Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-06-2011) 11-10-2011, n. 36627 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

C.R., indagata ex art. 186 C.d.S., comma 2, per essersi posta alla guida della propria auto in stato di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico pari a 2,07 g/1), propone ricorso avverso l’ordinanza del tribunale di Latina, del 23 ottobre 2009, che ha respinto la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo dell’auto con la quale è stato commesso il reato, emesso dal Gip dello stesso tribunale il 3.9.09.

Deduce la ricorrente:

A) violazione di legge, in relazione alla mancata notifica all’indagata dell’avviso di udienza, consegnato, ex art. 157 cod. proc. pen., comma 8 bis al difensore, a mezzo fax, malgrado la volontà dallo stesso espressa di non accettare notifiche per conto dell’imputato via fax; sarebbe stata inoltre omessa la notifica dell’avviso di udienza al codifensore, avv. Alessandro Pernigotti, la cui nomina, in data 12.10.09, era stata depositata presso l’ufficio di procura, tale mancata notifica era stata eccepita all’udienza del 23.10.09; le denunciate omissioni avrebbero violato il diritto di difesa dell’indagata;

B) violazione di legge in relazione all’asserita illegittimità del sequestro, emesso essendo stata erroneamente ritenuta obbligatoria la confisca del veicolo, mentre il richiamo, nell’art. 186, all’ art. 240 cod. pen., comma 2, giustificherebbe dubbi sulla cosituzionalità della norma stessa;

C) mancanza del "fumus" del reato, non essendo utilizzabile l’esame ematico eseguito senza il consenso dell’interessata.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

A) Con riguardo al primo dei motivi proposti, occorre rilevare che, in tema di notificazioni, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che: "la notificazione di un ulto all’imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui possa o debba effettuarsi mediante consegna al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell’art. 148 cod. proc. pen., comma 2 bis" (Cass. SU n. 28451/11).

E’ vero che il difensore può dichiarare all’autorità che procede di non accettare la notificazione, è tuttavia altrettanto vero: a) che la dichiarazione con la quale il difensore di fiducia rifiuta di accettare le notificazioni degli atti diretti al proprio assistito deve essere fatta, per produrre gli effetti previsti, "immediatamente dopo l’atto di nomina e indipendentemente dalla notifica di un qualche atto" (Cass. nn. 6068/08, 15019/09), laddove, nel caso di specie, si sostiene nel ricorso che tale dichiarazione è stata effettuata solo in occasione del ricorso per riesame; b) che il difensore è autorizzato a rifiutare la notifica diretta all’imputato, comunque la stessa avvenga, non anche a rifiutarla a seconda delle modalità della stessa (per fax o altro mezzo indicato dalla legge), come nel caso di specie pretenderebbe la ricorrente; il difensore, cioè, può rifiutare la notifica di atti diretti al suo assistito (nei tempi e nei modi previsti dalla legge) ma non può rifiutare di riceverla solo perchè la stessa viene effettuata in una forma non gradita, ma prevista dalla legge; c) che, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, la questione non risulta essere stata proposta all’udienza camerale del 23.10.09 dal difensore, avv. Marco Cicimurri, presente per delega dell’avv. Barbara Brugnettini.

Così come alla predetta udienza non è stata eccepita la mancata notifica dell’avviso di udienza al secondo difensore dell’indagata, avv. Alessandro Pernigotti. Pur volendo ritenere certa e tempestiva tale nomina, della quale non è stata rinvenuta copia in atti nè in allegato al ricorso, dovrebbe rilevarsi che tale omessa notifica comporterebbe una nullità a regime intermedio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi "sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione ad opera dell’altro difensore comparso, pur quando l’imputato non sia presente" (Cass. n. 39060/09). Le censure proposte sono, quindi, infondate.

B) Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

In tema di obbligatorietà della confisca, rileva, invero, la Corte che l’art. 186 del codice della strada, come modificato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4, convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125, prevede per il reato in questione la confisca obbligatoria dell’auto con la quale è stata commessa l’infrazione, salvo che essa appartenga a persona estranea al reato. Della natura obbligatoria della confisca in questione, quindi, non possono esservi dubbi, proprio per i termini adoperati dal legislatore ("è sempre disposta la confisca"). Da detta natura obbligatoria discende, d’altra parte, che l’esistenza del "periculum", cui l’adozione della misura è subordinata, è presunta per legge e non deve essere accertata caso per caso e che non può essere disposta la restituzione del veicolo prima della sentenza definitiva (tranne che non venga meno il "fumus") – Cass. nn. 36822/08, 17439/05.

Nessuna ulteriore verifica spettava, quindi, al giudice se non quella, regolarmente eseguita, della astratta riconducibilità della condotta contestata nell’ambito della fattispecie ipotizzata.

D’altra parte, la natura amministrativa del sequestro e della confisca riconosciuta dal l’art. 186 del codice della strada a seguito delle modifiche legislative introdotte con la legge n. 120 del 2010, non si pone in senso contrario rispetto a quanto sopra dedotto, ove si consideri, non solo che non è venuto meno il connotato della obbligatorietà, ma anche che, come già ripetutamente osservato da questa Corte in precedenti pronunce con riguardo alle procedure incidentali pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge, il provvedimento di sequestro oggetto di contestazione, legittimamente disposto sotto il vigore della precedente normativa, mantiene i propri effetti, in mancanza di disposizioni transitorie che regolino la fase di passaggio dall’una all’altra disciplina, in virtù del principio della "perpetuatio jurisdictionis" (Cass. n. 40523/2010).

Non ritiene la Corte di dovere intervenire a proposito dei "dubbi di costituzionalità" della richiamata normativa espressi nel ricorso;

tali "dubbi", invero, peraltro genericamente espressi, senza l’indicazione delle norme costituzionali ritenute violate, non possono intendersi quali specifiche eccezioni di costituzionalità della normativa stessa.

C) Ugualmente infondato è, infine, anche il terzo dei motivi proposti.

In proposito, il giudice del riesame ha correttamente segnalato, non solo che non vi era prova del dissenso dell’indagata al prelievo ematico, ma anche che detto prelievo era stato eseguito per fini terapeutici, e dunque con il consenso tacito dell’interessata, essendo stata la stessa condotta in ospedale, per le cure necessarie, dopo la caduta in un fosso dell’auto alla cui guida si trovava.

Di qui la legittimità del prelievo e la utilizzabilità dei relativi esiti (Cass. RV nn 242834, 245997).

Il ricorso deve essere, dunque, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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