Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-03-2012, n. 4451 Servitù coattive di passaggio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24 settembre 1998, i sigg.

I.G., I.L., G.L., S. G., S.D. e S.S., dopo aver premesso di essere comproprietari e compossessori di un terreno sito nel Comune di (OMISSIS), iscritto nel N.C.T. al foglio 1, particelle nn. 303, 304, 402, 88, 305 e 306 (originariamente particelle nn. 88 e 89), deducevano di essere titolari di un diritto di servitù di passaggio sul fondo iscritto ai nn. 90 e 220, di proprietà del sig. F.M., rappresentando che tale servitù insisteva su una strada corrente sulla parte del fondo del convenuto prossima alla sponda del torrente (OMISSIS) e che aveva consentito già ai loro danti causa (per effetto di convenzioni intercorse nel 1900 e nel 1916 oltre che della vendita del 24 aprile 1921 relativa al fondo dominante in favore di I. L.) di accedere alla contigua via pubblica. Pertanto, in virtù della circostanza che una volta divenuto proprietario del fondo servente il sig. F.M. nel 1972 l’esercizio della suddetta servitù era stato loro inibito e che era stata esperita con esito negativo un’azione possessoria per tutelare il possesso della menzionata servitù, convenivano in giudizio dinanzi al Pretore di L’Aquila il predetto F.M. al fine di conseguire una pronuncia dichiarativa dell’esistenza della dedotta servitù di passaggio pedonale e carrabile. Nella costituzione dell’indicato convenuto, il Tribunale di L’Aquila (in cui era confluita la soppressa Pretura per effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51 del 1998), con sentenza n. 520 del 2005 rigettava la domanda.

Interposto appello da parte di I.G., I.L., G.L., S.G., S.D. e S. S. (le ultime due quali eredi di I.E.), nella resistenza dell’appellato (che proponeva, a sua volta, appello incidentale condizionato), la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 92 del 2010 (depositata l’8 febbraio 2010), respinto il gravame incidentale del F., accoglieva, per quanto di ragione, quello principale e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata (che si confermava con riferimento al rigetto della domanda risarcitoria), dichiarava ed accertava l’esistenza del diritto di servitù di passaggio pedonale e con mezzi meccanici acquisita dagli appellanti principali per usucapione sul fondo del F., ordinando a quest’ultimo di rimuovere gli ostacoli impeditivi all’esercizio della riconosciuta servitù di passaggio e a provvedere, conseguentemente, al ripristino dell’originario stato dei luoghi; quanto alle spese, la Corte abruzzese compensava tra le parti un terzo di esse e condannava l’appellato F. alla rifusione, in favore degli appellanti principali, dei due terzi delle spese del doppio grado di giudizio.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale ravvisava che, sulla scorta degli accertamenti acquisiti nel giudizio di prime cure, era emersa la prova dell’esistenza del tracciato e dell’intervenuto acquisto per usucapione in capo agli appellanti principali del diritto di servitù di passaggio dedotto in controversia, che non poteva considerarsi estinto per una durata ventennale come prescritto dagli artt. 1073 e 1074 c.c. poichè il relativo termine era stato idoneamente interrotto, ai sensi dell’art. 2943 c.c., dall’instaurazione del procedimento possessorio per effetto della proposizione del ricorso notificato il 7 gennaio 1989 al F. (e che aveva come oggetto anche la richiesta di declaratoria della sussistenza della servitù) ed avendosi riguardo, quale "dies a quo", alla data del 21 febbraio 1972, coincidente con quella in cui l’originario convenuto aveva acquistato il fondo servente, senza trascurare che, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza in ambito possessorio sopravvenuta il 12 aprile 1995, era ricominciato a decorrere un nuovo termine di prescrizione, a sua volta tempestivamente interrotto per effetto della proposizione della domanda di accertamento, in sede petitoria, dell’esistenza della stessa controversa servitù.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione il F.M., articolato in otto motivi, al quale hanno resistito con controricorso i soli intimati G.L. e I.L., mentre gli altri non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1142 e 1146 c.c., assumendo che la Corte territoriale aveva dato un’interpretazione errata del citato art. 1142 c.c., avendo individuato un "dies a quo" (identificato nella data del 24 aprile 1921, giorno in cui i danti causa degli attori avevano acquistato il possesso della controversa servitù di passaggio a partire dell’acquisto del fondo con atto pubblico) ed un "dies ad quem" (riconosciuto nel giorno della "perdita di tale possesso alla data tra il 1972 ed il 1975"), senza avvedersi che quest’ultimo, lungi dall’essere attuale, si collocava tra i 13 e 16 anni prima dell’atto introduttivo del giudizio.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto il vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avuto riguardo alla circostanza – già denunciata con la prima doglianza – circa l’insussistenza dell’attualità del possesso all’atto dell’instaurazione del giudizio per l’accertamento della titolarità della servitù di passaggio.

2.1. I primi due riportati motivi – che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi – sono infondati e vanno, perciò, rigettati.

