Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2012, n. 4210 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Trento sez. distaccata di Bolzano, con sentenza del 3 aprile 2010, ha determinato l’indennità dovuta dal comune di Brunico alla s.r.l. Oberschmied Hoch und Tiefbau per l’espropriazione di un terreno ubicato nella zona produttiva Nord 2 nella misura di Euro 845.480,60, in quanto: a) lo stesso aveva destinazione edificatoria perchè compreso in zona qualificata di espansione per insediamenti produttivi dalla variante al P.U. com. introdotta con Delib. 25 marzo 2006, n. 985; ed il valore di Euro 320 mq. risultante dall’applicazione del criterio cd. sintetico – comparativo; b) doveva tuttavia essere applicata la riduzione del 25% perchè l’interpretazione congiunta e sistematica della L.P. n. 4 del 2008, art. 38 e L.P. n. 13 del 1997, artt. 44 segg. e succ. mod. induceva ad includerlo nelle fattispecie di espropriazioni finalizzate all’insediamento di attività produttiva su iniziativa pubblica per le quali era prevista una deroga al criterio generale del valore venale pieno dell’immobile.

Per la cassazione della sentenza la soc. Oberschmied ha proposto ricorso per 4 motivi; cui resiste il comune di Brunico con controricorso.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi del ricorso, la società deducendo violazioni della L. n. 10 del 1991, art. 8 e L. n. 4 del 2008, art. 38 della Provincia di Bolzano, nonchè difetti di motivazione, censura la sentenza impugnata: a) per avere attribuito al fondo il valore peculiare delle aree inserite nella zona destinata ad insediamenti produttivi, senza considerare che era ubicato nelle vicinanze di una zona destinata ad abitazioni private ove si registravano prezzi di mercato di 600-950 Euro/mq., che lo circondava e che necessariamente doveva influire sulla sua valutazione diversificandola da quella dei terreni aventi identica zonizzazione, ma ubicate ai margini del centro abitato; b) di avere erroneamente applicato il criterio sintetico-comparativo desumendo il valore del fondo perfino da accertamenti compiuti dal giudice tutelare onde concedere l’autorizzazione alla vendita da parte dello stesso; e soprattutto dall’uso che in concreto doveva essere compiuto dall’espropriante:

invece del tutto irrilevante al riguardo.

I motivi sono infondati, in quanto non tengono in alcuna considerazione i principi elaborati da questa Corte per la ricognizione legale delle aree ai fini dell’indennità di espropriazione, stabilita dalla Legge Statale n. 359 del 1992, art. 5 bis, poi recepiti dagli artt. 32 e 37 del T.U. espr. per p.u. e per la provincia di Bolzano dalla L.P. n. 10 del 1991, artt. 7 bis, 7 ter, 7 quater ed 8, come modificati dalla L. n. 4 del 2008. La quale a partire dalla nota decisione 173/2001 delle Sezioni Unite ha sistematicamente ribadito: 1) che la menzionata normativa dopo avere introdotto una generale ed incondizionata bipartizione dei suoli – edificabili e non edificabili – (che non ammette figure intermedie), associata ad una verifica oggettiva e non legata a valutazioni opinabili, che può esser data solo dalla classificazione urbanistica dell’area in considerazione, è pervenuta al risultato, che la stessa può essere qualificata legalmente edificabile soltanto se (il legislatore o) il piano regolatore o il programma di fabbricazione, o altri strumenti equivalenti, prevedano l’edificabilità della zona in cui è ubicato l’immobile, dichiarandola espressamente edificabile, regolandone la densità edilizia, consentendo la presentazione dì piani di lottizzazione, ecc.". Mentre se gli strumenti urbanistici non preordinati all’espropriazione l’assoggettino a vincolo di inedificabilità o tale destinazione edificatoria non consentano, alla stessa vengono precluse le possibilità legali di edificazione;

2) che la normativa in questione oltre a fissare tale rigida dicotomia, impone altresì di tener conto delle possibilità legali di edificazione sussistenti al momento della vicenda ablativa quali offerte dagli strumenti urbanistici; i quali, come è noto, onde dare un ordine ed un’armonia allo sviluppo dei centri abitati, nonchè di disciplinare l’edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti, ripartiscono il territorio comunale in zone con la precisazione delle relative destinazioni e la determinazione dei caratteri da osservare in ciascuna zona (utilizzazione, densità, modalità delle costruzioni, distacchi, intensità estensiva e volumetrica, e simili). Con la conseguenza che se l’inclusione del terreno espropriato in una zona avente per gli strumenti urbanistici generali destinazione edificatoria costituisce condizione necessaria e sufficiente per l’attribuzione del requisito dell’edificabilità legale, la relativa classificazione ne rappresenta anche il limite:non potendo l’immobile essere destinato a qualsiasi tipologia di edificazione, ma soltanto agli insediamenti espressamente previsti nella zona suddetta (Cass. 22961/2007; 18680/2005; 10265/2004;

16710/2003; 1739/2003).

