Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-05-2011) 11-10-2011, n. 36609 Circolazione stradale colpa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – C.C. è stata tratta a giudizio per rispondere del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di R.S..

Secondo l’accusa, l’imputata, trovandosi intorno alle ore 11,55 del (OMISSIS) alla guida della propria auto, avendo omesso di ridurre la velocità di marcia in prossimità di un passaggio pedonale segnalato con semaforo e posto all’intersezione tra la via (OMISSIS), percorsa dall’imputata, e la via (OMISSIS), ha investito il R. che detta strada stava attraversando a piedi.

2 – Con sentenza del 17 maggio 2005, il giudice monocratico del Tribunale di Catania ha ritenuto l’imputata colpevole del delitto contestato e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sull’aggravante contestata, l’ha condannata alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di mesi dieci di reclusione.

Il giudice del merito, precisato:

– che il tratto stradale teatro dell’incidente, oltre che del tracciato pedonale zebrato e della segnalazione colorata sulla sede stradale di tale tracciato, era dotato di impianto semaforico azionabile a chiamata manuale da parte dei pedoni in procinto di attraversamento;

– che non vi era in atti prova che il R. si fosse avvalso di detto impianto;

– che nessuno era stato testimone dell’incidente;

– che la stessa imputata non aveva mai fornito la propria versione dei fatti, essendo rimasta assente durante tutto l’iter processuale.

Tanto precisato, ha rilevato lo stesso giudice come la ricostruzione della dinamica del sinistro fosse affidata: a) ai rilievi planimetrici e fotografici effettuati sul posto dalla polizia municipale, b) all’esame dell’autovettura coinvolta nell’incidente, c) agli esiti delle indagini tecniche condotte dal perito, dott. L., e dal consulente di parte, geom. M.. Ha ancora precisato di avere appreso dai rilievi planimetrici che l’auto dell’imputata aveva lasciato due tracce di frenata, l’una, con la ruota destra, di m. 14,40, l’altra, con la ruota sinistra, di m.

8,90; nonchè, dagli accertamenti peritali, che la velocità dell’auto investitrice doveva stimarsi in 62,72 km orari, a fronte dei 49,70 stimati dal consulente dell’imputato.

Tanto accertato e precisato, dunque, il tribunale ha ritenuto che la responsabilità del sinistro doveva attribuirsi all’imputata in ragione della velocità eccessiva dalla stessa tenuta, comunque inadeguata, ove anche la si volesse individuare nei 49.74 kmh indicata dal consulente di parte ed ove anche volesse ritenersi che il pedone avesse attraversato la strada senza azionare l’impianto semaforico. In ogni caso, ha sostenuto il tribunale, l’imputata, nel percorrere una strada cittadina trafficata, in presenza di un attraversamento pedonale, avrebbe dovuto moderare la velocità per essere in grado di intervenire utilmente in caso di necessità. 3- Su appello proposto dall’imputata, la Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 9 aprile 2010, ha concesso il beneficio della non menzione della condanna ed ha, per il resto, confermato la sentenza del tribunale.

Anche il giudice del gravame ha ritenuto la C. responsabile dell’incidente, posto che tutti gli elementi probatori in atti, compresi gli elaborati tecnici del perito e del consulente di parte, avevano in sostanza evidenziato che l’auto della donna stava procedendo, al momento dell’incidente, ad una velocità che, pur non potendosi definire elevata, era comunque inadeguata alla situazione dei luoghi, particolarmente trafficati ed alla precaria visibilità.

La presenza di diversi segnali di pericolo costituiti dall’attraversamento zebrato pedonale, dalla preventiva segnalazione di tale tracciato e dalla presenza dell’impianto semaforico, avrebbero dovuto indurre l’imputata a procedere con la massima prudenza.

Anche in punto di trattamento sanzionatorio, la corte territoriale ha ritenuto che la pena inflitta dal primo giudice doveva ritenersi proporzionata alla gravità dei fatti.

4- Avverso tale decisione ricorre, per il tramite del difensore, C.C., che deduce:

a) Mancanza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, in punto di affermazione della responsabilità. La corte territoriale, si sostiene nel ricorso, si sarebbe notevolmente discostata dalla decisione del primo giudice poichè, diversamente da questo, che, richiamando il parere espresso dal perito, aveva basato il giudizio di condanna sull’eccessiva velocità (62,72 kmh) alla quale procedeva l’auto dell’imputata, la stessa corte ha invece sostenuto che le valutazioni del perito, così come quelle del consulente di parte, presentano caratteri di opinabilità, per cui superfluo doveva ritenersi il calcolo della velocità. Affermazione che la ricorrente ritiene contraddittoria, sia con quanto in proposito affermato dal giudice di primo grado, sia con la premessa contenuta nella stessa sentenza impugnata, laddove il giudice del gravame ha affermato di condividere le argomentazioni della sentenza di primo grado. Per superare la contraddittorietà del proprio argomentare, la corte del merito ha finito con il fondare il giudizio di responsabilità dell’imputata non sulla violazione di una specifica regola cautelare, ma sulla inadeguatezza della velocità dell’auto rispetto alla situazione dei luoghi. Lo stesso giudice del gravame, peraltro, avrebbe inserito nella motivazione circostanze mai emerse agli atti, come il lampeggiare del colore giallo del semaforo pedonale se non attivato.

