Cons. Stato Sez. V, Sent., 11-11-2011, n. 5968 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il dott. L. L., dipendente della Comunità montana "Valle di Lauro e Baianese", vedeva accolti dal TAR Campania – Sezione di Salerno, con le sentenze nn. 1931, 1932 e 1933 del 2008, i suoi tre ricorsi con i quali, allegando di possedere una qualifica dirigenziale, egli aveva domandato il riconoscimento, a carico della propria Amministrazione di appartenenza:

– degli interessi e la rivalutazione monetaria maturati sulla sorte da lui tardivamente ricevuta (nel 1999) come trattamento economico dirigenziale per gli anni 19927;

– dell’indennità di funzione dirigenziale per gli anni 19901993;

– dell’indennità di posizione per gli anni 19941997.

In seguito, dinanzi alla mancata esecuzione di queste sentenze da parte dell’Amministrazione, il dott. L. adiva nuovamente lo stesso Giudice per ottenerne l’ottemperanza.

Il T.A.R. accoglieva la nuova azione con le sentenze nn. 12327, 12331 e 12333/2010, anch’esse rese nella contumacia dell’Amministrazione, con le quali ordinava l’esecuzione dei giudicati e dava mandato al locale Prefetto di nominare un commissario ad acta.

Il commissario incaricato dell’esecuzione delle pronunce, nell’approfondire la vicenda, riscontrava tuttavia anche i risultati di un precedente contenzioso fra le parti. Segnatamente, emergeva che con sentenza n. 4534 del 6 settembre 2005 della Sezione VI di questo Consiglio, in accoglimento degli appelli proposti dal Ministero dell’Interno e dalla Comunità montana interessata, ed in riforma della sentenza della stessa Sezione distaccata del T.A.R. per la Campania n. 727 del 1996 (favorevole invece al dipendente), era stato conclusivamente respinto il ricorso proposto dal L., a suo tempo, avverso la determinazione con cui la C.C.F.L. aveva denegato, con atto del 17 dicembre 1991, la propria approvazione alla pianta organica modificata della Comunità montana, nella parte in cui essa attribuiva al posto occupato dal L. livello dirigenziale. Pronuncia con la quale era stato quindi definitivamente escluso il rango dirigenziale della posizione dal medesimo ricoperta (responsabile dell’Ufficio tecnico).

In presenza di queste risultanze il commissario ad acta chiedeva pertanto chiarimenti al T.A.R., domandando se occorresse o meno, da parte sua, procedere ugualmente all’esecuzione delle pronunzie di Tribunale del 2008, "alla luce della loro cassazione da parte del Consiglio di Stato che di fatto ne avrebbe annullato l’efficacia e gli effetti conseguenti, eliminandole dall’ordinamento giuridico".

Il Tribunale forniva i chiarimenti richiesti mediante le ordinanze nn. 1224 e 1225 del 30 giugno 2011 nonché n. 1313 del 14 luglio 2011, in epigrafe, con le quali esprimeva l’avviso che l’anzidetta decisione di questo Consiglio avesse in pratica fatto venire automaticamente meno la stessa nomina del commissario ad acta.

Avverso tali ordinanze il L. esperiva allora i presenti, separati appelli, con i quali lamentava che il TAR avesse equivocato tra le pronunzie in precedenza intervenute, così incorrendo in un errore di fatto, e deduceva, al tempo stesso, soprattutto che i pronunciamenti impugnati avessero obliterato il valore di giudicato e la conseguente cogenza delle sentenze da eseguire.

L’assunto di fondo dell’appellante era, dunque, nel senso che le sentenze di primo grado a lui favorevoli del 2008 e del 2010 avrebbero dovuto ricevere esecuzione, laddove le nuove ordinanze oggetto di appello dovevano ritenersi viziate da violazione del giudicato.

Si costituiva in resistenza agli appelli la Comunità montana "Partenio – Valle di Lauro", che nelle more aveva assorbito l’originario ente di appartenenza dell’interessato, deducendo l’infondatezza della pretesa esecutiva avversaria, sul rilievo che le sentenze azionate dal L. avrebbero dovuto essere considerate tamquam non essent.

L’appellante, dal canto suo, con una successiva memoria, assumeva che la controparte non avrebbe potuto invocare il decisum di questo Consiglio del 2005 per paralizzare la presente actio judicati, in quanto essa aveva mancato di addurre, a tempo debito, il conflitto con tale precedente giudicato mediante impugnativa per revocazione delle sentenze nn. 1931, 1932 e 1933 del 2008.

Alla Camera di consiglio del 21 ottobre 2011 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.

I ricorsi in esame, attesa la loro marcata affinità e stretta connessione, vanno opportunamente riuniti, allo scopo di poter essere definiti attraverso un’unica decisione.

Gli stessi sono infondati.

1 La Sezione deve preliminarmente escludere che alla resistente Comunità Montana sia inibito opporre il giudicato formatosi sulla decisione di questo Consiglio n. 4534 del 2005, recante la definitiva reiezione del ricorso proposto dal L. contro la determinazione con cui la C.C.F.L. aveva ricusato l’approvazione della pianta organica dell’Amministrazione, nella parte in cui quest’ultima definiva come dirigenziale il posto occupato dal L..