Diversamente dalla (irrilevante) prospettiva del ricorrente la Corte territoriale (con motivazione congrua e logica, donde l’insussistenza del dedotto vizio motivazionale) ha chiarito come, nella fattispecie, fosse stato accertato (e ciò era scaturito anche dalla sentenza di primo grado) indiscutibilmente che gli appellanti principali, come pure i loro danti causa, avessero acquistato per intervenuta usucapione il diritto di servitù di passaggio dedotto in giudizio a favore del loro fondo intercluso ed a carico di quello di proprietà dell’odierno ricorrente alla stregua delle modalità rimaste comprovate ed avendo riguardo al tracciato descritto dai testimoni puntualmente escussi (e coincidente con quello risultanti dai titoli presupposti richiamati in narrativa), in virtù di un corrispondente potere di fatto equivalente ad un idoneo possesso esercitato dal dante causa degli originar attori (poi appellanti principali) e da questi ultimi (con la conseguente congiunzione tra i due possessi) e perdurato per oltre venti anni, ovvero a far data almeno dal 1921 (epoca di stipula dell’atto pubblico di acquisto del fondo dominante da parte di I.L., appunto dante causa degli stessi appellanti principali) e fino agli inizi degli anni settanta dei secolo scorso, allorquando il F. aveva acquistato il fondo servente, ponendo in essere successivamente un’attività asseritamente comportante lo spoglio del possesso di detta servitù.

Così ragionando la Corte territoriale non è incorsa nella supposta violazione degli artt. 1142 e 1146 c.c., poichè, per un verso, l’attualità del possesso (in capo ai medesimi appellanti principali) ai fini dell’acquisto per usucapione del relativo diritto andava relativizzata con riferimento al momento dell’accertamento del compimento del periodo utile complessivo a tal titolo (prima che intervenisse la condotta spoliativa del F.) e, per altro verso, era stata fatta corretta applicazione della presunzione del possesso intermedio e della continuità del possesso tra dante causa e successori ai sensi del menzionato art. 1146 c.c., senza che fosse stata fornita alcuna prova in senso contrario (il cui relativo onere incombeva sul F.: cfr. Cass. n. 6591 del 1986 e, più recentemente, Cass. n. 17322 del 2010, ord.), essendo, anzi, rimasta avvalorata in giudizio la prova positiva di tale circostanza alla stregua delle univoche deposizioni testimoniali assunte sul punto (cfr. pagg. 4 e 5 della motivazione della sentenza impugnata).

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 1140 c.c., avuto riguardo al mancato riscontro, da parte della Corte territoriale, che, all’atto di acquisto del fondo da parte del dante causa degli appellanti principali (avvenuto nel 1921), lo stesso avesse effettivamente acquistato anche il possesso della relativa servitù di passaggio dedotta in controversia.

3.1. Anche questa doglianza è priva di fondamento poichè la Corte abruzzese, con motivazione diffusa e scevra da vizi logici (v. pag. 5 della sentenza), al fine dell’accertamento della contestata circostanza, ha idoneamente provveduto a richiamare il contenuto degli atti pubblici di trasferimento della titolarità del diritto di proprietà riguardante il fondo dominante ponendo in risalto come l’esistenza e lo stesso esercizio del potere di fatto corrispondente alla servitù di passaggio controversa, oltre ad essere rimasti comprovati (come già riferito in sede di esame dei primi due motivi) dalle emergenze della prova orale, fossero risultati anche dagli atti di alienazione dei diritti di proprietà sui fondi servente e dominante, nei quali, infatti, si era posto espresso riferimento alla costituita servitù di passaggio.

4. Con il quarto motivo il ricorrente ha denunciato il vizio di contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, avuto riguardo alla circostanza del pregresso esercizio del possesso da parte dei danti causa degli appellanti principali e della sua continuazione da parte di questi ultimi.

4.1. Anche questa censura non coglie nel segno. La Corte territoriale, adottando una motivazione del tutto adeguata rispetto all’accertamento di fatto contestato, ha dato compiutamente atto che, dagli esiti istruttori scaturiti dal giudizio di primo grado (contrariamente a quanto prospettato dal F.), si era potuto univocamente evincere che gli appellanti principali, come pure i loro danti causa, avevano utilizzato a lungo – e sicuramente per il tempo necessario ad acquistare il relativo diritto per intervenuta usucapione – il percorso sul quale veniva esercitato il passaggio, identificato senza incertezza dai testimoni escussi anche con riferimento alle risultanze emergenti dalla planimetria dei luoghi prodotta agli atti del giudizio (mostrata agli stessi testi).

5. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento all’assunta mancata valutazione dell’individuazione certa del percorso relativo alla contestata servitù di passaggio in relazione alle risultanze dei relativi documenti di provenienza, soprattutto in ordine al raffronto tra il tracciato riportato nella scrittura privata del 1900 e quello riportato nella planimetria sottoposta alla verifica testimoniale, al quale aveva posto riguardo il successivo atto di trasferimento.

