T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 11-11-2011, n. 8707 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto (n. 9547/2010) la sig. A.K., cittadina della Sierra Leone, residente a Roma, ha adito questo Tribunale per l’annullamento del provvedimento del Questore di Viterbo con il quale è stato ordinato il suo rimpatrio con foglio di via obbligatorio per Roma, suo luogo di residenza, con divieto di fare ritorno nel Comune di Orte (VT) per tre anni, senza la preventiva autorizzazione.

Avverso tale provvedimento la ricorrente deduce:

a) Eccesso di potere, difetto di motivazione, falsa ed erronea applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 1423/1956 e degli artt. 2 e 3 della legge n. 327/1988, a causa dell’omessa indicazione delle ragioni per le quali la ricorrente è stata ritenuta socialmente pericolosa, non essendovi alcuna corrispondenza tra le categorie di soggetti enunciate nell’art. 1 della legge n. 1423/1956 e la pericolosità per la sicurezza pubblica di cui al successivo art. 2.

b) Violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, per violazione del principio del giusto procedimento ed in considerazione della coincidenza della data di comunicazione di avvio del procedimento con quella di notificazione del susseguente provvedimento, oggetto della presente impugnativa.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso la sig.ra K. lamenta che il provvedimento avrebbe omesso di indicare le specifiche ragioni per le quali è stata ritenuta socialmente pericolosa, non essendovi alcuna corrispondenza tra le categorie di soggetti enunciate nell’art. 1 della legge n. 1423/1956 e la pericolosità per la sicurezza pubblica di cui al successivo art. 2.

Orbene, osserva il Tribunale che l’art. 1 della citata legge n. 1423/1956 espressamente individua le categorie di soggetti destinatarie dei provvedimenti menzionati nell’art. 3, ricomprendendovi: 1) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; 2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita si ritenga vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; 3) coloro che per il loro comportamento debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Ai sensi del successivo art. 2, qualora le persone indicate nell’articolo precedente siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate.

Rileva il Collegio che dal provvedimento impugnato emerge che: la ricorrente risulta gravata da precedenti di polizia per violazione delle norme sul soggiorno in Italia; che la stessa è stata denunciata dal Comando Carabinieri di Orte, poichè ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 627 c.p. per atti osceni compiuti in tale cittadina, nonché riconosciuta quale persona più volte notata in luoghi presso i quali si esercita la prostituzione; che trattasi di persona nei cui confronti, a salvaguardia della sicurezza e moralità pubblica, si impone i provvedimento di rimpatrio presso il luogo di residenza o dimora.

Nel caso di specie, appare evidente, in considerazione dei fatti alla medesima contestati, con specifico riferimento al fenomeno della prostituzione ed alla presenza della ricorrente presso i luoghi ove tale attività si esercita, che la categoria di persone in cui è stata ritenuta ricompresa la ricorrente altro non può che ritenersi quella di cui all’art. 1, n. 3 della legge n. 1423/56, cioè le persone dedite "alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica", e che, dunque, commettono reati atti ad offendere la moralità pubblica e il buon costume, o la tranquillità pubblica.

Ciò premesso, con riguardo al dedotto difetto di motivazione per mancata rappresentazione delle ragioni per le quali la ricorrente è stata considerata appartenente ad una delle categorie di cui all’art. 1 della legge n. 1423/1956, nonchè persona socialmente pericolosa, il Collegio ritiene che lo stesso sia infondato soprattutto tenuto conto dell’ulteriore presupposto, indicato nel provvedimento gravato, inerente le specifiche segnalazioni dei Sindaci di Orte e Bassano in Teverina su "le problematiche di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica determinate anche dall’attività di prostituzione posta in essere nei loro Comuni da donne extracomunitarie che con la loro condotta ponendosi al centro della carreggiata al fine di adescare i clienti, creano turbative alla circolazione stradale".

Pertanto, ritenuta l’appartenenza della ricorrente ad una delle categorie di soggetti inclusa nell’art. 1 n. 3, in quanto ripetutamente notata dalle forze dell’ordine presso luoghi nei quali si esercita la prostituzione, e considerata la pericolosità per la pubblica incolumità connessa alle modalità di esercizio dell’attività della prostituzione, mediante stazionamento delle prostitute al centro della careggiata stradale al fine di proporsi ai clienti automobilisti con il concreto rischio di provocare incidenti stradali, il Collegio ritiene infondato il vizio di legittimità prospettato dalla Difesa della parte ricorrente.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, essendosi provveduto in pari data, sia a notificare alla ricorrente sia la comunicazione di avvio del procedimento, sia ad adottare il provvedimento che ha disposto nei suoi confronti il rimpatrio con fogli di via obbligatorio.

Emerge per tabulas che la stessa Questura di Viterbo nel provvedimento da conto di aver notificato alla ricorrente l’avviso di avvio del procedimento nella stessa data in cui ha effettivamente adottato il relativo provvedimento (14 ottobre 2010) e che tale avviso ha ammesso la presentazione da parte della ricorrente di memorie e scritti difensivi entro il termine di dieci giorni, con menzione del termine di conclusione del procedimento ravvisato in 90 giorni dalla notifica di tale comunicazione.

Ciò premesso, il Collegio osserva che il giudice amministrativo ha ripetutamente affermato l’insussistenza dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990, ai fini dell’emanazione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio qualora, per esigenze di sicurezza e di ordine pubblico, ricorra la necessità di provvedere all’immediato allontanamento del soggetto giudicato pericoloso, e che tale principio, è stato costantemente ritenuto applicabile a tutti quei provvedimenti amministrativi adottati a tutela dell’ordine pubblico (in tale senso C. Stato, Sez. VI, 19.6.2008, n. 3079; Sez. VI, 22.4.2008, n. 1841; Sez. VI, 7.2.2007, n. 509; T.A.R. Salerno, Sez. I, 18.4.2006, n. 510;).

La comunicazione di avvio del procedimento può essere, dunque, omessa per ragioni di urgenza, trattandosi di un provvedimento adottato nei confronti di persone pericolose per la sicurezza pubblica, le quali se non allontanate dal luogo in cui operano, con elevata probabilità possono continuare a delinquere, compromettendo ulteriormente la pacifica convivenza dei cittadini o la sicurezza della collettività.

Osserva il Collegio che il suesposto orientamento risulta essere in linea con quanto affermato anche dalla Suprema Corte di Cassazione (Sez. I penale, 4.3.2009, n. 13002), secondo cui l’obbligo di comunicazione all’interessato, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, dell’avvio del procedimento per l’emanazione del provvedimento del questore di rimpatrio con foglio di via obbligatorio non sussiste qualora, per esigenze di sicurezza e d’ordine pubblico, ricorra la necessità di provvedere all’immediato allontanamento del soggetto giudicato pericoloso, coincidendo in tal caso l’avvio del procedimento amministrativo con l’emanazione del provvedimento di rimpatrio.

Ebbene, il Collegio ritiene non affetto dal paventato vizio di legittimità il provvedimento del Questore di Viterbo, pur nella singolarità della coincidenza tra la data dell’avviso di avvio del procedimento e quella di adozione del provvedimento gravato, sul presupposto di una necessitata ed immediata esigenza di tutela della sicurezza pubblica e degli interessi ulteriori pubblici coinvolti di cui si è fatta carico l’Amministrazione, poiché concretamente pregiudicati dalle modalità di esercizio della prostituzione nei Comuni della zona con rischio effettivo di incidenti stradali anche gravi.

Pertanto, per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto, con compensazione delle spese e degli onorarti di giudizio in ragione della peculiarità della fattispecie in esame.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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