T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 11-11-2011, n. 8698 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone in fatto parte ricorrente – ex ufficiale dei CC ed oggi, di professione, avvocato – che il Questore di Roma ha respinto la sua istanza di rilascio della licenza di porto di fucile per il tiro a volo sulla base dell’unico presupposto che ignota persona, qualificatasi come sua congiunta, lo avrebbe descritto "non si comprende a chi ed in quale occasione" come persona violenta ed irascibile. Aggiunge l’esponente che nel provvedimento de quo viene anche menzionato un procedimento penale, avviato per fatti risalenti al 1997 (quando era ancora ufficiale dei CC), dando atto che con sentenza della Corte d’appello di Firenze del 5.12.2005 è stato dichiarato di N.D.P. in ordine al reato ascritto in quanto estinto per intervenuta prescrizione. Ma sarebbe stato omesso, ed artatamente:

– di precisare che, nel medesimo procedimento, il querelante ed un suo fiancheggiatore, sono stati condannati per il reato di lesioni e violenza a p.u. (e cioè al F.);

– di tener conto che, con sentenza del Trib. civile di Roma n.18743/2005, divenuta res iudicata, il querelante è stato riconosciuto responsabile del reato di calunnia e condannato a risarcire al F. Euro25.822,00;

– di tener conto che il Giudice di pace di Roma, con sentenza del 2003, passata in giudicato, ha condannato l’amministrazione dell’Interno per aver motivato provvedimento analogo a quello per cui è causa con particolare riguardo a procedimenti penali pendenti a carico del F..

Il ricorrente aggiunge, poi, di non aver potuto appurare – essendo rimasta inevasa apposita istanza di accesso agli atti – chi sia la persona che avrebbe descrittola la sua personalità in maniera lesiva della propria onorabilità personale e professionale e di non comprendere perché, in esito a tale denuncia, alcun procedimento sia stato avviato nei suoi confronti per maltrattamenti in famiglia. Dunque poiché "le presunte deliranti affermazioni di tale misterioso calunniatore costituiscono l’unico presupposto su cui è basato il decreto oggetto della presente impugnazione", il F. ne prospetta, con l’atto introduttivo del giudizio, la relativa illegittimità per erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1,5,11,42 e 43 del Tulps (r.d. n.773 del 1931), carenza di motivazione, eccesso di potere, erroneità e falsità dei presupposti.

Si è costituita in giudizio, per il tramite del Pubblico Patrocinio, l’intimata amministrazione curando il deposito degli atti inerenti la controversia (fra i quali copia della decisione della Corte d’appello di Firenze che il ricorrente, a differenza delle altre pronunce sopra citate, non ha allegato al gravame). Fra tali atti:

– v’è l’avviso di presentazione al prelievo degli atti di cui alla richiesta di accesso sopra ricordata, trasmesso tramite il servizio postale e restituito al mittente in quanto l’istante è risultato sconosciuto all’indirizzo indicato nella domanda di accesso;

– v’è la nota spedita dalla Questura al Commissariato "Ponte Milvio" con cui si incarica tale ufficio della notificazione dell’avviso di presentazione di cui sopra, non essendo andata a buon fine la notifica tramite servizio postale.

Vi è, anche, la relazione di servizio, del 17.5.2001, dell’Ispett. sup. della P.S., sig.ra M.A.D.C., che riferisce al dirigente del Commissariato di appartenenza che, nello stesso giorno, la sorella del ricorrente, contitolare di un’Agenzia assicurativa, presentandosi a detto Commissariato riferiva:

– di aver interrotto il rapporto professionale di collaborazione col fratello (con conseguente decadimento dei motivi che avevano originato la richiesta di porto di pistola per difesa personale di quest’ultimo) dal 18.3.2001, in esito ad una lite nel corso della quale costui l’aveva picchiata violentemente costringendole a ricorrere ad un Pronto soccorso ove, al sanitario di turno, aveva riferito, per non creare problemi al fratello, di esser caduta dalle scale;

– che il fratello è di indole aggressiva e violenta e, già in precedenza, non aveva esitato, anche per discussioni banali, a picchiarla. Anche la loro madre era stata picchiata ma, al pari della sorella, non aveva mai denunciato tali episodi per non creare pregiudizi sfavorevoli al congiunto;

– che l’esponente, invitata a formalizzare quanto rappresentato si era rifiutata pur riconoscendo la gravità della situazione e l’incompatibilità della personalità del fratello con la detenzione di armi;

– che, a conferma di quanto già esposto, sottolineava che, anni addietro, quando era ufficiale dei CC, trovandosi in vacanza in provincia di Grosseto, a seguito di una lite per motivi di viabilità, estraeva la pistola e sparava in aria per sedare gli animi dei contendenti: vicenda seguita da processo penale, conclusosi con l’archiviazione.

Con apposita memoria sono state, dalla Difesa erariale, contestate le deduzioni sviluppate nel ricorso avversato, sostenendone la reiezione.