Il ricorrente obietta sotto questo profilo che l’appellata avrebbe dovuto proporre una tempestiva impugnativa per revocazione avverso le decisioni di T.A.R. delle quali viene richiesta l’ottemperanza.

Occorre però ricordare che ai fini dell’applicazione dell’art. 395 n. 5 c.p.c., perché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, e, quindi, suscettibile di essere oggetto di revocazione, occorre che tra i due giudizi esista identità di soggetti ed oggetto (C.d.S., V, 5 febbraio 2009, n. 631; A. Pl., 11 giugno 2001, n. 3; di identità di petitum e causa petendi parla C.d.S., VI, 31 gennaio 1986, n. 81), tale che tra le due vicende si verifichi un’ontologica e strutturale concordanza degli elementi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio, rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima (C.d.S., V, 18 ottobre 2001, n. 5518).

Soddisfatta questa condizione, il contrasto dei giudicati che legittima la revocazione si ha allorché la precedente sentenza abbia un contenuto antitetico a quello della successiva, sì ché il rapporto tra le medesime parti risulti regolato in modo inconciliabile (e sempre che, in questo caso, il giudice non abbia pronunciato sulla relativa eccezione) (C.d.S., VI, 5 giugno 2006, n. 3343). La giurisprudenza ha precisato, in particolare, che si ha contrasto di giudicati, ai fini indicati, solo quando l’anteriore sentenza ha per oggetto lo stesso fatto o un fatto ad esso antitetico, e non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico, restando poi ipotizzabile la contrarietà con la sentenza avente autorità di cosa giudicata solo in relazione all’oggetto degli accertamenti in essa racchiusi (Cass. civ., sez. I, 11 dicembre 1999, n. 13870 e sez. II, 27 maggio 2009, n. 12348; C.d.S., VI, 17 agosto 1999, n. 1069).

Ciò posto, non è revocabile in dubbio come tra le decisioni nn. 1931, 1932 e 1933 del 2008 del TAR Campania – Salerno e la n. 4534/2005 di questo Consiglio non sussista affatto il requisito dell’identità di oggetto. Mentre il primo gruppo di decisioni definiva controversie di contenuto meramente retributivo tra la Comunità Montana ed il suo dipendente, la pronuncia di questo Consiglio verteva invece sulla legittimità dell’atto che aveva denegato l’approvazione della pianta organica dell’Amministrazione, e quindi, in un’ultima analisi, sulla (il)legittimità della configurazione del posto ricoperto dal L. come posizione dirigenziale.

La diversità di oggetto tra le une e l’altra è colta dallo stesso attuale appellante, che, nell’esprimere l’assunto che il T.A.R. sarebbe incorso in un errore di fatto confondendo le pronunzie, osserva appunto che le stesse configuravano "realtà ben diverse tra di loro".

D’altra parte, le sentenze del 2008 rese dal TAR non recavano un "accertamento" della effettività della qualifica dirigenziale allegata allora dall’attuale ricorrente (la cui titolarità non formava oggetto di controversia), ma si limitavano a presupporla.

Ne consegue che la Comunità resistente è in condizione di avvalersi del giudicato da essa opposto, pur non avendolo a suo tempo posto a base di un’azione di revocazione contro le decisioni del T.A.R. favorevoli all’interessato.

2 Fatta chiarezza su questo punto, ci si deve ora occupare del rapporto tra il primo giudicato e quelli dei quali viene ora richiesta l’ottemperanza.

Tra l’uno e gli altri non esiste, come si è detto, conflitto in senso tecnico, in quanto gli stessi, oltre ad avere oggetti differenti, si collocano, anche dal punto di vista della gerarchia logica, su piani diversi: e la pronuncia di questo Consiglio n. 4534/2005 sul piano poziore.

Tale decisione, con il riformare la sentenza del T.A.R. per la CampaniaSalerno n. 727 del 1996, ed asseverare la legittimità della mancata approvazione della nuova pianta organica della Comunità Montana (che ipotizzava di qualificare come dirigenziale il posto occupato dal L.), è valsa infatti ad escludere anche retroattivamente la valutabilità al livello dirigenziale delle prestazioni di servizio rese dal sunnominato.

Ne consegue che il presupposto su cui poggiavano i riconoscimenti economici espressi dalle sentenze del Tribunale nn. 1931, 1932 e 1933/2008 si rivela insussistente, poiché da questo Consiglio era già stata definitivamente esclusa quella qualità dirigenziale attorea che avrebbe dovuto costituirne la indispensabile base.

Da ciò l’impossibilità giuridica di dare seguito ai suddetti riconoscimenti, con i quali si farebbe luogo, altrimenti, a pagamenti privi di causa.

3 Per quanto precede, i ricorsi in esame devono essere respinti siccome infondati, non competendo al ricorrente, come già giustamente deciso dal primo Giudice, l’esecuzione delle decisioni azionate.

La peculiarità della vicenda giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese processuali tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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