Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-05-2011) 11-10-2011, n. 36606

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – C.G.A., presidente della cooperativa "Archimede", società esecutrice dei lavori di sfalcio erba e sterpaglie per conto dell’Anas, e Ch.Ro., conducente del trattore impiegato per i lavori, propongono ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, del 10 giugno 2010, che ha confermato la sentenza del giudice monocratico del locale tribunale, dell’11 gennaio 2006, che li ha ritenuti colpevoli del delitto di incendio colposo e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, li ha condannati alla pena, dichiarata condizionalmente sospesa, di sei mesi di reclusione ciascuno.

Nel ricostruire i fatti, la corte territoriale ha rilevato che l’incendio si era innescato dalle scintille provocate dal decespugliatere manovrato dal C., che si era propagato per 40 ettari e che per domarlo era stato necessario l’impiego di diverse squadre di operatori antincendio il cui intervento si era protratto per circa un’ora.

Avverso tale decisione propongono ricorso i due imputati che, congiuntamente, per il tramite del comune difensore, deducono: a) Vizio di motivazione della sentenza impugnata per travisamento dei fatti, laddove i giudici del gravame hanno sostenuto che le fiamme si erano propagate su 40 ettari di terreno, mentre la superficie interessata era di soli 4.000 mq; b) Violazione di legge, conseguente al denunciato travisamento, in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, posto che, per aversi un incendio occorre un fuoco di vaste proporzioni che tenda ad espandersi e che non possa facilmente essere domato; tale non potendosi ritenere, a giudizio dei ricorrenti, quello oggetto del presente procedimento che non ha arrecato alcun danno, nè avrebbe potuto provocarne in vista dello stato dei luoghi.

Motivi della decisione

1- Osserva la Corte che, non ravvisandosi ragioni di inammissibilità dei motivi di doglianza proposti dai due ricorrenti, il reato agli stessi ascritto deve dichiararsi estinto per prescrizione.

Accertato, invero, che l’evento oggetto di esame si è verificato il 23 giugno 2003 e che, avuto riguardo alla pena prevista per il delitto contestato, come ritenuto dai giudici del merito, il termine massimo di prescrizione è, ai sensi dell’art. 157 c.p. (sia per l’attuale che per la previgente normativa), nella sua massima estensione, di sette anni e sei mesi, ne discende che il termine in questione è interamente trascorso fin dal 23 dicembre 2010.

D’altra parte, le coerenti argomentazioni svolte dalla corte territoriale nella sentenza impugnata escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, posto che, dall’esame di detta decisione e dei motivi di ricorso proposti, non solo non emergono elementi di valutazione idonei a riconoscere la prova evidente della insussistenza del fatto contestato agli imputati o della loro estraneità ad esso, ma sono rilevabili valutazioni di segno del tutto opposto, conducenti alla responsabilità degli stessi.

2- La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata senza rinvio, essendo rimasto estinto per prescrizione il reato ascritto agli odierni ricorrenti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza perchè il reato addebitato è estinto per intervenuta prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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