L’istanza cautelare di sospensione interinale degli effetti derivanti dall’impugnato provvedimento è stata respinta dalla Sezione con Ordinanza n. 4289/2006 del 26.7.2006 che, dagli atti di causa e da indagine presso il sito intranet della G.A., non risulta appellata.

Nel corso dell’udienza del 13.10.2011 il ricorrente ha depositato copia di un verbale di sommarie informazioni redatto da ufficiale di p.g. della G.d.F., delegato dalla Procura della Repubblica presso il locale Tribunale, relativo all’audizione, quale persona informata sui fatti, della sorella del ricorrente che ha negato di aver mai reso dell’Ispett. sup. della P.S., sig.ra M.A.D.C., le dichiarazioni confluite nella Relazione di servizio sopra citata, riservandosi di presentare querela.

Quindi la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

Motivi della decisione

I)- I fatti che, secondo il F. hanno determinato la corrente controversia, i rilevi svolti in gravame e, da ultimo, l’orientamento assunto nella fase cautelare del giudizio da questo Tribunale, sono circostanze adeguatamente rappresentate in narrativa sulle quali è inutile ripetersi.

Ciò su cui, invece, è opportuno soffermarsi è la componente motivazionale del provvedimento impugnato; componente che – contrariamente a quanto vibratamente sostenuto in gravame – non trae sostegno esclusivamente nelle "presunte deliranti affermazioni di tale misterioso calunniatore" ma si impernia, altresì, sull’ulteriore circostanza che nei confronti ricorrente, condannato in primo grado per lesioni personali a dieci giorni di detenzione domiciliare, è intervenuta sentenza di appello della C.A. di Firenze pubblicata il 05.12.2005 che ha dichiarato di N.D.P. per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Ora se si legge tale decisione – che la sola p.a. ha avuta cura di esibire in giudizio – se ne può cogliere, manifestamente, il contenuto del tutto antitetico rispetto alla precedente pronuncia del Tribunale civile di Roma.

Si deve precisare che i fatti che diedero origine alla condanna di cui sopra (ed alla successiva estinzione del reato) accaddero nell’estate del 1997 a Porto d’Ercole ove il ricorrente, a bordo di autovettura, si vedeva superare da altra macchina, a forte velocità, il cui conducente, successivamente riconosciuto dal ricorrente (al tempo Ufficiale dei CC) mentre stazionava in un Bar, veniva diffidato dal rimettersi alla guida in quanto in stato di visibile alterazione. Ne conseguiva una colluttazione tra i due nella quale interveniva anche un fiancheggiatore del diffidato e l’esplosione, in aria, di un colpo di pistola da parte dell’ufficiale.

Orbene la sentenza del Tribunale civile di Roma, precedente a quella della C.A. di Firenze – affermata preliminarmente l’autonomia tra il giudizio penale (al tempo pendente) avente ad oggetto l’accertamento dei fatti e quello civile (ove si è promossa azione risarcitoria), essendo consentito al Giudice civile di rilevare incidentalmente una condotta calunniosa sino a quando non si sia in presenza di un giudicato penale che ha statuito sulla natura della medesima condotta – procede ad una ricostruzione dell’accaduto escludendo qualsiasi elemento di responsabilità del F. e ritenendo totalmente falsa (e quindi calunniosa) la denuncia querela presentata dal soggetto diffidato dal F. che veniva condannato al risarcimento dei danni connessi all’ingiusto coinvolgimento del F. nel procedimento penale scaturito dalla querela stessa.

Significativamente diverso è il quadro delle responsabilità emergente dalla pronuncia della Corte d’appello sopra citata. Ivi, rappresentato preliminarmente che tutte le parti sono state condannate in primo grado per il reato di lesioni personali (il F. veniva assolto dal reato di cui all’art.703 c.p. per aver sparato in aria, in un centro abitato, un colpo d’arma da fuoco), si escludeva che vi fossero elementi di evidenza dell’innocenza degli imputati tali da consentire una declaratoria ex art.129 c.p.p.: "ciò vale sicuramente per la posizione del F. e del Roda che colluttarono tra di loro………Per quanto attiene all’aspetto civilistico non v’è dubbio che il Roda abbia subito un danno quantomeno sotto il profilo del danno morale atteso che il F. sicuramente lo colpì ponendo in essere un comportamento penalmente illecito. Tale danno potrà essere liquidato in separata sede".

Quindi, in dispositivo, la sentenza dichiara il NDP in ordine ai reati ascritti ai prevenuti in quanto estinti e condanna il solo F. al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, in separata sede nonché alle spese di costituzione della parte civile in primo grado.

Rebus sic stantibus, il Giudice penale di appello ha escluso che, nel caso di specie, sussistessero, nei confronti dell’odierno ricorrente, le condizioni per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte: pronuncia che sarebbe potuta intervenire solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso del F. fosse risultata (come, per converso, ritenuto dal Giudice civile) evidente.

