Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-03-2011) 11-10-2011, n. 36568

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Alessandria – Sezione Distaccata di Novi Ligure – con sentenza emessa il 12 gennaio 2010 dichiarava L.L., imputato di due diversi reati di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, lett. b), colpevole del reato meglio specificato al capo 2) della rubrica e lo condannava, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda che sospendeva condizionalmente.

Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla valutazione della prova testimoniale. Deduce, ancora analogo vizio con riferimento a quella parte della sentenza nella quale si afferma la colpevolezza sulla base di una inesatta valutazione circa la provenienza ed epoca del deposito dei rifiuti.

Deduce, poi, contraddittorietà ed illogicità manifesta in relazione alla avvenuta intergazione della fattispecie contestata.

Deduce, inoltre, inosservanza della legge processuale per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.

Deduce, infine, carenza di motivazione in relazione alla avvenuta concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, non richiesta dall’imputato, trattandosi di sola pena pecuniaria.

Va premesso che all’imputato (cui era stato contestato anche altra condotta di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi in concorso con altri, per la quale è stato assolto) viene fatto carico di avere – nella sua qualità di Direttore dello stabilimento di Arquata Scrivia facente capo alla società "CEMENTIR – CEMENTERIE DEL TIRRENO s.p.a." con sede legale in (OMISSIS), di avere depositato in maniera incontrollata un quantitativo rilevante – circa 400mc. – di materiali da demolizione qualificati come rifiuti speciali non pericolosi.

Il ricorso è fondato soltanto in parte.

Quanto al primo motivo, incentrato su una intrinseca contraddittorietà della sentenza laddove per un verso si parla di demolizioni risalenti – e dunque datate – e per altro verso non viene precisata alcuna data in cui le demolizioni de quibus sarebbero avvenute, la denunciata contraddittorietà non può essere condivisa.

In modo coerente con le risultanze probatorie analiticamente passate in rassegna, il Tribunale ha correttamente dato rilievo alla testimonianza del M.llo D.A. – autore del sopralluogo – che aveva parlato di "documentazione risalente ad un po’ di tempo addietro", traendo da tale affermazione la logica conseguenza anche sulla base di altri elementi di prova quali la preesistenza di fresato stradale conseguente a lavori di rifacimento della pavimentazione del piazzale dello stabilimenti certamente risalenti al settembre-ottobre 2005.

Sicchè non può definirsi nè contraddittorio nè illogicamente motivato il punto della sentenza relativo alla datazione delle demolizioni oggetto della contestazione, proprio perchè coerente con un dato oggettivo ed incontestato per come ritenuto dal Tribunale.

Va ricordato che per potersi parlare di deposito temporaneo o controllato occorre il rispetto di determinate condizioni in termini di quantità del prodotto depositato; qualità di esso; tempo di giacenza; rispetto delle regole tecniche specificate nel D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, lett. m): requisiti che nella specie il Tribunale ha ritenuto o non sussistenti (come la quanti esorbitante rispetto ai militi consentiti) ovvero non provati (come il tempo di giacenza del materiale, anche questo non provato dall’imputato sul quale gravava il relativo onere).

Proprio sulla scorta dei detti elementi il Tribunale ha correttamente inquadrato la condotta nell’ambito del deposito incontrollato, dopo aver premesso la distinzione – elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte – tra deposito controllato (rispondente a determinate caratteristiche e/o requisiti), deposito preliminare e messa in riserva.

Sul punto va ricordato quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che ha sempre escluso l’ipotesi del deposito controllato o temporaneo – di natura lecita – quando i rifiuti non siano raggruppati, in via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione (Cass. Sez. 3A 25.2.2004 n. 21024, Eoli, Rv. 229226; Cass. Sez. 3 8.6.2007 n. 33866, BaUoi, Rv. 237217; Cass. Sez. 3 11.3.2009 n. 19883, Fabris, Rv.

243719).

Quanto alla ulteriore censura di contraddittorietà, il ricorrente la individua nel contrasto tra quanto ritenuto dal Tribunale in esito alle dichiarazioni del teste M.llo D.A. circa la provenienza dei residui di demolizione (dallo stesso indicata nella stessa sede dello stabilimento) e quanto affermato in sentenza in ordine alla incertezza della prova circa la provenienza di quei materiali.

A ben vedere la dedotta contraddizione non sussiste, in quanto il Tribunale ha basato su altri elementi, diversi dalla provenienza (che ha quasi dato per scontata essere localizzata all’interno dello stabilimento) il proprio convincimento: si tratta in particolare di quegli elementi inerenti alla quantità – ritenuta esorbitante rispetto ai limiti consentiti di 20 mc. – ed al tempo della giacenza che elidono in radice qualsiasi profilo di contraddittorietà o illogicità.

