T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 11-11-2011, n. 8706

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto (n. 8253/2007) il sig. A.D.D., già collaboratore di giustizia, ammesso al programma speciale di protezione nell’anno 2005, ha adito l’intestato Tribunale per l’annullamento della deliberazione, in epigrafe indicata, con cui è stata disposta la revoca di tale programma, in precedenza adottato dalla Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82/1991, su proposta della referente Procura della Repubblica di Catanzaro.

2. Espone di aver reso nell’ambito di un processo penale instaurato presso la Procura della Repubblica di Catanzaro dichiarazioni nei confronti di alcuni malavitosi accusati del reato di strage e di aver incontrato casualmente presso la località protetta di sua destinazione presso cui risiedeva, assieme alla propria famiglia, il sig. S., anch’egli pentito e coimputato nello stesso processo penale, in quanto appartenente alla stessa organizzazione criminale ed assegnato in regime di protezione presso la medesima località.

3. Espone di essere stato oggetto di ripetute vessazioni da parte del sig. S. il quale lo ha costretto a continue elargizioni di denaro e di non aver segnalato fin da subito tali accadimenti alla competente Autorità giudiziaria, temendo a tale riguardo di poter essere soggetto ad un mutamento di sede protetta, che a suo dire sarebbe risultato pregiudizievole per sua figlia, già soggetta a terapia psichiatrica infantile.

4. Riferisce di essere stato querelato dallo stesso sig. S. per le affermazioni rese nei suoi confronti e che quest’ultimo nel corso del predetto giudizio penale, ha proceduto a screditare la non veridicità dei contributi e delle informazioni sull’attività delle organizzazione criminale cui apparteneva, forniti all’Autorità giudiziaria, nel corso dell’attività di collaborazione.

5. Avverso il provvedimento, nell’epigrafe indicato, il sig. D.D. lamenta:

a) che il decreto della Commissione centrale ex art. 10 avrebbe acriticamente recepito l’istanza della Direzione Nazionale Antimafia di revocare il programma di protezione, senza considerare che quest’ultima si era precedentemente espressa favorevolmente in ordine alla sottoposizione del ricorrente a tale programma;

b) che alcuna responsabilità può essere a lui riferita in relazione agli incontri avuti con altro appartenente all’organizzazione criminale, in quanto fortuiti e non voluti;

c) di essere stato oggetto di dichiarazioni rese nei suoi riguardi dal sig. S. per finalità e vantaggi personali.

Motivi della decisione

Con il presente ricorso il sig. D.D., collaboratore di giustizia ammesso al programma di speciale di protezione a far data dal 2.12.2005, chiede l’annullamento del provvedimento della Commissione centrale di cui all’art. 10 della legge n. 82/1991, in epigrafe indicato, con il quale è stata disposta la revoca del programma speciale di protezione già adottato nei riguardi suoi e del suo nucleo familiare.

Deduce, in primo luogo, l’illegittimità del provvedimento oggetto di gravame, poiché adottato dalla Commissione centrale in modo acritico e senza alcuna autonoma valutazione, riguardo alla proposta di revoca del programma di protezione avanzata dalla Direzione Nazionale Antimafia.

Deduce, inoltre, sotto altro profilo che il decreto di revoca sarebbe stato adottato sulla base di asserzioni di parte rese, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale instaurato anche a suo carico, da altro pentito appartenente alla sua stessa organizzazione criminale al precipuo fine di trarre un vantaggio personale.

Le doglianze del ricorrenti non sono suscettibili di positiva definizione e, pertanto, il ricorso deve essere respinto.

Il Collegio, al fine del decidere, ritiene di dover procedere ad una ricognizione del quadro normativo vigente in materia.

Giova premettere che con decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82 sono state introdotte disposizioni in materia di protezione di pentiti e di collaboratori di giustizia.

Ai sensi dell’art. 9 della citata legge n. 82 del 1991, sono state previste speciali misure di protezione in favore di soggetti che collaborano con la giustizia, idonee ad assicurarne la loro incolumità ed in alcuni casi la loro assistenza.

