Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-03-2012, n. 4322 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con distinti ricorsi del 16-9-2002, M.M. e la società Patrone e Mongiello s.r.l. proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 599, emessa dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Potenza in data 14-8-2002 per le violazioni di cui al verbale di contestazione n. 365 del 2001. Con tale provvedimento era stato ordinato al M., nella sua qualità di legale rappresentante pro tempore della suddetta società, nonchè a quest’ultima, quale obbligata in solido, il pagamento della somma di Euro 5.794,57, quale sanzione amministrativa ed accessori per le violazioni suddette.

La D.P.L. di Potenza si costituiva in entrambi i giudizi chiedendo il rigetto della opposizione.

I due giudizi venivano riuniti e, all’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Potenza, con sentenza in data 18/19-4-2007, rigettava l’opposizione.

Avverso tale sentenza proponevano appello sia il M. che la società, i quali, con due distinti ricorsi depositati il 15-4-2008, chiedevano la riforma dell’impugnata decisione e l’accoglimento dell’opposizione.

In entrambi i procedimenti si costituivano il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la Direzione Provinciale del Lavoro di Potenza, chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte d’Appello di Potenza, con sentenza depositata il 13-7-2009, dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, restando a carico del medesimo le relative spese, rigettava gli appelli e condannava gli appellanti al pagamento delle spese in favore della Direzione Provinciale del Lavoro di Potenza.

In sintesi la Corte territoriale respingeva le eccezioni di difetto di legittimazione passiva e di nullità del sottostante verbale di ispezione, proposte dagli appellanti sulla base del fatto che le contestazioni riguardavano dipendenti non più appartenenti alla P. e Mongiello s.r.l., ma ormai assunti dalla Tecnologie Galvaniche s.r.l. e della circostanza che gli accertamenti erano stati effettuati presso locali non appartenenti alla P. e Mongiello s.r.l.. assumendo informazioni da lavoratori non più alle dipendenze di quest’ultima.

Avverso la detta sentenza la P. e Mongiello s.r.l. ha proposto ricorso con due motivi.

La Direzione Provinciale del Lavoro di Potenza ha resistito con controricorso.

Anche il M.M. ha proposto analogo ricorso avverso la stessa sentenza con due motivi e la D.P.L. di Potenza ha, a sua volta, resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo di ciascun ricorso si lamenta un vizio di motivazione in ordine alla rispettiva eccezione di carenza di legittimazione passiva: la P. e Mongiello s.r.l. sostiene che essa "non poteva essere la destinataria dell’ordinanza-ingiunzione in quanto l’accertamento – svoltosi nei locali della ditta Teconologie Galvaniche – riguardava lavoratori dipendenti della detta società e comportamenti astrattamente imputabili alla stessa" e il M.. dal canto suo, ribadisce che "non aveva mai ricoperto il ruolo di legale rappresentante della P. e Mongiello s.r.l.".

Le censure risultano inammissibili perchè entrambe inconferenti con il decisum dell’impugnata sentenza.

Con riferimento al M. la Corte di merito ha rilevato che "mentre nel giudizio di primo grado veniva eccepito che lo stesso non aveva mai ricoperto la carica di legale rappresentante della società", in appello, "dopo che il giudice di prime cure aveva affermato l’infondatezza della dedotta eccezione", è stato sostenuto soltanto che il difetto di legittimazione deriverebbe dal fatto "che le violazioni accertate…attengono a contestazioni inerenti a dipendenti non più appartenenti alla P. e Mongiello s.r.l. ma assunti in forza alla Nuova ditta Teconologie Galvaniche s.r.l,. Il che, ovviamente, nulla ha a che fare con la legittimazione".

In sostanza la Corte territoriale ha osservato che avverso il rigetto dell’eccezione (basata sull’assunto di non essere stato legale rappresentante della società) risultata infondata in primo grado, il M. non ha avanzato specifico gravame in appello.

Il ricorrente, quindi, in questa sede, anzichè limitarsi a lamentare un generico vizio di motivazione e a ribadire semplicemente il proprio assunto (già respinto in primo grado con statuizione non appellata), avrebbe dovuto, semmai, censurare la affermazione della Corte d’Appello circa il giudicato interno formatosi sul punto.

La censura, pertanto, non coglie affatto nel segno.

Parimenti, dal canto suo, la P. e Mongiello s.r.l. non tiene conto che la Corte territoriale ha statuito che "l’affermazione secondo cui, stante l’avvenuta scissione della società ed il passaggio del lavoratori interessati alla Tecnologie Galvaniche s.r.l. avrebbe dovuto essere quest’ultima "stante l’epoca dell’accertamento" a rispondere di eventuali violazioni, appare del tutto infondata, posto che, come già ritenuto dal primo giudice (con affermazione non fatta oggetto di doglianza), i fatti contestati si riferiscono a periodi precedenti alla dedotta scissione; e, conrè evidente, nessuna rilevanza può avere, ai fini dell’imputazione della violazione, l’epoca dell’accertamento (essendo rilevante al riguardo l’epoca della commissione della violazione medesima)".

Anche in tal caso, quindi, la ricorrente anzichè censurare in qualche modo la statuizione sul giudicato interno in ordine al riferimento temporale dei fatti contestati ed attribuiti ad essa società, si è limitata a lamentare genericamente un difetto di motivazione su tale riferimento in fatto, con censura del pari inconferente rispetto al decisum.

Con il secondo motivo, di entrambi i ricorsi, si lamenta genericamente una violazione di norme di diritto, evidenziandosi in sostanza che la visita ispettiva era avvenuta in epoca successiva ("poco più di un mese") alla scissione parziale della P. e M., allorquando i locali in cui si svolgeva l’attività lavorativa non erano più della stessa bensì della Tecnologie Galvaniche, così come pure i lavoratori.

Anche tali censure non meritano accoglimento.

A parte la estrema genericità del vizio di violazione di legge denunciato che sembra risolversi in sostanza nella rinnovata deduzione della pretesa nullità dell’ordinanza-ingiunzione in quanto basata su una ispezione "svolta presso locali non più appartenenti alla P. e M." (e con riguardo a lavoratori non più dipendenti della stessa), osserva il Collegio, che legittimamente, sul punto, la Corte di merito ha ritenuto che "il potere di indagine degli ispettori del lavoro non soffra le limitazioni" invocate dagli appellanti, odierni ricorrenti, essendo evidente, peraltro, la irrilevanza del fatto che le violazioni, comunque pregresse e commesse dalla P. e Mongiello s.r.l., siano state accertate con verbale ispettivo presso locali ormai non più appartenenti alla detta società e con riguardo a lavoratori ormai non più dipendenti della medesima.

I ricorsi vanno pertanto respinti e i ricorrenti, in solido, in ragione della soccombenza vanno condannati al pagamento delle spese in favore della Direzione Provinciale del Lavoro.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna i ricorrenti in solido a pagare alla Direzione Provinciale del Lavoro di Potenza le spese liquidate in Euro 40,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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