Proprio a questi principi si è attenuta la Corte di appello, la quale dall’incontestata inclusione del fondo della società in zona di espansione per insediamenti produttivi dì cui alla ricordata delibera provinciale 985/2006; ne ha tratto la destinazione (legale) edificatoria; e poi la destinazione suddetta ha nuovamente posto a fondamento della valutazione di ogni altra condizione incidente per il mercato immobiliare sulla sua edificabilità di fatto, nonchè nella determinazione del suo effettivo valore venale. Senza per questo incorrere nel divieto di tener conto dei vincoli preordinati all’espropriazione: ravvisabili non già nelle prescrizioni e nei limiti stabiliti dagli strumenti urbanistici di secondo livello aventi il contenuto conformativo della proprietà che ad essi deriva dalla loro funzione di definire, per zone, in via astratta e generale, le possibilità edificatorie connesse (al diritto dominicale, bensì soltanto allorchè la previsione originaria dello strumento urbanistico (ovvero la variante) imponga una limitazione particolare incidente su beni determinati in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di una specifica opera pubblica: nel caso neppure individuata dalla ricorrente (20505/2010; 7892/2006; 2612/2006). Il che si riverbera sulle censure rivolte nei confronti della valutazione del fondo, eseguita con il metodo ed. sintetico-comparativo privilegiato dal giudice di merito;il quale, essendo incentrato sulla ricognizione di prezzi storici e certi che, in ragione della loro rappresentatività, si porgono come idonei parametri di determinazione del valore da attribuire al bene oggetto della stima, doveva necessariamente risolversi nell’attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili "omogenei", con riferimento non solo agli elementi materiali – quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili – e temporali ma anche e soprattutto alla sua condizione giuridica urbanistica all’epoca del decreto ablativo:e quindi trarre i prezzi a confronto esclusivamente da quelli inseriti nella medesima zona di Brunico destinata ad insediamenti produttivi. Così come ha fatto la Corte territoriale, che ha ricavato il valore venale del fondo espropriato dagli accertamenti compiuti dal c.t.u., nonchè in particolare dagli atti di comparazione dallo stesso individuati, dall’osservatorio dei valori immobiliari della Agenzia del territorio, da note riviste immobiliari specificamente indicate, da valori pubblicati dall’Ufficio estimo della Provincia di Bolzano, pubblicati nel 2007 per ciascun comune; e perfino da una perizia fatta eseguire dal giudice tutelare nell’interesse di alcuni minori comproprietari di un fondo omogeneo a quello espropriato onde ottenere l’autorizzazione alla sua vendita:nei confronti dei quali nessuna contestazione specifica e fondata su dati oggettivi è stata avanzata dalla società, se non quella conseguente al presupposto erroneo che gli elementi suddetti avrebbero invece dovuto riguardare i terreni destinati ad edilizia abitativa delle zone viciniori, del valore di Euro 600-950 mq.: per quanto si è detto, invece assolutamente privi di rappresentatività.

D’altra parte, la Corte ha ripetutamente affermato che per la corretta applicazione di questo criterio, ciò che rileva non è la categoria degli atti da cui desumere il probabile valore di mercato dell’area, che non costituisce un numero chiuso necessariamente coincidente con i contratti di compravendita e/o con le decisioni giudiziali, – bensì il preventivo motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati per la comparazione, e cioè l’accertamento che essi riguardino terreni muniti di caratteristiche analoghe, tanto con riferimento alla loro obiettiva natura ed ubicazione, quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui sono soggetti; sicchè il prezzo di mercato può essere tratto anche da fonti diverse, quali appunto cessioni volontarie peraltro in tutto e per tutto comparabili con quelle di diritto comune, perizie giudiziarie, o accertamenti di valore di natura fiscale o ancora da pubblicazioni specializzate del settore, o da atti di natura privatistica diversi dalla compravendita, quali permute, donazioni o ancora locazioni, o ancora da altri documenti di equivalente valore probatorio, semprecchè gli immobili che ne sono oggetto presentino indubbio carattere di omogeneità con l’immobile da stimare (Cass. 3175/2008; 6122/1990; 4583/1990).

