Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2012, n. 4216 Onorari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G.M., sull’assunto di aver curato la redazione del progetto generale e del progetto stralcio per la costruzione del liceo scientifico di Noverato senza percepire dalla committente Provincia di Catanzaro il compenso professionale, convenne l’Ente innanzi al Tribunale chiedendo il pagamento della somma di lire 53.194.989 a titolo di ingiustificato arricchimento. Il Tribunale, costituitasi l’A.P. di Catanzaro, con sentenza 20.2.2004 condannò la convenuta a pagare la somma di Euro 26.475,39 oltre accessori e la Amministrazione propose appello negando l’esistenza della pretesa convenzione successiva a delibera di convalida dell’incarico conferito ed osservando che l’azione ex art. 2041 c.c. non era proponibile contro essa A.P. per difetto del requisito della residualità. Costituitosi l’appellato, la Corte di Appello di Catanzaro con sentenza 5.11.2009 ha accolto l’appello della Provincia e dichiarato inammissibile la domanda del C., altresì respingendo l’appello incidentale. Con riguardo alla eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 325 c.p.c. la Corte ha osservato che la irregolarità della notifica al procuratore domiciliatario presso il domicilio personale della parte aveva determinato una nullità che era stata sanata con la rinnovazione disposta ex art. 291 c.p.c. e che, essendo stata debitamente eseguita, retroagiva ex tunc nei suoi effetti. Con riguardo poi alle censure proposte in appello, la Corte ha osservato: che non aveva rilevanza la questione della mancata sottoscrizione di convenzione attuativa della Delib. n. 3481 del 1993 di sanatoria dell’incarico illegittimamente conferito dato che l’azione proposta non era contrattuale ma di ingiustificato arricchimento, che era invece fondata la doglianza afferente la inammissibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. per difetto della sussidiarietà, che infatti la progettazione allegata era stata realizzata tra il 29.8.1989 ed il 6.11.1993 e quindi nel vigore del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 convertito nella L. n. 144 del 1989 con la conseguenza per la quale, secondo il costante indirizzo della Cassazione, il privato che disponeva di azione diretta verso l’amministratore o funzionario non poteva più esperire verso l’Ente l’azione sussidiaria ex art. 2041 c.c., che tale fosse la situazione nella specie emergeva dalla evidente assenza di alcun contratto e di alcun impegno di spesa tra progettisti ed ente locale.

Per la cassazione di tale sentenza C.G.M. ha proposto ricorso il 19.3.2010 con quattro motivi, cui ha resistito l’A.P. di Catanzaro con controricorso dei 26.4.2010. Il C. ha anche depositato memoria finale ed i difensori hanno discusso oralmente.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato nessuna delle proposte censure meritando dì essere condivisa.

Primo motivo: esso lamenta la violazione degli artt. 291, 325 e 330 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto sanabile, con la rinnovazione, una ipotesi di reale inesistenza di notifica dell’impugnazione, essa essendo stata, infatti, consapevolmente effettuata al difensore non già presso il domicilio eletto ma presso il domicilio della parte difesa e quindi incorrendosi in una decadenza ex art. 325 c.p.c. non sanabile con la disposta rinnovazione.

La censura è infondata. Questa Corte ha invero affermato (Cass. 20334 del 2004 – vd. anche 22587 del 2007) che la notificazione del ricorso per cassazione effettuata alla parte personalmente e non al suo procuratore nel domicilio dichiarato o eletto, cagiona non già l’inesistenza ma la sola nullità della notifica stessa, alla quale da un canto si può porre rimedio con la rinnovazione prevista dall’art. 291 c.p.c., comma 1, e della quale deve dall’altro canto affermarsi la sanatoria per effetto dell’avvenuta costituzione della parte, secondo il principio generale dettato dall’art. 156 c.p.c., comma 2, applicabile anche al giudizio di legittimità. Di converso deve ritenersi riservata la sanzione della inesistenza ai soli casi di assenza di alcun collegamento tra la parte destinataria della impugnazione ed il luogo prescelto, pur ammettendosi anche in tal radicale ipotesi una limitata possibilità di sanatoria. Va anche, per completezza, rammentato essersi affermato (Cass. 8377 del 2009) che, qualora il ricorso per cassazione sia stato notificato nella cancelleria del giudice di appello, nonostante l’avvenuta eiezione di domicilio presso il procuratore costituito per il precedente grado di giudizio in un luogo situato nell’ambito del Comune dell’ufficio giudiziario adito, la notifica è inesistente, ma il deposito del controricorso prima della scadenza del termine per l’impugnazione ne determina la sanatoria con effetto "ex nunc", rendendo ammissibile il ricorso.

