Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 11-10-2011, n. 36577 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 12 maggio 2010, la Corte d’appello di Genova, su appello del Procuratore generale presso la stessa Corte, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Savona con cui si era dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato, per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), e per il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, – consistenti nell’avere realizzato abusivamente in zona vincolata una piattaforma delimitata da muretti della superficie utile di circa 9 mq – per essere gli stessi estinti per intervenuta sanatoria.

Accogliendo l’appello del Procuratore generale, la Corte distrettuale ha ritenuto l’imputato responsabile del secondo dei reati contestati, sul rilievo che l’immobile abusivo realizzato ha comunque creato una superficie utile; e lo ha condannato, ordinando la restituzione in pristino dello stato dei luoghi.

2. – Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo: a) il difetto di motivazione e la violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza di una superficie utile – elemento che impedirebbe l’applicazione della causa di non punibilità prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1-ter, – non potendosi ritenere sufficiente il semplice riferimento del giudice al criterio geometrico; b) il difetto di motivazione e la violazione di legge in ordine alla restituzione in pristino ordinata dalla sentenza impugnata, perchè la sentenza avrebbe omesso di considerare che il procedimento amministrativo di sanatoria concernente il manufatto in contestazione è stato definito favorevolmente e ha ottenuto il parere favorevole di compatibilità paesaggistica reso dalla soprintendenza per i beni culturali e per il paesaggio della Liguria.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile, perchè proposto per motivi manifestamente infondati.

3.1. – Quanto al primo motivo, va rilevato che con esso l’imputato non contesta la natura e la consistenza dell’opera realizzata, ma solo la ritenuta sussistenza di una superficie utile sulla base del semplice criterio quantitativo. Dalla semplice lettura della motivazione della sentenza emerge, però, che la superficie di circa 9 mq realizzata è ritenuta utile in relazione alla sua natura propedeutica alla creazione di un corrispondente volume. Trova pertanto applicazione il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1- ter, lett. a), che esclude l’estinzione della violazione ambientale in ogni caso in cui vi sia creazione di superfici utili o volumi.

Ne deriva la manifesta infondatezza del motivo.

3.2. – Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo di impugnazione, con cui si sostiene che la sentenza avrebbe omesso di considerare che il procedimento amministrativo di sanatoria concernente il manufatto oggetto del processo è stato definito favorevolmente e ha ottenuto il parere favorevole di compatibilità paesaggistica reso dalla Soprintendenza per i beni culturali e per il paesaggio della Liguria.

Il procedimento amministrativo richiamato dal ricorrente non può, infatti, valere ad escludere la demolizione del manufatto disposta ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 2, perchè, essendosi realizzata una superficie utile, non trova applicazione la causa estintiva di cui all’art. 181, comma 1-ter, lett. a), la cui applicabilità è testualmente limitata – come già visto – ai "lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi". 4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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