T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 11-11-2011, n. 8714 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I fatti originatori della corrente controversia risalgono al 2005, anno in cui l’odierno ricorrente, frequentatore presso l’Istituto Superiore di Polizia del 95° corso per Commissari della Polizia, svolse il prescritto periodo di tirocinio operativo presso la Questura di Grosseto alloggiando presso un albergo di quella città. In detta struttura ricettiva il D.L. si prodigava in un’insistente attività di corteggiamento nei confronti di una dipendente (sig.ra S.Z.) addetta al riordino delle stanze: corteggiamento connotato da inviti ripetutamente declinati dalla sig.ra che, a fronte della perseveranza del D.L., decideva di riferire il tutto alla Direttrice dell’hotel. Costei, per porre fine agli inconvenienti appresi, associava all’operatrice corteggiata altra inserviente la quale ultima – mentre era intenta a pulire la toilette di una delle stanze dell’albergo (non occupata dal D.L.) – poteva sentire che il funzionario, ivi recatosi vestito con la divisa d’ordinanza, chiedeva alla collega (che stava rassettando la stessa stanza) "ti ho lasciato il numero di telefono. Perché non mi hai chiamato?". L’interessata rispondeva di aver già tre volte declinato gli inviti che gli erano stati rivolti. Il funzionario desisteva dal proprio contegno solo quando la collega – fino a quel momento non notata dal D.L. in quanto nascosta dalla toilette – interveniva manifestando all’uomo la volontà della sig.ra S.B. di non essere più importunata.

Pur se l’attività di corteggiamento cessava di seguito a tale evento, la Direttrice dell’albergo segnalava la sconveniente situazione creatasi ad un V.Q. Aggiunto in servizio presso la Questura di Grosseto il quale la rappresentava, con apposita relazione del 10.11.2005, al Questore. Quest’ultimo allegava tale relazione a nota del 25.11.2005 indirizzata all’Istituto Superiore di Polizia che, a sua volta, informava, per gli adempimenti disciplinari di competenza, la Dir. C.le per le RR.UU. del Ministero dell’Interno. Quindi il Capo della Polizia contestava all’interessato (con foglio del 27.3.2005, notificato il successivo 04 aprile 2005), nei termini sintetici sopra descritti, il contegno serbato nella vicenda evidenziandone, a causa della sua non conformità ai canoni di correttezza propri del funzionario della P.S., la sussistenza degli estremi dell’infrazione disciplinare di cui all’art.4 nr.18 del d.P.R. n.737 del 1981.

Seguiva la lettera di giustificazioni dell’interessato che, oltre a muovere rilievi in punto di diritto (poi sostanzialmente riprodotti nel ricorso in epigrafe), forniva la propria versione dei fatti. La sig.ra avrebbe assecondato il corteggiamento rafforzandolo con promesse di appuntamenti e confidenze sulla sua vita privata.

A questo punto la Dir. ne C.le per le RR.UU. avviava una fase istruttoria incaricandone il Questore di Grosseto (note del 16 maggio e del 13 luglio 2006). Quindi il 20 settembre 2006 veniva ascoltata negli uffici grossetani la sig.ra S.Z. che contestava marcatamente i convincimenti manifestati, in sede giustificativa, dal D.L. e, di seguito, si perveniva all’adozione del provvedimento sanzionatorio (oggetto di impugnativa) in seno al cui preambolo, fra l’altro:

– si replica in ordine ai rilievi in diritto mossi dall’incolpato evidenziando, in particolare, la tempestività della lettera di contestazioni alla luce del radicato "criterio di ragionevolezza";

– si sottolinea quanto riferito dall’importunata negli Uffici della Questura di Grosseto.

Avverso la sanzione inflitta, il D.L. ha reagito col ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, ivi deducendo due mezzi di gravame:

a) la violazione di legge per omessa, incongrua, illogica, contraddittoria motivazione nonché contraddizione dei presupposti logici e fattuali;

b) violazione dell’art.103 del d.P.R. n.3 del 1957.

L’amministrazione dell’Interno si è costituita in giudizio depositando, per il tramite della Difesa erariale, i documenti d’Ufficio inerenti la controversia ed una nota controdeduttiva.

All’udienza del 13.10.2011 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

Motivi della decisione

I) Il Collegio reputa condivisibile la censura dedotta col secondo dei mezzi di gravame denunciati dal ricorrente: censura con la quale si contesta la violazione dell’art.103 del d.P.R. n.3 del 1957 (applicabile alla fattispecie in esame in forza del rinvio operato dall’art.31 del d.P.R. n.737 del 1981) per essere intervenuta la lettera di contestazione dell’addebito dopo un periodo immotivatamente lungo dai comportamenti che ne costituiscono il presupposto.