In sostanza, le incertezze e le incongruenze motivazionali sarebbero tali da poter sostenere che la responsabilità della C. è stata affermata sulla base di una sorta di responsabilità oggettiva, certamente collidente con il principio dell’ "oltre ogni ragionevole dubbio";

b) Vizio di motivazione in punto di comparazione delle circostanze e di omesso giudizio di prevalenza, rispetto all’aggravante contestata, delle attenuanti generiche già concesse.

Motivi della decisione

1- Il ricorso è infondato.

A) Inesistenti sono i vizi motivazionali dedotti con il primo motivo di ricorso.

Deve, in proposito, osservarsi che questa Corte ha costantemente affermato che il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede di legittimità, sussiste allorchè il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l’iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. Il vizio è altresì presente nell’ipotesi in cui dal testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.

Orbene, nel caso di specie le censure mosse dalla ricorrente si rivelano del tutto infondate, inesistenti essendo, in realtà, i contrasti rilevati tra i giudici di primo e di secondo grado e le dedotte contraddizioni della motivazione della sentenza impugnata.

Inesistenti i contrasti, posto che ambedue i giudici del merito hanno sostenuto che l’incidente era stato determinato dalla inadeguata condotta di guida dell’imputata, in particolare, dalla inappropriata velocità alla quale procedeva l’auto dalla stessa condotta, in considerazione dello stato dei luoghi e dell’intenso traffico veicolare. Proprio in ragione di ciò, hanno legittimamente sostenuto i giudici del gravame come poco rilevasse stabilire se l’auto investitrice procedesse, secondo le divergenti valutazioni del perito e del consulente dell’imputata, a poco più di 62 o a poco più di 49 chilometri orari, poichè, in ogni caso, la condotta di guida e la velocità tenuta dalla C. dovevano ritenersi non adeguate nè prudenziali, in relazione ai luoghi ed all’intenso traffico, e non rispettose della triplice segnalazione di pericolo connessa alla presenza del passaggio pedonale, sul quale stava transitando il R. allorchè è stato travolto dall’auto dell’imputata.

Condizioni e segnalazioni che, ha coerentemente rilevato la corte territoriale, avrebbero dovuto indurre la C. a procedere con maggior prudenza, a ridurre la velocità per esser pronta ad interventi di emergenza, ove anche determinati da condotte imprudenti altrui.

Valutazioni e considerazioni pienamente condivisibili, caratterizzate da un iter argomentativo del tutto coerente sotto il profilo logico, che hanno correttamente individuato, senza margini di dubbio, nell’inadeguata velocità del veicolo condotto dall’ imputata, la causa del mortale incidente e che non risultano per nulla contraddette dalle osservazioni svolte nei motivi di ricorso, nè in contrasto con quanto sostenuto dal giudice di primo grado.

Quest’ultimo, invero, ha svolto considerazioni del tutto analoghe, laddove, dopo avere indicato le ragioni per le quali riteneva più corretto il calcolo della velocità eseguito dal perito, ha ugualmente rilevato come, ove anche dovesse prendersi in considerazione la velocità calcolata dal consulente dell’imputata, comunque dovesse ritenersi ravvisarle la violazione, da parte della C., delle regole di diligenza e di prudenza che il conducente di un veicolo deve rispettare; quali quelle di procedere a velocità moderata nei centri urbani, di ridurre la stessa in prossimità di passaggi pedonali, di accertare la presenza di pedoni che interferiscano sulla marcia del veicolo anche laddove per essi non sia previsto un diritto di precedenza rispetto al transito veicolare.

E dunque, anche una velocità vicina ai 50 km orari, doveva ritenersi, secondo lo stesso giudice di primo grado, eccessiva ed incauta in quanto non idonea a garantire il controllo del mezzo e l’immediato arresto dello stesso in presenza di un ostacolo facilmente prevedibile; come certamente era un pedone intento ad attraversare la strada sullo spazio allo stesso riservato, e ciò anche nel caso in cui volesse ritenersi che, nel caso di specie, il pedone avesse omesso di azionare il tasto di "chiamata" del "verde".

Considerazioni ed osservazioni che, dunque, per nulla si discostano dalle argomentazioni con le quali il giudice del gravame ha motivato la decisione impugnata, donde la manifesta inesistenza del dedotto contrasto tra le due sentenza di merito. Mentre, alla stregua di quanto sopra rilevato, nulla rilevano, ove anche realmente esistenti, eventuali errate descrizioni dei luoghi da parte del giudice, con riguardo alla presenza di preventive segnalazioni del passaggio pedonale ed al costante lampeggiare con luce gialla del semaforo pedonale, pur non attivato.

B) Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, avendo la corte territoriale indicato, sia pure in maniera sintetica, le ragioni per le quali equa deve ritenersi la pena inflitta dal primo giudice e non condivisibile il proposto giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche sulla contestata aggravante.

2- Il ricorso deve essere, dunque, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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