Per quanto concerne il quarto motivo riguardante la illogicità della motivazione in quanto di corretta qualificazione della fattispecie, deve darsi atto, anzitutto, del fatto che il Tribunale, nell’enumerare le possibili ipotesi di deposito, ha implicitamente escluso che si potesse trattare di messa in riserva o deposito controllato, valorizzando quei dati negativi (tempo di giacenza e quantità) di cui si è precedentemente fatto cenno e che lo hanno condotto ad individuare esattamente la fattispecie contestata come l’unica emergente.

Una volta ribadito il concetto dell’assenza di determinati requisiti non vi era alcuna necessità di soffermarsi sulla occasionalità (che costituisce elemento estraneo alla fattispecie).

Peraltro tenuto conto della continuità normativa tra le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, commi 1 e 2 rispetto alle omologhe disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 152 del 2002, art. 256 stante l’identità del nuovo testo rispetto a quello previdente, non vi era alcuna necessità di fare riferimento a tematiche relative alla successione di leggi nel tempo (in termini Cass. Sez. 3A 15.3.2007 n. 17635, Guccione, Rv. 236684).

Parimenti infondato il quinto motivo di ricorso con il quale si lamenta una presunta violazione dell’art. 521 c.p.p. nella misura in cui si accenna ad una contestazione indicante il termine "recentemente smantellati", laddove l’affermazione della colpevolezza si fonda anche sull’elemento tempo costituito dalla datazione risalente della giacenza.

Va anzitutto chiarito che per aversi violazione della disposizione processuale ora evocata occorre che vi sia uno stravolgimento del fatto contestato tale da comportare la trasformazione degli elementi costitutivi dell’ipotesi contestata, non essendo sufficiente l’aggiunta o la mancanza di particolari riguardanti il fatto in merito ai quali l’imputato ha avuto modo di difendersi (in termini tra le tante, Cass. Sez. 6A 20.2.2003 n. 34051, Ciobani, Rv. 226796).

Ancora, la diversità di determinati elementi non rileva e non comporta quindi alcuna nullità quando essa non abbia comportato una reale compromissione dei diritti difensivi (Cass. Sez. 1A 15.4.2009, n. 19334, Cavalera, Rv. 243776).

Alla stregua di tali consolidati principi non appare in alcun modo ravvisabile il vizio denunciato in quanto non è dato ravvisare una sorta di progressione criminosa della condotta come preteso dalla difesa sulla base delle diverse espressioni adoperate rispettivamente nel capo di imputazione ("recentemente smantellati") e in sentenza ("risalenti demolizioni"), attenendo entrambe le espressioni ad un’unica condotta ben specificata nel tempo sia come data di accertamento del fatto sia come indicazione del tempo di giacenza dei materiali.

In ogni caso l’espressione usata nella contestazione non è affatto incompatibile sotto il profilo logico, con le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale, in quanto il tempo massimo di giacenza viene individuato in mesi tre rispetto all’epoca del rinvenimento (così come previsto dalla norma): termine assolutamente compatibile con l’espressione recentemente figurante nel capo di imputazione, che vale comunque ad evidenziare un lasso di tempo non remoto.

Va, invece, accolto il terzo motivo di ricorso, afferente al concesso beneficio (non richiesto) della sospensione della pena, in quanto da parte del Tribunale nessuna argomentazione è stata svolta per spiegare le ragioni della concessione del detto beneficio, peraltro nemmeno sollecitata dalla difesa.

B’ infatti principio pacifico quello secondo il quale in caso di condanna alla sola pena dell’ammenda integrata dal beneficio della sospensione condizionale, il giudice, fermo restando il suo potere discrezionale di concedere di ufficio il beneficio, deve comunque motivare le ragioni in ordine alla utilità derivante per l’imputato da tale concessione rispetto al suo contrario interesse a non giovarsene in relazione alla lievità della pena pecuniaria (in termini Cass. Sez. 1A 11.11.2004 n. 45484, Di Ricco ed altro; Cass. Sez. 3A 27.1.2010 n. 11091, Di Rosa ed altri, Rv. 246440; Cass. Sez. 1A 10.6.2008 n. 26633, Zara, Rv. 240858).

E’ palese, nel caso in esame, l’assoluta assenza di motivazione sul punto: consegue all’accoglimento del relativo motivo, l’annullamento della sentenza sul punto con eliminazione del concesso beneficio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla concessa sospensione condizionale della pena, concessione che elimina. Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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