Fondato è invece il terzo motivo, con il quale la società deducendo violazione della ricordata normativa regionale, si duole che la Corte territoriale abbia applicato la decurtazione del 25% sul valore di Euro 320 mq. prevista per le espropriazioni finalizzate all’insediamento di attività produttive su iniziativa pubblica:laddove nel caso si trattava pacificamente di insediamenti produttivi su iniziativa privata. La decisione impugnata, infatti, disattendendo il principale criterio di ermeneutica dettato dall’art. 12 preleggi, che è quello letterale, del significato proprio delle parole usate dal legislatore, ha ritenuto di estendere la limitazione alla riduzione introdotta dalla L.P. n. 4 del 2008, art. 38 anche agli insediamenti di natura non pubblica in base ad una sorta di rinvio alla L.P. n. 13 del 1997, artt. 44 e 49 sulla disciplina delle zone produttive, per le quali è prevista l’espropriazione e la successiva assegnazione:sottoposte ad una serie di vincoli ed obblighi che ne riducono notevolmente il valore venale, ai quali sostanzialmente il legislatore del 2008 avrebbe inteso adeguare il metodo di stima.

Ha nel contempo violato anche il criterio sistematico di interpretazione della norma, posto che essa ha introdotto una deroga alla regola del comma 1 ("Per le aree edificabili l’indennità di espropriazione è determinata in misura pari al valore venale del bene al momento dell’emanazione del decreto di cui all’art. 5"), la cui fonte genetica è costituita non dalla precedente L.P. n. 13 del 1997, bensì: A) dalla giurisprudenza della Corte Edu, che interpretando la normativa dell’art. 1 del Protocollo n. 1 allegato alla Convenzione europea, ha enunciato anzitutto il precetto generale ed assoluto che per le aree edificatorie l’indennità di espropriazione deve determinarsi nella misura corrispondente al valore venale dell’immobile ablato. Ha tuttavia ritenuto possibile discostarsi dalla stessa in presenza di espropriazioni non isolate, e causate da eventi particolari richiedenti la necessità dell’immediato conseguimento di "obiettivi legittimi di utilità pubblica, come quelli perseguiti da misure di riforma economica o di giustizia sociale": in relazione alle quali, come ha rilevato la Consulta, l’eccessivo livello della spesa per le espropriazioni potrebbe rendere impossibili o troppo onerose le indispensabili iniziative alle stesse correlate; B) dalle analoghe considerazioni contenute nella nota decisione 348/2007 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il criterio riduttivo di stima introdotto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis per le aree edificabili proprio per contrasto con il menzionato precetto della CEDU, e quindi dell’art. 117 Cost.; C) dalla successiva disposizione della L. Statale n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, che per prestare ottemperanza al menzionato precetto posto dalla Corte europea, nonchè alla decisione della Consulta, ha ribadito la regola che "L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento".

Si tratta all’evidenza di una particolare qualità di fini di utilità pubblica perseguiti in un dato momento storico e perciò devoluta esclusivamente (non già al potere discrezionale dell’amministrazione espropriante, nonchè all’interpretazione del giudice di merito in caso di opposizione giudiziale alla stima dell’indennità, ma) al legislatore;che nel caso della Provincia di Bolzano, li ha ravvisati nei soli "insediamenti di attività produttive di iniziativa pubblica": perciò non estensibili anche alle espropriazioni estranee a siffatta finalità, come d’altra parte conferma l’equiparazione della categoria da parte del legislatore regionale "agli altri interventi di riforma economico-sociale corrispondenti alle situazioni eccezionali postulate dalla CEDU per derogare alla regola generale dell’indennizzo corrispondente al valore venale dell’immobile: recepito anche dalla modificata L.P. n. 10 del 1991, art. 7 quinquies, che doveva conclusivamente essere applicata nella fattispecie. Assorbito, pertanto, l’ultimo motivo del ricorso, il Collegio deve cassare la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, e poichè per la stima dell’indennità non occorrono ulteriori accertamenti avendo la sentenza impugnata già determinato l’estensione dell’area espropriata pari a mq. 3695,83, nonchè il suo valore venale all’epoca del decreto ablativo, nella misura di Euro 320 mq., deve determinare nell’intero l’indennità di espropriazione nell’importo di Euro 1.141.147 (mantenendo ferma la detrazione di Euro 41.518, compiuta dalla Corte di appello e non contestata dalla società).

Vanno, infine, mantenute ferme anche le altre statuizioni ivi compresa quella sul regolamento delle spese del giudizio di merito;mentre quelle del giudizio di legittimità, attesa la novità delle questioni trattate vanno dichiarate interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte, rigetta i primi due motivi del ricorso, accoglie il terzo ed assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito eleva l’indennità di espropriazione dovuta dal comune di Brunico alla società ricorrente nella misura di Euro 1.141.147.

Mantiene ferme le statuizioni della sentenza suddetta in merito agli interessi legali ed al regolamento delle spese processuali, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2012

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