Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-03-2011) 11-10-2011, n. 36640 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. In data 27.5.2010 la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza emessa il 26.10.2007 dal Tribunale di Paola, in composizione monocratica, con la quale condannava P.G. alla pena di mesi sei e giorni dieci di reclusione ed euro 150 di multa, con la continuazione e l’attenuante di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 5, in relazione al reato di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 58 e 221, nonchè al reato di cui alla L. n. 895 del 1997, artt. 2 e 7, così riqualificato il fatto contestato al capo B) come violazione dell’art. 697 cod. pen..

2. Da entrambe le sentenze di merito si rileva che il giudice di primo grado aveva ritenuto la diversa qualificazione del fatto contestato al capo B) – omessa denuncia all’autorità di p.s. della detenzione di un revolver modello Bodeo A – tenuto conto che dalla consulenza balistica la rivoltella rinvenuta nella disponibilità dell’imputato risultava essere un revolver modello 89 tipo A, in dotazione al regio esercito italiano dal 1889, da catalogarsi come "arma antica", in condizioni di normale funzionalità. Pertanto, il predetto revolver, pur potendosi qualificare arma antica, doveva ritenersi un’"arma comune da sparo" di cui all’elenco della L. n. 110 del 1975, art. 2 la cui detenzione senza denuncia integra il delitto di cui alla L. n. 865 del 1967, artt. 2 e 7 e non la contravvenzione di cui all’art. 697 cod. pen..

Il giudice dell’appello aveva confermato la decisione ritenendo infondata la contestata violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. e la relativa eccezione di nullità della sentenza di primo grado.

3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto personalmente ricorso per cassazione l’imputato denunciando la violazione di legge con riferimento all’art. 521 cod. proc. pen., affermando la nullità della sentenza di condanna per fatto diverso da quello contestato.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato nei termini in cui è stato proposto.

Il potere del giudice del dibattimento di attribuire al fatto una diversa qualificazione giuridica, rispetto a quella formulata nell’imputazione, sempre che non risulti in concreto pregiudicato il diritto di difesa, deve essere interpretato nel rigoroso rispetto delle esigenze del pieno contraddittorio, in applicazione del principio costituzionale del giusto processo. Pertanto, tale potere va escluso nei casi in cui tra il fatto-reato contestato e quello di cui l’imputato è stato ritenuto responsabile vi sia un rapporto di piena ed irriducibile alterità, senza una matrice di condotta unitaria (Sez. 3, n. 13151, 02/02/2005, Vignola, rv. 231829).

Ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicchè questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 15655, 27/02/2008, Fontanesi, rv.

239866).

Nella specie, non si tratta di fatto diverso, bensì di diversa qualificazione giuridica del medesimo fatto come specificamente indicato e descritto nella contestazione di cui al capo B) del decreto di citazione a giudizio.

La qualificazione dell’arma rinvenuta nella disponibilità del P., senza la necessaria denuncia all’autorità di p.s., di cui al capo B) dell’imputazione come "arma comune da sparo" risultava dagli atti del procedimento e, conseguentemente, l’Imputato è stato posto in condizione di esercitare il diritto di difesa avendo piena contezza del fatto oggetto di contestazione.

Va, altresì, ricordato che la speciale norma contenuta nell’art. 521 cod. proc. pen., comma 1, (a pena di nullità sanzionata dall’art. 522 cod. proc. pen., comma 1) subordina – e circoscrive – la potestà del giudice di dare al fatto una diversa definizione giuridica da quella enunciata nella imputazione al concorso della duplice condizione negativa "che il reato non ecceda la competenza (del giudice medesimo), ne1 risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale, anzichè monocratica".

Inoltre, l’art. 521 bis cod. proc. pen., impone "la trasmissione degli atti al pubblico ministero", qualora, "in seguito a una diversa definizione giuridica (..) il reato risulta tra quelli., per cui è prevista l’udienza preliminare e questa non si è tenuta".

Evidente è la finalità del legislatore di prevenire l’inconveniente che la errata definizione giuridica del fatto eluda (o, comunque, pregiudichi) l’assetto delle competenze tra i giudici, l’osservanza della competenza funzionale del giudice della udienza preliminare e il riparto, in seno al tribunale ordinario, delle attribuzioni tra il collegio e il giudice singolo.

Nel caso di specie, la diversa qualificazione del fatto operata dal giudice di merito non comporta la violazione della competenza posto che la competenza del tribunale in composizione collegiale è prevista, con riferimento al reato de quo, soltanto per la detenzione illegale di più armi comuni da sparo, ai sensi dell’art. 33 bis cod. proc. pen., comma 1, lett. a) in relazione al richiamato art. 407 cod. proc. pen., comma 2, lett. a), che al n. 5 contempla (tra le altre) per l’appunto la ipotesi della detenzione illegale "di più armi comuni da sparo" (escluse quelle cd. da bersaglio da sala e le altre enumerate dalla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, comma 3).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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