera di A. e di B.. A fronte di questo quadro, in attesa dell’esito di accertamenti in corso, il Tribunale riteneva grave il quadro indiziario e sussistenti le ragioni di ordine cautelare, atteso l’inserimento dell’indagato in un circuito malavitoso e considerato l’allarme sociale provocato dal fatto in oggetto.

2. Avverso tale pronuncia presentava ricorso per Cassazione la difesa dell’indagato per dedurre:

2.1 nullità dell’ordinanza per violazione di legge, mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, violazione artt. 125 e 273 c.p.p.. In particolare, la difesa si lamentava che il gip avesse fondato il suo giudizio su un atto, quale le sit di Ru.Ja. che non era stato trasmesso dal pm in sede di richiesta cautelare, ancorchè non fosse successivo rispetto all’emissione del titolo cautelare e dunque ne chiedeva la dichiarazione di inutilizzabilità. Non solo, ma doveva essere ritenuto inutilizzabile l’atto, anche ai sensi dell’art. 63 cod. proc. pen., posto che Ru. era indiziato di reato, contrariamente a quanto assunto dal Tribunale, avendo il medesimo in prima battuta omesso di indicare i nomi dei suoi accompagnatori e quello del R., ancorchè fossero per lui tutti soggetti conosciuti, tanto più che egli R. giunse nel locale insieme ai due indagati.

2.2 nullità dell’ordinanza per violazione di legge e per mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, violazione artt. 274, 275 292 e 309 cod. proc. pen., non avendo il Tribunale motivato, se non con formule di stile, la sussistenza di esigenze cautelari giustificative la misura di massimo rigore.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Non è seriamente apprezzabile alcuna lesione del diritto processuale, in ragione del fatto che il gip abbia utilizzato, a sostegno della misura cautelare un atto non trasmesso dal pm per la richiesta cautelare, ma semplicemente trasfuso nella richiesta del pm : il sistema riconosce al pm un potere di gestione degli atti e di progressivo disvelamento degli stessi, da correlare con plurime esigenze di segretezza, in vista di nuovi esiti investigativi e di tutela delle fonti di prova, soprattutto in contesti di esposizione delle stesse, quale quello di cui si discute. E’ bene ricordare che è assolutamente pacifico, essendo stato reiteratamente affermato da questa Corte, in tema di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari, che il tribunale ai fini della decisione può tener conto – ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 9 – delle nuove acquisizioni probatorie effettuate dal pm, anche se sfavorevoli all’interessato successive alla richiesta della misura cautelare ed infatti il tribunale ai sensi della disposizione citata, decide "anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza" (v. ex pluribus sez. 3, 25.6.2010, n. 27592 Ricci). E’ stato precisato nel citato arresto che " l’interpretazione dell’art. 309 c.p.p. nei sensi sopra riportati non viola la pienezza del contraddicono, poichè il pm non è obbligato ad un’anticipata discovery delle sopravvenute acquisizioni probatorie intervenute nel corso delle indagini, a meno che non siano favorevoli all’indagato, così come non è inibito alla difesa di produrre al giudice del riesame nuovi atti e documenti a favore del proprio assistito". Vi è poi copiosa giurisprudenza di questa Corte più propensa ad ammettere la produzione degli elementi indiziari preesistenti, che non di quelli acquisiti successivamente (Sez. 3, 11.2.2010, n. 15108, Sabatelli; Sez. 6 9.3.2004, n. 15899, Fallace), ancorchè l’art. 309 c.p.p., comma 9 debba essere interpretato nel senso che al pm è fatto obbligo di presentare al tribunale del riesame le risultanze a favore dell’indagato, ma che egli può presentare nuovi elementi sfavorevoli sia preesistenti che sopravvenuti, per le ragioni che sono state sopraesposte. Il motivo che è stato dedotto sul punto non può quindi essere apprezzato.

Quanto al secondo profilo, deve essere rilevato che come correttamente opinato dal Tribunale, il Ru., – le cui dichiarazioni costituirono elemento portante l’accusa formulata a carico del ricorrente -, non era indiziato al momento in cui rese dette dichiarazioni, essendo risultato dai filmati della telecamera interna al centro commerciale, locus commissi delicti, che era intento a consumare la colazione mentre avvenne l’aggressione armata.

Il tribunale ha evidenziato come il Ru. rappresentò la successione dei fatti ed indicò il C. come colui che aggredì il R., lo sovrastò, lo prese a calci mentre questi era inginocchio, unitamente al L., ancorchè non seppe riferire da chi partì lo sparo. Tale dato testimoniale non poteva non essere preso come pietra angolare dell’impalcato accusatorio, unitamente alle indicazioni dell’ A. di aver visto il C. esibire una pistola, magnificandola, poco prima dell’ aggressione: l’intreccio delle due testimonianze ha attitudine dimostrativa degli indizi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza, con il che la motivazione che sorregge il provvedimento restrittivo supera certamente il vaglio di legittimità demandato a questa Corte.

Quanto al profilo delle esigenze cautelari di cui al secondo motivo di gravame, va detto che le stesse sono state correttamente desunte, a seguito di disamina non accademica, dalla gravita della condotta violenta ed aggressiva posta in essere con uso di arma da fuoco, del cui possesso il C. ebbe a vantarsi, – denotando così l’evidente profilo di pericolosità sociale – e dai dati che connotano la vita anteatta del ricorrente, pregiudicato, senza stabile attività lavorativa. La base su cui il giudizio è stato espresso è aderente alle emergenze disponibili e la valutazione presa non sconta alcun deficit di logicità.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va trasmessa, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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