Ebbene, su tali premesse appare corretta la scelta della Corte di merito, che, preso atto della nullità della notifica dell’appello effettuata bensì al destinatario procuratore ad litem ma presso il domicilio della parte e non presso quello eletto, ha inteso procedere alla rinnovazione stante l’evidente collegamento della avvenuta notifica con la persona fisica del suo destinatario.

Secondo motivo: esso si duole della errata applicazione del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 posto che, pur non essendo stata documentata, sussisteva nondimeno una delibera di conferimento dell’incarico (la n. 2129 del 1989) e che essa era stata sanata con la delibera n. 3491 del 1993. Terzo motivo:esso lamenta che non si sia considerato come anche se dopo la delibera in sanatoria era nondimeno intervenuto il riconoscimento della utilitas, attraverso i finanziamento dell’opera. Quarto motivo: censura l’interpretazione sostanzialmente "abrogatrice " dell’art. 2041 c.c. seguita dalla Corte di merito.

Secondo, terzo e quarto motivo possono esaminarsi congiuntamente e radicalmente disattendersi.

A parte la non pertinenza delle censure al decisum, la sentenza impugnata avendo rilevato che era decisiva la mancanza di una convenzione successiva al deliberato di incarico (e quand’anche esso fosse stato sanato dalla Delib. n. 3481 del 1993), vi è da considerare come neanche in questa sede il ricorso mostri consapevolezza di quel che la Corte di merito ha puntualmente accertato in sentenza e cioè che mancava, in ogni sede e luogo, la prospettazione della sussistenza di un impegno di spesa nella delibera antecedente al conferimento dell’incarico. Ed in difetto di tale condizione di legalità di alcun incarico da parte di Comune, Provincia e Comunità Montana la norma vigente nell’Agosto 1989 (il D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4) prevedeva e determinava la diretta insorgenza del rapporto tra il professionista e l’amministratore od il funzionario dell’Ente (deliberante e sottoscrivente l’incarico) e quindi escludeva la sussistenza della residuale azione ex art. 2041 c.c.. La Corte di merito ha quindi rettamente affermato la improponibilità della domanda ex art. 2041 c.c. rivolta all’Ente locale per progettazioni commissionate senza alcun previo impegno di spesa nè copertura finanziaria, come imposto dal D.L. n. 66 del 1989, previgente art. 23, comma 4 convertito nella L. n. 144 del 1989 (norme infine approdate nel D.Lgs. n. 267 del 2000, egli artt. 191 e 194): tale improponibilità deriva dal fatto che le norme, impositive di sole azioni dirette nei confronti del funzionario deliberante, hanno fatto venir meno la necessaria residualità dell’azione nei riguardi dell’Ente locale (in tal senso, e tra le ultime, Cass. n. 9080 del 2011, n. 12880 e n. 21242 del 2010).

Quanto alla doglianza per la quale la così disposta esclusione della diretta azione ex art. 2041 c.c. determinerebbe una abrogazione sostanziale dell’istituto, il quale avrebbe una sua latitudine attuale di ragionevolezza, essa mostra di non conoscere lo stato della giurisprudenza. Ed infatti, ben si sarebbe potuto dal C. proporre una domanda subordinata surrogatoria ex artt. 2041 e 2900 c.c., evocando in giudizio anche gli amministratori ed i funzionari responsabili delle delibere in questione, domanda fondata sulla possibilità – "autorizzata" dalla Corte Costituzionale (n. 295 del 1997) e riconosciuta da questa Corte (Cass. 15296 del 2007 e 17550 del 2009) – per la quale il professionista, creditore diretto ope legis dell’amministratore "autorizzante" un opus privo di impegno di spesa ben può, utendo juribus, sostituirsi all’amministratore solvens nella sua azione ex art. 2041 c.c. a carico dell’Ente locale che abbia comunque ricevuto ed utilizzato l’opus in questione, riconoscendone nelle dovute inequivoche forme la utilità.

Si rigetta dunque il ricorso gravando la parte ricorrente della refusione delle spese di giudizio in favore della controricorrente Provincia.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente C. a versare alla controricorrente A.P. di Catanzaro per spese di giudizio la somma di Euro 2.200 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre a spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *