Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-06-2011) 11-10-2011, n. 36628 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.A. ricorre, per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Catania, del 30.9.2009, con la quale è stata respinta la domanda di riparazione del danno derivante dall’ingiusta detenzione in carcere sofferta in esecuzione di ordinanza custodiale emessa nell’ambito di procedimento penale che lo ha visto imputato del delitto di violenza sessuale nei confronti dell’ex convivente. Delitto dal quale il M. è stato successivamente assolto dal Tribunale di Roma, con sentenza passata in giudicato, avendo la persona offesa nella sede dibattimentale ridimensionato le precedenti accuse.

Nel loro provvedimento, i giudici della riparazione hanno tenuto conto della condotta estremamente violenta tenuta dall’odierno ricorrente nei confronti della donna che, già oggetto in passato di violenze da parte del M., lo aveva denunciato per essere stata violentemente percossa (avendo quindi subito lesioni e traumi in varie parti del corpo) e poi costretta ad avere un rapporto anale.

Assolto il M. dall’accusa di violenza sessuale, era stata tuttavia confermata, secondo i giudici della riparazione, la condotta violenta dell’istante, gravemente dolosa, ritenuta ostativa all’accoglimento dell’istanza riparatoria.

Verso tale decisione viene, dunque, proposto ricorso per cassazione dal M. che chiede l’annullamento dell’impugnata ordinanza, deducendo violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del presupposto del dolo quale causa impeditiva al riconoscimento del diritto all’indennizzo.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento al diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato, o concorso a darvi, causa, per dolo o colpa grave, deve manifestarsi attraverso comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (auto incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.

Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo ritenuto, nel rispetto della normativa di riferimento, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico, sulla base di quanto emerso in sede processuale, che la condotta del ricorrente, pur esclusa l’accusa di violenza sessuale, era stata comunque caratterizzata, se non da violenze sessuali, certamente da atteggiamenti violenti e minacciosi nei confronti dell’ex convivente.

Una condotta che la corte territoriale ha, alla stregua di quanto emerso nella sede processuale, correttamente valutato e che legittimamente ha ritenuto connotata da dolo, tale da giustificare ampiamente l’adozione del provvedimento restrittivo.

Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *