Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2012, n. 4212 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Z.C. agiva nei confronti del comune di Ladispoli, proponendo opposizione alla stima dell’indennità di esproprio del terreno di circa mq.3500, al catasto fg.59, part. 193 ed f.60, part.437, in località (OMISSIS), determinata dalla Commissione provinciale espropri in Euro 219.075, 35, "salvo decurtazione del 40% in caso di mancata accettazione e di opposizione a tale stima", reclamando il maggior importo di Euro 2.950.000,00.

Il Comune chiedeva il rigetto dell’opposizione e chiamava in causa le Cooperative Edilizie S. Antonio, Umanitaria 80, Ladispoli 75 e Valle del Sole di Ladispoli, assegnatarie del diritto di superficie sulle aree espropriate per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale pubblica; detti terzi si costituivano, instavano per il rigetto della domanda attorea e l’accoglimento della domanda di determinazione della "giusta indennità". La Corte d’appello, con sentenza 18/1/2010, ha accolto in parte la domanda dello Z., così assorbita la riconvenzionale delle Cooperative S.Antonio ed Umanitaria 80; ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale delle Cooperative Ladispoli 75 e Valle del Sole di Ladispoli; ha determinato l’indennità di esproprio in Euro 560.160,00 ed in Euro 31.120,00 l’indennità di occupazione per il periodo 24/5/01 – 17/1/2002; ha dichiarato tenuto il Comune al deposito della differenza tra quanto dovuto e quanto già depositato, per l’indennità di espropriazione, oltre interessi legali, e dell’indennità di occupazione, oltre interessi legali, dal 17/1/2002 al saldo, ed ha posto a carico definitivo e solidale del Comune e delle Cooperative le spese della CTU, e ha condannato dette parti alla rifusione delle spese di lite.

La Corte ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse la riconvenzionale delle Cooperative Ladispoli 75 e Valle del Sole di Ladispoli, mentre ha ritenuto l’interesse ad agire delle due cooperative S.Antonio e Umanitaria 80, concessionarie del diritto di superficie sull’area espropriata, che in forza dei provvedimenti di concessione del Comune, nn.175 e 176 del 2001, avevano ricevuto in assegnazione le aree per la realizzazione di un piano di edilizia residenziale pubblica, per cui essendo il loro rapporto regolato da convenzione, con determinazione del corrispettivo dovuto, il Comune era legittimato a chiedere la differenza tra l’importo corrisposto e l’indennità definitiva giudizialmente accertata.

La Corte ha quindi determinato l’indennità di esproprio sulla base dei criteri di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, e l’indennità di occupazione, rilevando che, come risultava dalla C.T.U., il terreno in oggetto, inizialmente destinato a pascolo arborato e seminativo, era da ritenersi edificabile per la successiva inserzione nel Piano di zona per l’edilizia economico e popolare ed aderendo all’indicazione del valore di mercato del C.T.U., sulla base di quotazione di mercato ottenuta attraverso gli esiti comparati dei due diversi procedimenti estimativi(analitico e sintetico), pervenendo, in termini congrui ed adeguati rispetto all’ambito comprensoriale del PEEP, al valore medio unitario (con riguardo ad opere finite, costituite da villini unifamiliari a schiera), di Euro 160 al mq..

La Corte romana ha rilevato che le contrapposte osservazioni critiche alla C.T.U. erano state esaminate in modo convincente, in sede di chiarimenti resi dal C.T.U., ai quali faceva rinvio.

Ricorre il Comune, sulla base di due motivi.

La soc. coop. Edilizia s.r.l. e S. Antonio hanno depositato controricorso con ricorso incidentale, affidato a due motivi; anche lo Z. ha depositato controricorso con ricorso incidentale, affidato a due motivi.

Lo Z. ha altresì depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1.- Con il primo, articolato motivo, il Comune denuncia violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di valutazione delle aree suscettibili di edificazione legale, delle aree oggetto di localizzazione L. n. 865 del 1971, ex art. 51;

violazione della L. n. 865 del 1971, art. 35; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia.