Tali misure devono applicarsi allorquando emerga l’inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza, e nei casi in cui i soggetti nei cui confronti esse sono proposte versino in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione.

Sul punto specifico del peso e della qualità della collaborazione resa, ai fini dell’ammissione al programma di protezione, occorre rammentare che il comma 3 del succitato art. 9 della legge n. 82 del 1991, prevede che "assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristicoeversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni".

Anche ai sensi del D.M. n. 161 del 2004, recante "Regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni" (art. 3) già la stessa proposta di adozione delle misure speciali di protezione deve contenere l’indicazione degli elementi da cui si desume che le dichiarazioni hanno carattere di intrinseca attendibilità, nonché, con riferimento specifico ai collaboratori della giustizia, di novità o di completezza.

Il successivo articolo 11 della succitata legge n. 82/1991 dispone che la definizione e l’applicazione delle speciali misure di protezione è affidata ad una apposita Commissione centrale presso il Ministero dell’interno che definisce, a norma dell’art. 13 (comma 4) il contenuto delle anzidette misure che può essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall’adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonché dal ricorso, nel rispetto delle norme dell’ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti. Secondo il prospettato quadro normativo, l’ammissione alle speciali misure di protezione, i contenuti e la relativa durata sono deliberati, dunque, dalla succitata Commissione centrale su proposta formulata dal procuratore della Repubblica il cui ufficio procede e ha proceduto su fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave pericolo (art. 11).

Sempre a norma dell’art. 13, commi 1 e 4, in casi di particolare gravità, la Commissione centrale ex art. 10 delibera, anche senza particolari formalità ed entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione, il cui provvedimento cessa di avere effetto se decorsi centottanta giorni, l’autorità legittimata a formulare la proposta di cui all’art. 11, ossia di ammissione alle speciali misure di protezione, non abbia provveduto a trasmetterla e la commissione non abbia deliberato sulle speciali misure di protezione.

Giova, altresì, rilevare, ex artt. 9, comma 4 e 13, comma 5, che ove le speciali misure di protezione di cui al medesimo art. 13, comma 4 non risultino adeguate alla gravità ed all’attualità del pericolo, le stesse possono essere applicate mediante la definizione di uno speciale programma di protezione che in alcune condizioni può comportare anche il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità.

1.2 Con il primo motivo di doglianza il sig. D.D. lamenta che il decreto della Commissione centrale ex art. 10, avrebbe acriticamente recepito l’istanza della Direzione Nazionale Antimafia di revocare il programma di protezione, senza considerare che quest’ultima si era precedentemente espressa favorevolmente in ordine alla sottoposizione del ricorrente a tale programma.

La censura è priva di pregio.

A tale riguardo, il Collegio osserva che il provvedimento odiernamente impugnato risulta fondarsi su specifica valutazione svolta dalla Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82/1991, nell’ambito della sua attività di verifica, a norma dell’art. 13 quater, commi 2 e 3 di tale legge, concernente sia la condotta adottata dal ricorrente successivamente alla sottoposizione al programma speciale di protezione, sia la veridicità ed attendibilità dell’apporto collaborativo reso nel corso dei procedimenti penali instaurati a suo carico presso la Corte d’Assise di Catanzaro.

In particolare, occorre rilevare che la condotta del sig. D.D., susseguentemente alla sottoposizione al programma di protezione, risulta caratterizzata da una serie di incontri avuti dallo stesso ricorrente con l’altro collaboratore di giustizia innanzi richiamato, il quale è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere dalla Corte d’Appello di Catanzaro I Sezione penale, per ritrattazione di precedenti dichiarazioni. Quest’ultimo ha sostenuto, invero, di aver concordato le dichiarazioni auto ed etero accusatorie proprio con l’odierno ricorrente, coimputato nello steso processo penale.

