T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 10-11-2011, n. 359

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso in epigrafe, la società C.D. S.p.A., esercente l’attività di produzione e commercializzazione di oli vegetali, relativamente alla quale essa compie frequentemente operazioni doganali, impugna il provvedimento prot. n. 16859 del 14.12.2010 emesso dal Direttore dell’Ufficio delle Dogane di Perugia con il quale è stata rigettata la richiesta di ottenere, quale ditta di notoria solvibilità, l’esonero dall’obbligo di prestare cauzione ex art. 90 T.U.L.D. D.P.R. 23.1.1973 n. 43, fino all’ammontare di Euro 6.000.000,00, per operazioni di introduzione in deposito doganale e/o temporanea importazione.

In due distinte censure di violazione dell’art. 90, TULD sono contestati i presupposti in base ai quali sarebbe stato emanato il diniego. Si afferma in particolare che i carichi penali pendenti nei confronti dei legali rappresentanti della società sarebbero di lievi entità e comunque non riguarderebbero tutti gli amministratori della società ma soltanto alcun di essi. Si deduce inoltre che le considerazioni contenute nella precedente domanda di rateizzazione del debito relativo ad un contenzioso in essere con l’Agenzia della Dogane per l’importo di Euro 128.458,31 non possono essere fatti valere per negare alla società il requisito della notoria solvibilità. Si ritiene, infine che la valutazione della notoria solvibilità affidata ad un programma informatico, come previsto dalla circolare dell’Agenzia delle dogane prot. n. 820 del 29.03.2005, non sarebbe idonea a valutare in maniera integrale tutti i parametri patrimoniali, finanziari ed economici sui bilanci della C.D. s.p.a. nel triennio 2007 – 2009. La società ha richiesto infine il risarcimento patrimoniale del danno sofferto, quantificato nel corso dell’udienza in Euro 57.0000,00.

L’agenzia delle dogane si è costituita in giudizio con controricorso chiedendo il rigetto delle avverse censure e depositando documentazione.

Con ordinanza presidenziale n. 86 del 18 maggio 2011 è stata rigettata l’istanza della società ricorrente di espletamento di CTU ai sensi dall’art. 67 c.p.a..

La causa viene in decisione all’udienza del 12 ottobre 2011.

Motivi della decisione

Con il provvedimento in premesse, il Direttore dell’Ufficio delle Dogane di Perugia ha rigettato la richiesta della società C.D. S.p.A., esercente l’attività di produzione e commercializzazione di oli vegetali, di esonero dall’obbligo di prestare cauzione ex art. 90 T.U.L.D. di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, per operazioni di introduzione in deposito doganale e/o temporanea importazione quale ditta di notoria solvibilità.

Dei presupposti menzionati nella motivazione del provvedimento è privo di giuridico rilievo quello inerente ai carichi pendenti dei legali rappresentanti della società, considerato che la notoria solvibilità cui è connesso l’esonero dall’obbligo di prestare cauzione per i diritti doganali opera su un piano del tutto autonomo rispetto alle decisioni che eventualmente potrà assumere il giudice penale (T.A.R. Liguria, Genova, sez. I, 24 gennaio 2003, n. 116). Non ha perciò rilievo che a carico degli amministratori della società fossero pendenti i reati riferiti alla violazione dell’art. 560 c.p. per un infortunio sul lavoro (sigg.ri Sabatini e Santirosi) e alla violazione dell’art. 4, comma 49, L. 350/2003 per non conformità dell’etichettatura di prodotti commercializzati (sig. Santirosi).

Diverse conclusioni si impongono in relazione agli ulteriori aspetti di censura in cui sono articolati i due motivi di ricorso, diretti rispettivamente a contestare il procedimento logico giuridico in esito al quale è stato negato alla ricorrente il requisito della "notoria solvibilità" cui l’art. 90 T.U.L.D. di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 subordina l’esonero dall’obbligo di prestare cauzione per i diritti doganali gravanti sulle merci proprie o di terzi che formano oggetto delle operazioni doganali da esse effettuate.

Nella circolare n. 21 in data 28 gennaio 1993 dell’agenzia delle dogane, più che la sostanza del requisito della solvibilità è riportata la metodologia dell’accertamento, con precipuo riguardo alle informazioni della Guardia di finanza e dell’esame dei bilanci aziendali. La circostanza è da ascrivere ai diversi significati che assume la nozione di solvibilità.