Secondo il ricorrente, la Corte ed il C.T.U. non hanno valutato la disciplina dei terreni oggetto di edilizia residenziale pubblica ed il conseguente effettivo valore di mercato.

Il Comune deduce che La C.T.U. è stata redatta considerando l’assoluta equivalenza tra il valore del terreno edificabile non soggetto a limiti di commercializzazione ed il valore del terreno edificabile gravato da vincoli precisi di commercializzazione ed utilizzazione (commercializzazione dopo 5 anni a cittadini non proprietari e con redditi modesti, a prezzi determinati dall’UTE e locazione a soggetti qualificati secondo canoni determinati dall’UTE;

la commercializzazione degli edifici realizzati è vincolata a prezzi di cessione soggetti a limiti previamente fissati in convenzione, indipendentemente dalla valutazione dell’UTE); che il C.T.U. ha previsto tra le voci che determinano il valore dell’area secondo il procedimento analitico, il profitto dell’imprenditore ed il rischio d’impresa, non configurabili nel caso specifico di realizzazione da parte di cooperative edilizie.

Sussiste altresì, secondo il Comune, il vizio di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, per avere la Corte d’appello ignorato e non motivato sia in ordine alla differenza di disciplina giuridica, sia in ordine al criterio sintetico comparativo anch’esso utilizzato dal C.T.U., che ha preso in esame il valore del prodotto finito in zona destinata ad edilizia privata e cioè il valore al mq. dell’edificio che sarebbe stato possibile realizzare.

1.2.- Con il secondo motivo, il Comune denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90 e omessa motivazione, per avere la Corte romana omesso ogni riferimento ai chiarimenti e alle ragioni del mancato abbattimento, mentre la L. n. 167 del 1962 e la L. n. 865 del 1971 costituiscono interventi di riforma economico sociale.

2.1.- Con il primo motivo del ricorso incidentale, Z.C. denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 e art. 37 T.U. espropri, e difetto di motivazione;

violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per omessa pronuncia su punto decisivo, per non avere riconosciuto la Corte del merito la maggiorazione del 10%. 2.2.- Con il secondo motivo del ricorso incidentale, lo Z. denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., inammissibilità, genericità e tardività della riconvenzionale delle Cooperative, che non costituiscono litisconsorti necessari, e che erano decadute L. n. 865 del 1971, ex art. 19 dalla facoltà di proporre domanda di rideterminazione dell’indennizzo, in quanto alla data di costituzione delle stesse era già decorso il termine di 30 gg. dalla pubblicazione nel Foglio degli annunci legali dell’avviso di deposito della relazione della Commissione espropri.

3.1- Con il primo motivo del ricorso incidentale, le Cooperative denunciano violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di determinazione dell’indennità di espropriazione ed occupazione di aree inserite in piano di zona di edilizia pubblica ex L. n. 167 del 1962 e successive modificazioni; violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi ( L. n. 865 del 1971, art. 35 e successive modificazioni, L. n. 179 del 1992, art. 20); omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in specie sulla rilevanza in sede di stima delle limitazioni alla commercializzazione del prodotto edilizio da realizzare.

3.2.- Col secondo motivo del ricorso incidentale, le Cooperative denunciano violazione delle norme e dei principi in tema di valutazione dell’indennità di espropriazione, di applicazione dei metodi di stima analitico ricostruttivo e sintetico comparativo, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi, in particolare sulla presunta impossibilità di tener conto dei prezzi di cessione secondo i criteri fissati nella convenzione- concessione e i costi di urbanizzazione sulle aree ablate.

