Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 11-10-2011, n. 36569

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 26 novembre 2009, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Udine del 22 maggio 2003, con cui l’imputato era stato condannato, a seguito di giudizio abbreviato, per il reato di cui all’art. 609-octies c.p..

Il fatto ascritto all’imputato consiste nell’avere, in concorso con altro soggetto estraneo al presente giudizio, costretto una ragazza (di 20 anni all’epoca del fatto) a subire in automobile una penetrazione vaginale e vari toccamenti, anche penetrativi, dell’ano e dei genitali.

2. – Avverso tale pronuncia, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando: 1) la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa l’attendibilità della parte civile, con particolare riferimento sia alle discrepanze presenti nel suo racconto, sia alla mancata considerazione della deposizione della teste R. – che aveva riferito di avere visto la vittima salire in macchina spontaneamente con i due giovani -, sia alla mancanza di segni e tracce evidenti della violenza; 2) l’erronea applicazione dell’art. 609-octies c.p.p., perchè la violenza sessuale di gruppo dovrebbe, in linea di principio, presupporre la partecipazione di più di due soggetti; 3) l’erronea applicazione della legge penale, consistente nel mancato riconoscimento della sussistenza dell’ipotesi di minore gravità, considerata la precorsa relazione sentimentale della persona offesa con il ricorrente; 4) l’erronea applicazione della legge penale, consistente nel mancato riconoscimento della sussistenza del ravvedimento operoso di cui all’art. 62 c.p., n. 6), sul rilievo che la Corte non avrebbe considerato che l’imputato si era adoperato per evitare che il coimputato avesse con la vittima un rapporto penetrativo.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. – Il motivo di ricorso sub 1) – con cui si contesta l’attendibilità della parte civile, con particolare riferimento sia alla coerenza del suo racconto, sia alla mancata considerazione della deposizione della teste R., sia alla mancanza di segni e tracce della violenza – è infondato.

La sentenza censurata – come quella di primo grado – si sofferma ampiamente su tali profili, evidenziando, con completezza e coerenza logica, che: a) la vittima ha fornito una versione lineare, coerente e dettagliata dei fatti, ripetutamente confermata, non emergendo particolari motivi di rancore nei confronti dell’imputato, con cui aveva avuto una relazione per circa due anni; b) la credibilità della vittima è suffragata dalla considerazione che, abitando in un piccolo centro, ella sapeva che la denuncia per violenza sessuale l’avrebbe esposta a "negativa pubblicità"; c) esistono numerosi riscontri esterni delle dichiarazioni della persona offesa, consistenti nelle dichiarazioni dell’amica T., che, la sera del fatto, l’aveva incontrata in un bar in cui era presente anche l’imputato, nelle dichiarazioni della R., che aveva riferito di una prolungata lite all’esterno del bar fra l’imputato e la persona offesa, nelle dichiarazioni dell’operatore sanitario Te., che ha riferito di uno stato psicofisico molto alterato al momento della visita ginecologica.

Anche in relazione alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali della R. – che aveva riferito di avere visto dalla finestra di casa sua la vittima litigare animatamente e violentemente con l’imputato e, in un momento successivo, salire in macchina spontaneamente con lui e il suo complice – la Corte ha fornito una motivazione sufficiente e logicamente coerente. Ha precisato, infatti, che tali dichiarazioni sono da ritenere credibili nella parte in cui confermano le linee essenziali della dinamica del fatto;

sono, invece, da ritenere non probanti quanto al consenso della persona offesa a salire a bordo della macchina: e ciò, sia perchè tale seconda circostanza era stata apprezzata da una distanza maggiore della prima; sia perchè contrastava con il dettagliato racconto della persona offesa; sia perchè l’eventuale consenso a salire in macchina prestato da quest’ultima non avrebbe in ogni caso potuto giustificare il successivo consenso ad un rapporto sessuale a tre.

Quanto, poi, alla pretesa mancanza di segni e tracce della violenza sul corpo della vittima, va rilevato che la sentenza censurata smentisce – con motivazione pienamente sufficiente e coerente – tale circostanza, laddove precisa: da un lato, che dalla visita ginecologica effettuata emergono strie eritematose in regione lombare, compatibili con la violenza subita all’interno dell’auto e una lacerazione della mucosa anale compatibile con la penetrazione con un dito da parte del complice dell’odierno imputato; dall’altro lato, che tali evidenze rendono del tutto ininfluente l’assenza di abrasioni o lacerazioni e l’esito negativo del tampone vaginale.

3.2. – Il motivo sub 2) – con cui si deduce l’erronea applicazione dell’art. 609-octies c.p.p., sul rilievo che la violenza sessuale di gruppo dovrebbe presupporre la partecipazione di più di due soggetti – è manifestamente infondato.

Dalla semplice lettura della disposizione incriminatrice emerge, infatti, che essa punisce gli atti di violenza cui partecipano "più persone", dove per "più" deve evidentemente intendersi "più di una" (ex plurimis, Sez. 3, 13 gennaio 2003, n. 1860).

3.3. – Del pari manifestamente infondato è il motivo di ricorso sub 3), relativo al mancato riconoscimento della sussistenza dell’ipotesi di minore gravità, considerata la precorsa relazione sentimentale della persona offesa con l’imputato. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, da tempo chiarito che l’ipotesi attenuata di cui all’art. 609-bis non può trovare applicazione per la violenza sessuale di gruppo, sia per la sua collocazione sistematica nell’articolo che punisce la violenza sessuale individuale, sia perchè essa è – anche nelle intenzioni del legislatore – logicamente incompatibile con la maggiore gravità della fattispecie di cui all’art. 609-octies (Sez. 3, 12 ottobre 2007, n. 42111; Sez. 3, 24 ottobre 2001, n. 502/2003). Tale consolidata interpretazione del sistema è stata, peraltro, ritenuta conforme al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. dalla sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2005. 3.4. – Con il quarto motivo di ricorso si lamenta il mancato riconoscimento della sussistenza del ravvedimento operoso di cui all’art. 62 c.p., n. 6), sul rilievo che la Corte non avrebbe considerato che l’imputato si era adoperato per evitare che il coimputato avesse con la vittima un rapporto penetrativo.

Anche tale motivo è manifestamente infondato, perchè semplicemente diretto a contestare in punto di fatto la motivazione della sentenza censurata; motivazione che appare, sul punto, pienamente sufficiente e coerente, perchè precisa che la violenza di gruppo si era già ampiamente consumata, anche con atti materialmente posti in essere dal correo, prima che il correo stesso chiedesse all’imputato di potere avere anche lui un rapporto penetrativo con la persona offesa.

4. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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