Nel diritto delle obbligazioni, la solvibilità raffigura il complesso degli elementi soggettivi e oggettivi diretti a verificare l’affidabilità del contraente (arg. Cass., sez. III, 7 dicembre 2004, n. 22983) per ciò che attiene alla valutazione che egli possa adempiere agli obblighi nei confronti della controparte (arg. Tribunale Roma, 21 luglio 2004). Nell’ambito dei contratti pubblici, la garanzia di solvibilità attiene al possesso di un patrimonio netto aziendale rivelatore della consistenza finanziaria adeguata all’entità dell’appalto (arg. T.A.R. Emilia Romagna Parma, 8 novembre 2006, n. 498). Nel diritto fallimentare, infine, la solvibilità è considerata al negativo sotto l’aspetto dell’insolvenza del debitore, vale a dire della ricerca di segni esteriori in base ai quali possa pervenirsi alla conoscenza effettiva, secondo un criterio di normale causalità, dell’incapacità dell’impresa di soddisfare i debiti aziendali (Tribunale Trani, 13 marzo 2007, n. 185).

Nel testo unico doganale la solvibilità è la condizione che esonera le ditte private, diverse cioè dalle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici dall’obbligo di prestare cauzione. Detta condizione deve essere perdippiù "notoria" riferita cioè ad un coacervo di elementi dai quali sia desumibile la riconosciuta capacità del soggetto di adempiere alle proprie obbligazioni risultante nel mondo esterno degli operatori economici.

Equiparando i soggetti privati a quelli pubblici, la norma richiede un grado di certezza e di affidabilità di livello quanto mai elevato, in grado di preservare l’amministrazione doganale da ogni rischio d’inadempimento: e questo giustifica il particolare rigore cui è improntata la valutazione della notoria solvibilità.

Sotto questo aspetto non appare censurabile, sul piano della motivazione del provvedimento, che l’amministrazione abbia attribuito significativo rilievo a quanto dichiarato nell’istanza di sospensione in data 2 agosto 2010 del debito doganale gravante sulla stessa ricorrente. È la stessa C.D. s.p.a. a dichiarare che, pur potendo vantare una buona situazione economicopatrimoniale, non è in condizione di corrispondere la somma richiesta in un lasso di tempo circoscritto in quanto la propria liquidità è posta a garanzia della linea di credito aperta con le banche nonché per il normale funzionamento dell’attività.

D’altra parte le dichiarazioni della società finiscono per coincidere, in buona parte, con quanto emerso nella relazione di servizio del 12 novembre 2010 che non ha ritenuto la società C.D. s.p.a. in possesso del requisito della notoria solvibilità considerato il "file di rating previsto dalla procedura adottata con nota n. 820 del 29 marzo 2005…". Nella predetta circolare è prevista la ricerca di soluzioni tecniche appropriate in grado di garantire lo snellimento del servizio e delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni all’esonero di prestare garanzia.

Consegue che, diversamente da quanto sostenuto nelle censure dalla ricorrente, la valutazione dell’amministrazione non si è basata solamente su quanto evidenziato dalla relazione di servizio, ma sull’analisi dei dati in suo possesso, come dichiarati dalla stessa ricorrente nell’istanza in data 2 agosto 2010 di sospensione del debito doganale.

A fronte della logica congruità dell’operato dell’amministrazione e del suo convincimento formatosi sull’insieme degli elementi in suo possesso, non riveste alcun rilievo la solidità dell’azienda sul piano economico finanziario descritta nel secondo motivo anche sulla scorta delle certificazioni del tribunale di Spoleto e della Banca d’Italia.

A parte ogni riserva sulla valenza delle suddette certificazioni a dimostrare il requisito della notoria solvibilità, va rilevato che secondo il tenore letterale del provvedimento impugnato, la stessa società, dopo l’avviso del provvedimento sfavorevole ex art. 10bis, L. n. 241/1990, non aveva provveduto all’invio di ulteriori documenti o osservazioni circa la solidità del suo stato patrimoniale e della sua condizione sul mercato.

Che la ricorrente non abbia adempiuto all’onere procedimentale propedeutico all’adozione del provvedimento finale volto a consentire all’interessato di dedurre tempestivamente, nel procedimento, eventuali circostanze idonee ad influire sul contenuto dell’atto così anticipando e prevenendo il contenzioso giurisdizionale, non consente di introdurre le medesime circostanze in sede di ricorso, demandando al giudice una valutazione appartenente all’amministrazione.

Anche sotto questo aspetto la censura deve essere respinta, ferma naturalmente restando la possibilità della C.D. s.p.a. di rappresentare le medesime circostanze in sede di autotutela o di una nuova istanza sulla quale l’amministrazione dovrà ulteriormente pronunziarsi.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza da liquidare come in dispositivo, tenendo conto della novità della questione trattata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria respinge il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 2.000,00 (duemila/00) a favore dell’Agenzia delle dogane Direzione Interregionale Toscana, Sardegna Umbria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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