Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-05-2011) 11-10-2011, n. 36626

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 25/9/2010 M.S. venia tratto in arresto per furto aggravato ed altri reati connessi, in relazione alla asportazione di materiali inerti da una cava.

Con ordinanza del 25/9/2010 il GIP di Lamezia Terme convalidava l’arresto ed emetteva a carico del M. la misura degli arresti domiciliari, con esclusione del delitto di cui all’art. 434 c.p. (atti diretti a determinare un disastro) per il quale non sussistevano che l’attività estrattiva avesse provocato un pericolo.

Avverso tale provvedimento proponeva appello cautelare il P.M. chiedendo l’emissione della misura anche per il capo relativo all’art. 434 c.p. e l’aggravamento della misura, sostituendo gli arresti domiciliari con la custodia in carcere.

Con ordinanza del 7/12/2010 il Tribunale della Libertà di Catanzaro, in parziale accoglimento della richiesta del P.M. emetteva la misura cautelare per il capo "C" ed aggravava la misura in atto, applicando il "divieto di comunicare con persone diverse da quelle che con lui abitano o che lo assistono". Osservava il Tribunale che :

– quanto ai gravi indizi relativi al reato per il quale non era stata emessa la misura, nel mese di settembre 2010 era stata constatata la continuazione della attività estrattiva;

– dalla motivazione di una precedente sentenza di condanna per art. 434 c.p., si rilevava come la abusiva attività estrattiva dalla cava aveva determinato l’alterazione del corso d’acqua del torrente (OMISSIS) all’interno dell’area della cava, con pericolo di inondazioni ed alterazione della circolazione sotterranea; inoltre con pericolo e pregiudizio per la dinamica costiera e per la pubblica incolumità;

– l’attualità del pericolo era attestata già dal rinvenimento di macchinari estrattivi nel novembre 2009.

Tutto ciò premesso, riteneva il Tribunale che sussistevano i gravi indizi in relazione al capo "C" dell’accusa formulata dal P.M..

Quanto alle esigenze cautelari, osservava il riesame che, benchè la misura degli arresti domiciliari fosse idonea a garantire le esigenze cautelari, essa doveva essere aggravata dal divieto di incontro e comunicazione con estranei, valutata la perseveranza dell’indagato a reiterare la medesima condotta criminosa, nonostante i precedenti specifici.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando:

2.1. la nullità dell’ordinanza per essere stata emessa in relazione al capo "C" per la quale era già stata emessa e non potendosi ricorrere alla correzione dell’errore materiale. In ogni caso, in relazione al delitto di cui all’art. 434 c.p. difettava la tipicità della condotta, pretendendo la norma la commissione di condotte "dirette" a cagionare l’evento e non mere condotte "idonee" a provocarlo.

2.2. La violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla omessa acquisizione della documentazione offerta al Tribunale della Libertà atta a dimostrare che il materiale inerte non era sottoposto a sequestro e quindi il suo prelievo non integrava i delitti contestati, salvo che la violazione dei sigilli. Nè poteva dirsi che sul punto si era formato un giudicato cautelare per la omessa impugnazione dell’indagato, considerato che si trattava di fatti di cui era venuto a conoscenza successivamente.

CONSIDERATO in DIRITTO 3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. Va premesso che sia nella richiesta di convalida del P.M. che nell’ordinanza del G.I.P. il delitto di cui all’art. 434 cod. pen. viene contrassegnato con la lett. E) e solo in relazione a tale capo l’arresto non è stato convalidato e non è stata emessa alcuna misura.

Ciò premesso, l’appello cautelare del P.M., oltre ad altre censure, volge la sua attenzione proprio al mancato accoglimento delle richiesta di misura cautelare per il predetto delitto e l’ordinanza del riesame si diffonde a dimostrare la presenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari in relazione al delitto di cui all’art. 434 cod. pen..

Nel fare ciò, però, commette un errore contrassegnando il delitto con la lett. C) (che nella misura del G.I.P. indicava altro reato).

Tale errore non inficia la validità della misura ma deve essere semplicemente corretto, ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen..

3.2. In ordine alla tipicità del fatto, va osservato che il delitto di cui all’art. 434 cod. pen. prevede due fattispecie: il crollo ed il disastro innominato che è il caso che qui interessa. Si tratta di un delitto a consumazione anticipata, in quanto la realizzazione del mero pericolo (concreto) del disastro è idonea a consumare il reato;

il verificarsi dell’evento funge da circostanza aggravante (comma 2).

Quanto all’elemento soggettivo, va escluso che il delitto in questione sia retto da un dolo specifico, in quanto la finalità di determinare pericolo per la pubblica incolumità è al di fuori del fuoco del dolo.

Il dolo è invece intenzionale in relazione all’evento "disastro", nel senso che l’agente deve avere la consapevolezza che la sua condotta è idonea a cagionare il disastro.

Per tale motivo, questa corte di legittimità, di recente, ha statuito che nel delitto di cui all’art. 434 cod. pen. il dolo è intenzionale rispetto all’evento di disastro ed è eventuale rispetto al pericolo per la pubblica incolumità" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1332 del 14/12/2010 Ud. (dep. 19/01/2011), Zonta, Rv. 249283).

Nel caso di specie il giudice di merito, con diffusa motivazione, ha evidenziato come la reiterazione delle condotte e una pregressa condanna per tale delitto, rendevano manifesta la consapevolezza da parte del M. del pericolo, con la sua condotta, per l’alterazione dei corsi d’acqua, inondazioni, infiltrazioni, instabilità ambientale e pregiudizio per la dinamica costiera. Si desume da quanto detto la infondatezza del motivo di ricorso.

3.3. In relazione all’ultimo motivo di ricorso, va rilevato come la decisione del riesame sia stata adottata su appello del solo P.M. Ne consegue che in relazione agli altri reati attribuiti al M. (e per i quali è stata adotta dal G.I.P. la misura cautelare) e sulle circostanze di fatto fondanti l’imputazione di cui all’art. 434 cod. pen., si è formato un preclusivo giudicato cautelare, con limitazione della devoluzione della cognizione a questo giudice di legittimità solo in relazione ai motivi per i quali il G.I.P. aveva escluso la configurabilità del delitto di cui all’art. 434 cod. pen. ed il Tribunale, invece ne ha ritenuto la sussistenza.

L’infondatezza del ricorso impone il suo rigetto. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte corregge il provvedimento impugnato nel senso che ove è scritto "arresti domiciliari … di cui al capo C" si deve intendere "per il delitto di cui all’art. 434 c.p.". Provveda la cancelleria alle annotazioni.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale distrettuale del riesame, perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 92 dis. att. c.p.p..

Manda alla cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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