Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 11-10-2011, n. 36579

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 28 settembre 2010, la Corte d’appello di Catania, in parziale riforma della sentenza emessa il 28 ottobre 2009 dal tribunale di Catania, ha assolto l’imputata da uno dei reati ascrittile e ha rideterminato la pena per le restanti imputazioni, contravvenzioni urbanistiche relative alla realizzazione, senza il permesso di costruire e in zona sottoposta a vincolo sismico, di un’opera da qualificarsi come nuova costruzione e consistente in rifiniture esterne, messa in opera di infissi e completamento di un piano, in conglomerato cementizio armato e struttura metallica.

2. Avverso tale provvedimento l’imputata ha proposto personalmente ricorso per cassazione, deducendo: a) l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 81 c.p., comma 2, perchè la Corte non avrebbe tenuto conto del fatto che la fattispecie criminosa costituirebbe solo l’ultima fase di un più ampio disegno criminoso perpetrato dalla stessa ricorrente ed avrebbe escluso l’applicazione della continuazione, disponendo un trattamento sanzionatorio ingiustificatamente più grave; b) la mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sempre con riferimento alla mancata applicazione della continuazione.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile, perchè basato su motivi manifestamente erronei.

Con entrambe le censure proposte, l’imputata lamenta, infatti, la mancata applicazione della continuazione, senza tenere conto del fatto che la stessa è stata, invece, applicata sia in primo grado, sia dalla sentenza censurata, la quale ha ritenuto la maggiore gravità del reato di cui al capo a) della rubrica ed ha operato, a partire dalla pena base per tale reato, gli aumenti per le altre fattispecie.

4. – Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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