La norma sopra citata prevede, come noto, che per le infrazioni disciplinari punibili con sanzione più grave della censura, l’Ufficio competente contesta "subito gli addebiti all’impiegato invitandolo a presentare le giustificazioni".

Invero, come già da questa Sezione ripetutamente affermato (cfr. sentt. nn.9753/2009 e 33228/2010), la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire -e, del resto, lo stesso ricorrente lo riconosce – che l’art. 103, comma 2, T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, nel prescrivere che la contestazione degli addebiti debba avvenire "subito", non mira a vincolare l’Amministrazione all’osservanza di un termine rigido, il cui decorso comporti la decadenza del potere disciplinare, ma indica una regola di ragionevole prontezza e tempestività, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti ed alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell’iter procedurale. Ed invero, ciò che in effetti la norma vuole salvaguardare è la certezza del rapporto tra l’impiegato e l’Amministrazione, la quale verrebbe inficiata (anche per i profili consequenziali inerenti allo sviluppo di carriera ed alle relative valutazioni periodiche) ove il dipendente restasse esposto, "sine die’, per ingiustificata inerzia dell’Amministrazione stessa, alla possibile attribuzione di rilevanza disciplinare a determinati suoi comportamenti (cfr. Cons. St., Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8284; idem 30 gennaio 2009, n. 517). Ma la valutazione in ordine a tale ragionevolezza non può che dipendere dalla complessità degli accertamenti preliminari e dall’effettivo svolgimento dell’iter procedurale (Cons. St., Sez. VI, 11 ottobre 2007, n. 5340). Dunque il principio dianzi delineato non consente di ulteriormente procrastinare la contestazione medesima, una volta soddisfatta la conoscenza del fatto storico che integra la violazione, alla quale si perviene con gli accertamenti del caso; ciò al fine di esercitare il potere disciplinare in termini di ragionevolezza e di speditezza, esigenza rinvenibile nel procedimento disciplinare anche per le fasi successive alla contestazione degli addebiti.

Tanto chiarito, deve convenirsi che l’assunto collocato nel preambolo dell’atto gravato secondo il quale la lettera di contestazioni deve considerarsi assolutamente tempestiva in quanto rispettosa del "criterio di ragionevolezza", si traduce – alla luce dell’analitica descrizione della sequenza degli accadimenti riportata in narrativa – in un’affermazione di principio, apodittica e smentita dagli stessi documenti prodotti dall’Amministrazione dai quali si evince che un’attività istruttoria e di concreto accertamento dei fatti addebitati all’incolpato fu promossa solo a partire dal 16 maggio 2006, e cioè dopo oltre un mese dalla notifica della lettera di contestazione degli addebiti: contestazione basata – come peraltro menzionato anche nel corpo del provvedimento impugnato – sulla "prima ricostruzione dei fatti…fornita dalla direttrice dell’albergo, terza e non parte nell’episodio in questione e, quindi, verosimile ed oggettiva".

Rebus sic stantibus se è giustificabile il lasso di tempo intercorso tra l’11.11.2005 (data cui risale l’ultimo dei comportamenti sanzionabili) ed il 30 novembre 2005 (data di ricezione da parte dell’amministrazione centrale dell’informativa trasmessa dall’Istituto superiore di Polizia), non è possibile dire altrettanto con riguardo al comportamento dilatorio dell’amministrazione centrale atteso che il foglio di contestazioni è stato redatto il 27.3.2006 (e cioè circa quattro mesi dopo) e notificato il successivo 4 aprile.

Né l’amministrazione ha in alcun modo giustificato in questo giudizio (la sua nota contro deduttiva si limita, laconicamente, a ritenere "la censura in conferente, atteso che l’amministrazione si è attenuta al consolidato orientamento giurisprudenziale che fa riferimento al criterio di ragionevolezza, attesi i tempi tecnici connessi al particolare caso in questione"), il ritardo inspiegabilmente maturato.

Il motivo in scrutinio si rivela pertanto fondato ed il ricorso, assorbiti gli ulteriori profili di doglianza, meritevole di accoglimento.

A differente epilogo deve pervenirsi con riguardo alla domanda risarcitoria contenuta nella parte finale del ricorso ed espressa nei seguenti testuali termini: "Voglia, Cod. Ecc.mo Tribunale….definire, infine, in via equitativa il risarcimento del danno subito dal dr. D.L.".

Detta domanda è, all’evidenza, carente non solo di prova ma, persino, di qualunque indizio relativo al danno che si assume sofferto, con accessiva infondatezza della stessa.

II)- Le spese di lite, attesa la peculiarità della controversia, possono essere compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

accoglie, come da motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento disciplinare con lo stesso impugnato.

Respinge la domanda risarcitoria contestualmente azionata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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