Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2012, n. 4198

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.F., titolare di impresa di costruzioni, adiva il Tribunale di Ragusa per ottenere l’emissione di decreto ingiuntivo per l’importo di lire 183.040.000 nei confronti della CO.BA. Immobiliare di Riso Salvatore & C. s.a.s. Esponeva di aver stipulato con la CO.BA. un contratto di associazione in partecipazione per la realizzazione e la vendita di fabbricati per uso abitativo che aveva effettivamente edificato affrontando oltre il pattuito i costi e risultando così creditore per la predetta somma (di cui 176.000.000 di lire per capitale e 7.040.000 per IVA).

Il Presidente del Tribunale di Ragusa emetteva in data 6 novembre 1998 il decreto richiesto a cui proponeva opposizione la CO.BA. Imm.re s.a.s. eccependo la pendenza di giudizio arbitrale riguardante l’intero rapporto di associazione in partecipazione.

Si costituiva il R. che rilevava come il collegio arbitrale fosse ormai decaduto dal potere di emettere il lodo.

Contemporaneamente il R. chiedeva e otteneva in data 12 settembre 1998 dal Pretore di Ragusa l’emissione di un altro decreto ingiuntivo per l’importo di lire 21.800.000 nei confronti della società CO.BA s.a.s. a titolo di IVA dovuta su tre fatture relative allo stesso rapporto. La società ingiunta proponeva opposizione eccependo anche in questo giudizio la pendenza del procedimento arbitrale. Il R. si costituiva proponendo a sua volta la stessa deduzione di decadenza.

I due giudizi venivano riuniti.

In altro giudizio, introdotto con citazione del 16/29 aprile 1999, i coniugi M.M. e P.R. proponevano azione ex art. 2932 c.c. nei confronti della CO.BA. Imm.re s.a.s. e del R.. Deducevano di aver stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di una delle villette realizzate nel quadro del contratto di associazione in partecipazione e di aver corrisposto gran parte del prezzo di acquisto di lire 320.000.000 al R., oltre all’importo di lire 42.000.000 a titolo di lavori extra-capitolato, vedendosi poi eccepire dalla CO.BA. il mancato ricevimento delle somme versate e quindi il suo rifiuto a stipulate l’atto di vendita.

Si costituiva la CO.BA. contestando di aver mai autorizzato i coniugi M. al pagamento del prezzo in favore del R. ed eccependo di essere all’oscuro dei lavori extra-capitolato.

Anche questo giudizio veniva riunito per connessione ai precedenti.

Il Tribunale di Ragusa con sentenza n.544/2002 confermava sostanzialmente le richieste proposte in sede monitoria dal R. e trasferiva ai coniugi M. – P. l’immobile oggetto del contratto preliminare di compravendita subordinando il trasferimento al pagamento del saldo del prezzo pari a 20.000.000 di lire. Condannava inoltre la società CO.BA. al pagamento di una penale ridotta pari a lire 35.000.000 e a tenere indenni gli acquirenti dalle spese di liberazione dell’immobile da ogni formalità pregiudizievole iscritta.

A seguito di appello della società CO.BA. cui resistevano gli appellati, la Corte di appello di Catania rideterminava la somma dovuta al R. in complessivi Euro 91.929,32 e confermava nel resto la sentenza di primo grado.

Ricorre per cassazione CO.BA. Immobiliare di Riso Salvatore & C. s.a.s. affidandosi ad un unico articolato motivo di ricorso.

Si difende con controricorso R.F..

La Corte riunita in camera di consiglio ha deciso di adottare una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, si deduce violazione e falsa applicazione: a) degli artt. 1362 e 1363 c.c. e dei principi generali in materia di interpretazione dei contratti; b) degli artt. 2549, 2552 e 2553 c.c. e dei principi generali in tema di determinazione delle spese e di ripartizione degli utili nell’associazione in partecipazione. Inoltre si lamenta il difetto di attività istruttoria e di motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. La società ricorrente pone alla Corte il seguente quesito di diritto: nell’associazione in partecipazione può procedersi alla ripartizione degli utili senza che prima l’associante abbia presentato il rendiconto della gestione, cosi determinandosi in concreto quali siano stati i costi dell’affare? Il ricorso è inammissibile. La ricorrente propone in un unico motivo senza alcuna specificazione, e in tal modo rendendo l’impugnazione incomprensibile, quali siano le violazioni di legge e i difetti della motivazione e i vizi di nullità della sentenza e del procedimento che intende portare all’attenzione della Corte. Nè maggior definizione deriva dalla formulazione del quesito di diritto che pone una questione non attinente alla ratio decidendi, seguita dalla Corte di appello e che renderebbe pertanto non rilevante ai fini della decisione una risposta in senso affermativo ad essa. Infatti la Corte di appello ha ritenuto, in base alla formulazione delle clausole contrattuali, che le parti abbiano pattuito una determinazione dei ricavi da ripartire secondo una percentuale fissata nel 50% (fra il R. da una parte e la CO.BA. e il suo socio accomandatario, Ri.Sa., dall’altra), al netto dei costi anche essi ripartiti in pari misura, e ha poi basato la sua decisione sulla non contestazione delle parti circa l’ammontare dei ricavi e dei costi nonchè sull’ammontare delle somme già ricevute dal R. a titolo di utile a lui spettante prò quota per la partecipazione all’associazione. In tal modo la Corte di appello è pervenuta alla determinazione del saldo ancora dovuto al R. sulla base del predetto criterio di ripartizione al 50%, sino all’ammontare di lire 1.500.000.000, e al 33% per l’ammontare in eccesso. A fronte di questa chiara ricognizione del rapporto contrattuale e dei dati incontroversi fra le parti la formulazione del quesito di diritto appare del tutto non conferente. Per altro verso la ricorrente ha omesso di formulare una sintesi della impugnazione per difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 366 bis, applicabile ratione temporis alla controversia, e di formulare qualsiasi deduzione specifica corredata del quesito di diritto quanto al vizio di nullità ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Le spese del giudizio di cassazione vanno poste a carico della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.800 di cui 200 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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