In relazione alla specifica condotta del ricorrente, emerge, inoltre, che la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro con nota del 14 maggio 2007 ha rilevato "gravissime irregolarità" caratterizzanti il suo percorso collaborativo, in virtù delle dichiarazioni rese nell’ambito di un ulteriore procedimento penale comprovanti un comportamento processuale del sig. D.D. frutto di preventivi accordi con altro collaboratore di giustizia.

Orbene, le riferite condotte ascrivibili al sig. D.D. sono state legittimamente ritenute dalla Commissione centrale ex art. 10, contrarie ai doveri connessi al proprio status di sottoposto a programma speciale di protezione, in quanto palesemente contrarie ai profili di correttezza e lealtà processuale posti a fondamento degli obblighi sanciti dallo stesso art. 12, comma 2, lett. b) della legge n. 82 del 1991, ossia degli specifici impegni assunti dal ricorrente all’atto della sua sottoposizione al programma speciale di protezione. Trattasi, dunque, di specifici presupposti che hanno modificato la situazione fattuale in virtù della quale il ricorrente era stato precedentemente ammesso al programma speciale di protezione.

L’esplicazione di tale potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il mantenimento delle misure di protezione e la potestà di revoca dei benefici in precedenza assentiti, risulta espressamente conferito dalla legge n. 82 del 1991, art. 13 quater alla Commissione centrale, in presenza di un mutamento delle condizioni che ne avevano giustificato l’adozione, ossia riguardo al caso di specie, in presenza di condotte giudicate dalla stessa Autorità giudiziaria competente contrarie allo status di collaboratore.

Occorre rilevare, infine, che il provvedimento di revoca del programma di protezione risulta fondato su una puntuale ed articolata verifica dell’intervenuta insussistenza dell’attendibilità e della veridicità dell’apporto collaborativo reso dal sig. D.D., nonché dal mancato rispetto degli obblighi e degli impegni previsti dall’art. 12 della succitata legge.

2. Con il secondo motivo di ricorso il sig. D.D. deduce che alcuna responsabilità sarebbe a lui ascrivibile riguardo agli incontri avuti con altro appartenente all’organizzazione criminale, in quanto fortuiti e non da lui voluti.

La doglianza è priva di pregio.

Deve osservarsi, a tale proposito, che lo stesso preambolo del provvedimento oggetto di gravame indica che il ricorrente, a seguito degli incontri intervenuti con altro collaboratore di giustizia presso la località protetta di sua destinazione, ha violato gli impegni connessi all’assunzione del programma di protezione, dovendosi, nello specifico ritenere smentita l’asserita non ascrivibilità di tali incontri alla volontà del sig. D.D., tenuto conto dei ripetuti e numerosi contatti ed incontri avvenuti con l’altro collaboratore di giustizia.

Rileva, altresì, in Collegio che significativa valenza assume il rifiuto espresso dal ricorrente medesimo sulla proposta di trasferimento presso altra sede in virtù dei riferiti incontri, e che questo configura il mancato rispetto degli impegni e degli obblighi ex art. 12 della legge n. 82/1991.

A tale riguardo, osserva il Collegio che, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la revoca del programma di protezione può essere disposta in considerazione della violazione degli obblighi comportamentali assunti con la sottoscrizione del programma e della condotta complessivamente tenuta dal soggetto protetto in fase di attuazione del programma di protezione, previa adeguata indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche ad essa sottese (C. Stato, Sez. VI, 29.4.2009, n. 2541; TAR Lazio, Sez. I 5.12.2006, n. 13889)

Osserva, infine, che le riferite circostanze fattuali e le ragioni giuridiche sottese al provvedimento con cui è stata disposta la revoca del programma speciale di protezione costituiscono legittimo presupposto per l’esercizio del potere dell’Amministrazione a provvedere ai sensi dell’art. 13 quater, della legge n. 82/1991, dovendosi ritenere prive di decisiva valenza le dichiarazioni che il ricorrente assume siano state rese dal sig. S., ossia dall’altro collaboratore di giustizia, per proprie finalità e vantaggi personali.

Ne discende, che il ricorso deve essere respinto.

Nulla per le spese e gli onorari di giudizio, stante la mancata costituzione dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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