Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-05-2011) 11-10-2011, n. 36623 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– 1 – B.S. ricorre avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, del 7 ottobre 2010, con la quale è stata respinta la domanda, dalla stesso avanzata, di riparazione del danno derivante dall’ingiusta detenzione in carcere sofferta in esecuzione di ordinanza custodiale emessa nell’ambito di procedimento penale che lo ha visto imputato del delitto di maltrattamenti in danno della madre convivente, sottoposta, secondo l’accusa, a minacce ed a sofferenze fisiche e morali dal figlio, dedito all’uso smodato di sostanze alcooliche e frequentemente ubriaco. Delitto dal quale il B., è stato successivamente assolto dal Tribunale di Roma, con sentenza passata in giudicato, avendo la persona offesa nella sede dibattimentale sostanzialmente ritrattato le precedenti denunce.

Nel loro provvedimento, i giudici della riparazione hanno ritenuto che il richiedente avesse concorso a dar causa alla misura custodiale per colpa grave, per avere tenuto, davanti allo stesso personale di PG intervenuto su denuncia della madre, comportamento minaccioso e violento verso la congiunta, che ha fondatamente indotto gli inquirenti a ritenere veritiere le accuse della donna.

Ha chiesto, dunque, il ricorrente l’annullamento dell’impugnata ordinanza, deducendo violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del presupposto della colpa grave, costituente causa impeditiva al riconoscimento del diritto all’indennizzo.

Ritualmente costituitasi nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto dichiararsi inammissibile, ovvero rigettarsi il ricorso.

Motivi della decisione

-1- Il ricorso è infondato.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento al diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato, o concorso a darvi, causa, per dolo o colpa grave, deve manifestarsi attraverso comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (auto incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.

Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo ritenuto, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, che la condotta del ricorrente, l’atteggiamento minaccioso tenuto in presenza dei carabinieri intervenuti dopo la denuncia della persona offesa, lo stato di evidente ubriachezza in cui lo stesso in detta circostanza versava, costituisse condotta certamente ambigua ed imprudente, fortemente sospetta, idonea ad ingenerare la convinzione della fondatezza delle accuse inizialmente rivoltegli dalla madre.

Una condotta, quindi, che legittimamente la corte territoriale ha ritenuto connotata da colpa grave, che ha quantomeno contribuito alla formazione del quadro indiziario che ha determinato l’adozione del provvedimento restrittivo.

11 sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione;

mentre resta di esclusiva pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.

– 2 – Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonchè di quelle sostenute nel presente giudizio dal Ministero resistente, che si ritiene di liquidare in Euro 750,00.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al pagamento delle spese sostenute dal Ministero dell’Economia per questo giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 750,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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