Secondo le Cooperative, a tutte le questioni sollevate, il C.T.U. ha dato risposte caratterizzate da contraddittorietà, omessa ed insufficiente motivazione, violando i principi in tema di valutazione delle aree con il metodo sintetico comparativo ed ha sostanzialmente applicato solo il metodo analitico, piegando quello sintetico verso la valutazione ottenuta con l’altro metodo; il C.T.U. e la sentenza hanno percepito l’importanza delle limitazioni alla commercializzazione, ma hanno ritenuto tale differenza superabile con il riferimento all’indice medio territoriale del piano di zona, che è invece dato del tutto estraneo al problema del parametro di riferimento, per accertare il prezzo di cessione convenzionale; il C.T.U. ha fatto riferimento alle costruzioni realizzate – villette a schiera – quindi a situazione di fatto successiva al decreto, mentre avrebbe dovuto determinare il valore del bene così come previsto dalla convenzione prima del decreto di espropriazione (edifici destinati a case popolari) e non dopo.

4.1.- Va rapidamente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, sollevata dallo Z..

Detta parte ha eccepito la tardività del ricorso principale, per essere stata notificata la sentenza della Corte d’appello al Comune di Ladispoli l’11/2/2010 presso la sede del Comune, coincidente con l’ufficio dell’avv. P.M., domicilio eletto nella causa svoltasi avanti la Corte d’appello, fuori dal distretto territoriale dell’Autorità giudiziaria procedente.

Secondo lo Z., tale notificazione deve ritenersi idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, considerato altresì che l’ufficio del difensore è sito nella Casa comunale di Ladispoli, e che il Comune risulta avere autorizzato l’avv. G. al ricorso, già con la Delib. 30 marzo 2010, mentre la successiva notifica al difensore del Comune costituirebbe un quid pluris.

L’eccezione è infondata, alla stregua dell’orientamento espresso dalle Sezioni unite nella pronuncia 20845 del 2007 (e vedi in senso conforme, la pronuncia 6419/2008 e le pronunce rese dalle Sezioni semplici, 19440/08 e 8225/2011), che così si è espressa in massima:

"Ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – non abrogato neanche per implicito dalla L. n. 27 del 1997, artt. 1 e 6 ed applicabile anche al rito del lavoro – il procuratore che eserciti il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all’atto di costituirsi in giudizio, nel luogo ove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo, intendendosi, in difetto, che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Ne consegue che tale domicilio assume rilievo ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l’impugnazione, nonchè per la notifica dell’atto di impugnazione, rimanendo di contro irrilevante l’indicazione della residenza o l’elezione del domicilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti".

Disattesa l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso principale, rimane assorbito il profilo di inammissibilità per tardività del ricorso incidentale delle Cooperative, fatto valere dallo Z. in sede di memoria, e comunque rilevabile d’ufficio.

4.2.- Per ragioni di ordine logico, va esaminato a questo punto il secondo motivo del ricorso incidentale dello Z., inteso a far valere la tardività ed inammissibilità della "domanda riconvenzionale" delle Cooperative.

La censura è infondata, per il rilievo assorbente che le Cooperative, nel costituirsi in giudizio e nel chiedere "l’accertamento della giusta indennità" (così 4 della sentenza) non hanno avanzato una vera domanda riconvenzionale, ma hanno aderito alla posizione assunta dal Comune, nella convergenza di difese ed interessi, come tale giustificante la partecipazione al giudizio delle stesse, in termini di intervento adesivo.

4.3.- Il primo motivo del ricorso principale ed i due motivi del ricorso incidentale delle Cooperative, strettamente connessi e per la gran parte sovrapponibili, sono fondati.

A. riguardo, va in primis esaminata e respinta l’eccezione di inammissibilità del primo motivo del ricorso principale, sollevata dallo Z. sul rilievo della produzione di documenti e/o atti non prodotti nel grado di merito(note critiche alla C.T.U. del C.T.P.), di articolazione in senso generico del motivo, della mancata contestazione della valutazione della Commissione, e per non essere il Comune in precedenza entrato nel merito della valutazione del C.T.U., omettendo anche di nominare il proprio C.T..

Detti rilievi sono infondati, atteso che le doglianze del Comune sono articolate in riferimento ai criteri di legge adottati dal C.T.U. e fatti propri dalla Corte d’appello, sì che non sono precluse dalla mancata nomina del C.T.P. o dai mancati rilievi in fase di merito, nè avrebbero richiesto la proposizione di domanda riconvenzionale, non attenendo le doglianze alla valutazione secondo il valore venale, ma appunto alle modalità di calcolo del valore venale stesso.