Risulta allora chiaro che una pronuncia di tal natura non poteva essere sottovalutata da parte dell’Autorità di p.s. investita della richiesta di rilascio di un’abilitazione all’uso di un’arma da sparo. Altrimenti detto il giudizio prognostico di competenza della p.a. (che implica una valutazione tipicamente discrezionale in ordine all’affidabilità del richiedente la licenza ai fini dell’uso dell’arma), tradottosi nel provvedimento impugnato, in quanto supportato sia dai contenuti di detta decisione che dai gravi e seri fatti rappresentati dalla sorella del ricorrente, appare immune da elementi di irrazionalità od illogicità, non viola le norme evocate in gravame e costituisce base motivazionale del provvedimento impugnato idonea ad esplicitare l’iter seguito dall’amministrazione nella determinazione impugnata.

Si ricordi che, in materia, la Corte Costituzionale (sentenza n. 24 del 1981), sia pure ai soli fini dell’ammissibilità del quesito referendario volto a conseguire l’abrogazione della norma che abilita al porto d’armi, ha statuito che detto porto costituisce "una deroga al divieto sancito dall’art. 699 del codice penale e dall’art.4, primo comma. della legge n. 110 del 1975". E tanto, ha osservato la stessa Corte nella sentenza nr. 440 del 1993, "in una linea pressoché conforme alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, attenta a rimarcare come il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi e che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il "buon uso" delle armi stesse; in modo tale – così e testualmente detto in alcune decisioni -da scagionare dubbi o perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera, restante massa dei consociati sull’assenza di pregiudizi (di qualsiasi genere) per la loro incolumità".

Orbene tale principio trovava e trova tuttora conferma nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che non ha esitato a ribadire che "il possesso da parte di un cittadino di un’arma, o l’utilizzo della medesima a fine di caccia, non rientra nello "statuto ordinario dei diritti della personalità appartenenti al singolo", ma costituisce un quid pluris, la cui concessione risente della necessità che, stante il potenziale pericolo rappresentato dal possesso e dall’utilizzo dell’arma, l’Amministrazione si cauteli mercè un giudizio prognostico che, ex ante, escluda la possibilità di abuso" (cfr. Cons. St. ex plurimis, nn. 3558 e 3293 del 2010).

Altro principio che connota la materia è quello (affermato dalla Corte Costituzionale nella sent. n.440 del 1993) in sintonia al quale dalla eccezionale permissività del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità é tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli a situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti. Il che consente che il diniego all’uso dell’arma si fondi su concreti elementi che, pur non tradottisi in una condanna o nell’inizio di un procedimento penale, siano rivelatori di una condotta per di più sintomatica di una possibilità di abuso delle armi.

E che anche un tal principio trovi pacifico, consolidato e granitico riscontro nella giurisprudenza amministrativa è un dato che non appare confutabile. Così più volte il Consiglio di Stato ha affermato che "in subiecta materia", l’orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente ha costantemente ritenuto che il rilascio o la revoca della licenza del porto di fucile costituisce esercizio del potere di cui all’art. 43 r.d. 18 giugno 1931 n. 773, che implica una valutazione tipicamente discrezionale in ordine all’affidabilità del titolare della licenza ai fini dell’uso dell’arma…..(VI^, nr. 2495 del 2006): potere da esercitarsi con prevalente riguardo all’interesse pubblico all’incolumità dei cittadini ed alla prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall’eventuale uso delle armi, in riferimento alla condotta ed all’affidamento che il soggetto può dare in ordine alla possibilità di abuso delle stesse. A tale affermazione consegue, tra l’altro, che, considerato il carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte del soggetto interessato, essendo sufficiente che quest’ultimo dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi, o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni….(cfr. VI^, n. 238 del 2004 e nn. 3558 e 3293 del 2010 sopra richiamate).

Ora il provvedimento impugnato appare porsi in perfetta sintonia con detti principi; conclusione questa non contraddetta dalla circostanza che la sig.a F. abbia successivamente escluso di aver mai descritto il fratello quale persona aggressiva e violenta.

Tale dichiarazione, oltre ad essere successiva alla data di adozione del provvedimento impugnato (che, conseguentemente, non poteva che basarsi sugli indici di valutazione al tempo sussistenti), non risulta, dagli atti di causa, seguita dalla querela che la sig.a F. si era pur riservata di sporgere nei confronti dell’operatrice di polizia autrice della relazione sopra indicata: relazione che, analizzata nei relativi contenuti (nella narrativa della presente decisione sintetizzati), fa ritenere che sia del tutto inverosimile l’evenienza che sia frutto di un’illecita iniziativa dell’estensore della stessa.

II)- Conclusivamente il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che, forfetariamente, liquida in Euro2000,00 a beneficio della resistente amministrazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *