Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-03-2012, n. 4194 Vendita fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Nell’ambito della procedura di fallimento presso il Tribunale di Foggia a carico della Atzori Eugenio s.d.f. e dei soci, P. A., il quale era risultato all’esito di vendita all’incanto aggiudicatario degli immobili indicati ai lotti 3, 4, 5 e 6 dell’ordinanza di vendita, proponeva al Tribunale, ai sensi dell’art. 26 L.Fall., reclamo avverso il decreto del 22 giugno 2005 con il quale il giudice delegato aveva sospeso, a norma dell’art. 108, comma 3, l.fall. in considerazione della notevole inferiorità del prezzo di aggiudicazione rispetto a quello giusto, la vendita dei lotti nn. 3, 5 e 6, revocandone l’aggiudicazione; ed aveva inoltre revocato, ai sensi del combinato disposto dell’art. 487 cod. proc. civ. e art. 105 L.Fall., l’aggiudicazione del lotto n. 4 essendo stata erroneamente posta in vendita la metà indivisa del cespite, anzichè la quota di 2/3 di proprietà della fallita I.R.. Sosteneva il reclamante: che il giudice delegato aveva errato nell’identificare il giusto prezzo con il prezzo corrente di mercato; che per nessuno dei lotti era stata proposta offerta in aumento successiva all’aggiudicazione; che le stime del primo consulente d’ufficio (disattese dal giudice delegato all’esito di una seconda consulenza di aggiornamento valori) erano state, solo pochi mesi prima, ritenute congrue in sede di determinazione del prezzo base. Deduceva, infine, l’illegittimità della revoca dell’aggiudicazione del lotto n. 4, non prevista dalla legge.

Il Tribunale rigettava il reclamo, disattendendo puntualmente le doglianze anzidette. Osservava, in sintesi, che il provvedimento discrezionale di sospensione della vendita era giustificato dai notevoli divari (tra il 30% ed il 43%) risultanti da accurata verifica compiuta dal c.t.u. tra i valori di mercato degli immobili di cui ai lotti 3, 5 e 6 e i prezzi di aggiudicazione, cioè i prezzi base determinati sulla scorta di una stima risalente a quattro anni prima non essendosi verificata alcuna gara al rialzo, peraltro (quanto al lotto n. 3) in un contesto anomalo di rinuncia alla partecipazione di tre dei quattro aspiranti. Osservava inoltre, quanto al lotto n. 4, che, a norma del combinato disposto dell’art. 105 l.fall. e art. 487 cod. proc. civ., i provvedimenti relativi alle vendite sono revocabili dal giudice delegato che li ha emessi, sino a quando non abbiano avuto esecuzione.

2.- Avverso tale provvedimento, depositato il 3 ottobre 2005 e comunicato il 5 ottobre successivo, P.A. ha, con atto notificato il 2 dicembre 2005, proposto ricorso ex art. 111 Cost. a questa Corte, basato su due motivi. Resiste la Curatela del Fallimento Atzori Eugenio s.d.f. con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 108, comma 3, l.fall. (nel testo anteriore alle modifiche del D.Lgs. n. 5 del 2006), lamenta che erroneamente il tribunale ha ritenuto che il prezzo giusto è quello che si avvicina tendenzialmente al valore di mercato dell’immobile al tempo dell’aggiudicazione. Sostiene invece che il prezzo giusto, lungi dal poter essere determinato in generale con una perizia di stima, è quello che deriva dal gioco dell’offerta e della domanda, nel concorso al rialzo degli interessati, qualora una pluralità di interessati sussista, a differenza di quanto verificatosi nella specie. La doglianza è infondata. Come costantemente affermato da questa Corte, la facoltà di sospensione prevista dall’art. 108 sopra richiamato, esercitatale anche dopo il provvedimento di aggiudicazione ed il pagamento del prezzo fino a quando non venga emesso il decreto di trasferimento, implica una valutazione che rientra (anche nel testo previgente) nell’ampia discrezionalità del giudice, il cui presupposto oggettivo non è correlato a parametri fissi e predeterminati ma va solo apprezzato in rapporto alla ragionevole previsione della ottimizzazione del risultato economico della vendita in funzione del miglior soddisfacimento possibile delle ragioni creditorie. Si tratta cioè di valutare, sulla base di ogni circostanza ed elemento oggettivamente apprezzabili, se vi sia una notevole sproporzione tra il prezzo offerto o risultante dal provvedimento di aggiudicazione e quello in realtà ottenibile, il giusto prezzo per l’appunto: nè la lettera della norma ("..quando il giudice ritiene…") nè la sua ratio di ottimizzazione del risultato economico della vendita pongono limiti al prudente apprezzamento del giudice. In particolare, poichè è di intuitiva evidenza che nella individuazione del giusto prezzo il giudice debba tener conto delle condizioni del mercato – la precisazione in tal senso contenuta nel nuovo testo dell’art. 108 non può dunque considerarsi un’innovazione -, non è dato rinvenire nella norma una prescrizione secondo la quale di tali condizioni di mercato il giudice possa prendere cognizione esclusivamente sulla base di offerte in aumento successive alla aggiudicazione, e non anche attraverso una nuova valutazione tecnica d’ufficio (cfr. Cass. n. 8832/1996), specie ove abbia ragione di dubitare della idoneità della procedura di incanto, per le circostanze in cui si è svolta, ad esprimere le reali condizioni del mercato, trovandone riscontro nelle risultanze della valutazione d’ufficio. Ne deriva che il provvedimento impugnato, che ha fatto applicazione di tali principi esponendo congruamente gli elementi oggettivi posti a base della valutazione espressa, non ha violato i limiti posti dall’art. 108 all’esercizio della facoltà di sospensione (cfr. Cass. n. 10266/2000).

2. Con il secondo motivo, il ricorrente torna a denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 108, comma 3, l.fall. con riguardo alla disposta revoca dell’aggiudicazione del lotto n.4.

Sostiene che il tribunale ha erroneamente ritenuto di poter utilizzare lo speciale strumento previsto da tale norma per rimediare all’erronea individuazione del lotto 4. Va tuttavia osservato come la statuizione censurata non risulti affatto basata sul disposto dell’art. 108 l.fall., nè contenga alcun riferimento alle condizioni previste da tale norma: il Tribunale ha invece fatto riferimento al combinato disposto dell’art. 105 l.fall. e art. 487 c.p.c. da cui ha desunto il generale potere di revocabilità e modificabilità dei provvedimenti relativi alle vendite (finchè questi non abbiano avuto esecuzione con l’emissione del decreto di trasferimento) da parte del giudice che li ha emanati, ove riscontri – come nella specie – l’errata individuazione della consistenza dei diritti posti in vendita. L’infondatezza della censura ne deriva di necessità.

Si impone pertanto il rigetto del ricorso, senza provvedere sulle spese non avendo l’intimata Curatela svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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