5.1. Anche questa doglianza non è meritevole di pregio perchè, lungi dall’omettere l’evidenziazione del suo percorso motivazionale, la Corte territoriale ha sufficientemente giustificato il suo ragionamento a sostegno della decisione adottata, dando atto che, all’esito della fase istruttoria espletata in primo grado sulla base delle prove costituende valutate congiuntamente alle risultanze dei conferenti documenti acquisiti, era emerso che il tracciato della servitù di passaggio costituita contrattualmente in origine e concretamente esercitato dagli appellanti principali e dai loro danti causa era unico, non essendovi altra possibilità di accesso alla pubblica via dal fondo dominante, da ritenersi, perciò, intercluso.

6. Con il sesto motivo il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 1073 c.c., sul presupposto che non poteva giustificarsi come il ricorso del 1989 (con il quale gli appellanti principali avevano esercitato l’azione di spoglio del possesso nei confronti dello stesso F., chiedendo contestualmente l’accertamento dell’esistenza della servitù) si sarebbe dovuto ritenere idoneo ad impedire la prescrizione della servitù asseritamente usucapita, quando nulla consentiva di ritenere che i relativi tracciati coincidessero, data la diversa origine dell’uno e dell’altro.

6.1. Anche questo motivo è infondato perchè trova il suo presupposto nell’assunta incertezza della servitù oggetto dell’azione di accertamento, che, invece, per quanto evidenziato con riguardo alla doglianza precedente, è insussistente, avendo la Corte territoriale – con accertamento di fatto adeguatamente motivato – escluso una possibile confusione tra tracciati, discorrendo di unicità della strada esistente sul fondo servente e rimasta sempre tale alla stregua delle risultanze testimoniali, riscontrate dalle emergenze documentali. Sulla scorta di questa valutazione di merito, la Corte abruzzese ha, perciò, legittimamente ritenuto – difformemente dal giudice di primo grado – che, avuto riguardo alla data di acquisto nel 1972 del fondo servente da parte del F. fino ad arrivare al momento della proposizione dell’azione possessoria da parte degli appellanti principali con ricorso notificato nel gennaio 1989 (il quale conteneva anche la richiesta del riconoscimento dell’esistenza della servitù di passaggio), costituente idoneo atto interruttivo ai sensi dell’art. 2943 c.c. (cfr. Cass. n. 5958 del 1978), non era ancora maturato il termine ventennale per l’estinzione del relativo diritto di servitù per prescrizione previsto dal citato art. 1073 c.c..

7. Con il settimo motivo il ricorrente ha dedotto la carenza di giurisdizione del giudice ordinario (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), sul presupposto dell’assunto spostamento del luogo di esercizio del passaggio in virtù di disposizione della competente Provincia che aveva autorizzato esso F. ad apporre un altro cancello sul tracciato in sostituzione del precedente, di cui era stata ordinata la chiusura per motivi di sicurezza.

7.1. Questo motivo è inammissibile perchè con esso si introduce nella presente fase una questione del tutto nuova che non aveva costituito oggetto del "thema decidendum" dei precedenti gradi e che, in ogni caso, attiene ad un aspetto non direttamente attinente all’oggetto dell’azione (per la quale non si prospettano sussistenti questioni di giurisdizione, essendo relativa ad una controversia di accertamento della servitù tra privati) effettivamente esperita nel caso di specie (potendo, tutt’al più, implicare un profilo riguardante la fase esecutiva dell’ordine conseguente alla sentenza della Corte di appello di L’Aquila).

8. Con l’ottavo ed ultimo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1027 e 1028 c.c., assumendo l’inutilità della servitù di passaggio riconosciuta in favore degli appellanti principali poichè la stessa non consentirebbe a questi ultimi di raggiungere la pubblica via.

8.1. Anche quest’ultimo motivo è destituito di fondamento e deve, quindi, essere respinto, poichè – per quanto precedentemente evidenziato – la Corte territoriale ha compiutamente accertato come, sulla scorta dell’esperita istruzione probatoria, fosse risultato che gli appellanti principali (e prima di essi i loro danti causa) avevano avuto la possibilità di raggiungere la pubblica via unicamente attraverso il passaggio della cui esistenza avevano chiesto l’accertamento (e sul quale era stata costituita la relativa servitù), senza che, a tal fine, possa ritenersi impeditiva della pronuncia di fondatezza della relativa azione la dedotta difficoltà nel ripristino dell’originario stato dei luoghi, questione, questa, che, peraltro, potrà eventualmente essere esaminata nell’ambito proprio della fase esecutiva con la determinazione, da parte del giudice dell’esecuzione, delle modalità esecutive e con la risoluzione delle possibili difficoltà che potranno insorgere nel corso della stessa (ai sensi, rispettivamente, degli artt. 612 e 613 c.p.c.).

9. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso del F. deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna dello stesso, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio (liquidate come in dispositivo) in favore dei due controricorrenti, in solido fra loro, mentre non occorre adottare alcuna statuizione sulla disciplina delle spese in ordine al rapporto processuale instauratosi tra il medesimo ricorrente e gli altri intimati non costituiti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti in via fra loro solidale, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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