I motivi in esame, articolati in modo specifico e nel pieno rispetto del principio dell’autosufficienza, sono fondati, alla stregua della mancata considerazione della disciplina giuridica dei terreni oggetto di edilizia residenziale pubblica e del conseguente effettivo valore di mercato delle aree di cui si tratta, alla data del decreto di esproprio.

Come risulta dalla C.T.U. e dai chiarimenti riportati in ricorso ed in controricorso, la C.T.U., a cui ha aderito la Corte del merito, è stata redatta sulla base dell’assoluta equivalenza tra il valore del terreno edificabile non soggetto a limiti di commercializzazione ed il valore del terreno soggetto a detti vincoli (il terreno in oggetto era stato destinato alla realizzazione di un programma costruttivo di edilizia residenziale pubblica), e valutando ciò che era stato realizzato (villini a schiera) e che, evidentemente, non esisteva alla data del decreto di esproprio, e non già ciò che avrebbe potuto essere realizzato secondo la L. n. 865 del 1971 e successive modificazioni.

Il C.T.U. ha preso come base di valutazione il valore del prodotto finito in zona destinata ad edilizia privata e quindi ha provveduto non ad una comparazione dei terreni edificabili, ma tra appartamenti o villini apprezzati sul mercato.

L’accoglimento delle censure relative ai criteri di base seguiti dal C.T.U. e recepiti dalla Corte assorbe e rende ultroneo l’esame degli ulteriori profili di doglianza, relativi al concreto sviluppo dei criteri adottati dal c.T.U..

4.4.- Il secondo motivo del ricorso principale va respinto.

Ed invero, le Sezioni Unite, nella pronuncia 5265 del 2008, hanno statuito che a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale del criterio di indennizzo di cui al D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, convertito con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 2, da parte della sentenza della Corte Costituzionale n. 348 del 2007, lo jus superveniens, costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. a), si applica retroattivamente ai soli procedimenti espropriativi in corso e non anche per i giudizi in corso, come confermato dalla norma intertemporale di cui all’art. 2, comma 90, L. cit.; in senso conforme, si è espressa la pronuncia 28431/2008, rilevando a sua volta che: "Nella determinazione dell’indennità di espropriazione, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 348 del 2007) del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, i criteri previsti dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, in quanto introdotti come modifica del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2, (T.U. espropriazioni), si applicano soltanto nelle procedure espropriatile soggette al predetto T.U. – cioè quelle in cui la dichiarazione di pubblica utilità è intervenuta dopo la sua entrata in vigore (30 giugno 2003), secondo le previsioni dell’art. 57, come modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302 – mentre, nelle procedure soggette al regime pregresso, rivive la L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 e va, quindi, fatto riferimento al valore di mercato".

Nel caso di specie, la dichiarazione di pubblica utilità è necessariamente anteriore all’entrata in vigore del T.U., risultando che il decreto di esproprio è stato reso nel 2002. 5.1.- Il primo motivo del ricorso incidentale dello Z. va respinto, alla stregua del principio sopra riportato.

6.1.- Conclusivamente, accolti il primo motivo del ricorso principale ed i ricorsi incidentali delle Cooperative, respinto il ricorso incidentale dello Z., va cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà provvedere, avvalendosi dell’ausilio di C.T.U., alla valutazione delle aree in oggetto alla data del decreto di esproprio, precisandosi che, ove si intenda adottare il metodo sintetico comparativo, la comparazione avvenga con le aree omogenee con destinazione similare, inserite in programma di edilizia economico popolare, e che, ove si intenda adottare il metodo analitico, vengano considerati i beni realizzabili secondo la L. n. 865 del 1971 e successive modificazioni, e non già i beni realizzati. Il Giudice del rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo del ricorso principale, nonchè i ricorsi incidentali delle Cooperative, respinge il 2 motivo del ricorso principale, respinge il ricorso incidentale dello Z.;

cassa la pronuncia impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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