Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-10-2011, n. 36707 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – La Corte di Appello di Lecce, pronunciando in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza deliberata il 14 luglio 2010 e depositata il 19 luglio 2010, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di L.A., diretta ad ottenere, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., la rideterminazlone per effetto della continuazione della pena allo stesso inflitta in relazione ai reati oggetto di due distinte sentenze di condanna ivi compiutamente indicate.

1.1. – Il giudice dell’esecuzione ha escluso il vincolo della continuazione, evidenziando l’insussistenza di un concreto e significativo elemento idoneo a dimostrare la rappresentazione e progettazione contestuale, sia pure a grandi linee, dei singoli episodi criminosi (piccole estorsioni commesse in ambito domestico, nel (OMISSIS), in danno dei propri genitori, quanto ai fatti giudicati con la prima sentenza; una rapina consumata ed un tentativo di rapina, commessi lo stesso giorno, il (OMISSIS), quanto ai fatti giudicati con la seconda sentenza), tale non potendo ritenersi la dedotta condizione di tossicodipendenza del condannato, tenuto conto della disomogeneità dei reati e della circostanza che gli stessi risultavano commessi in un arco temporale di quasi quattro anni e mezzo, un "sensibile iato temporale" ritenuto indicativo dell’inesistenza di un unico originario programma criminoso, anche in considerazione del rilievo che "nello sviluppo dei fatti, la rapina consumata, che fruttò un pur modesto "bottino" di circa Euro 600,00, precedette il reato rimasto allo stadio di mero tentativo, dunque attuato pur nella disponibilità di una somma di denaro comunque confacente allo scopo primario che si vorrebbe essere stato perseguito", ovvero il reperimento di denaro necessario per l’acquisto della sostanza stupefacente.

2. – Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del suo difensore, deducendone l’illegittimità per violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto mancava nell’ordinanza un valido e logico supporto argomentativo, circa le ragioni dell’esclusione dell’identità del disegno criminoso tra i reati oggetto dell’istanza, tenuto conto della riconosciuta condizione di tossicodipendenza, rilevante ex art. 671 c.p.p., come modificato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, art. 4 vicies, rilevandosi le motivazioni addotte dal giudice dell’esecuzione solo apparenti e non aderenti alle risultanze processuali, specie allorquando affermano che la rapina consumata ai danni di un supermercato era stata commessa prima del tentativo di rapina, risultando dalla lettura della sentenza l’esatto contrario.

Motivi della decisione

1. – L’ordinanza Impugnata, pur presentando una motivazione incongrua – e per ciò meritevole di rettifica ai sensi dell’art. 619 c.p.p. – quanto alla valutazione dell’istanza, con riferimento ai fatti di rapina (consumata e tentata) giudicati con la seconda sentenza di condanna, nel senso che tali episodi, a prescindere dalla inesatta sequenza temporale prospettata nel provvedimento impugnato, risultano già unificati nel vincolo della continuazione (interna), resiste, tuttavia, alle censure proposte con il ricorso, che risultando basarsi su motivi infondati, va quindi rigettato.

I fatti cui si riferiva la richiesta di unificazione erano relativi a plurime estorsioni in ambito familiare e rapine commessi a distanza di "quasi quattro anni e mezzo". Plausibilmente, perciò, la Corte territoriale ha ritenuto che, a fronte di tanta distanza temporale, la situazione di tossicodipendenza era da considerare subvalente nell’apprezzamento della esistenza di un medesimo originario disegno criminoso, alla cui esistenza non offriva argomento nessun elemento concreto. Seppure non può dubitarsi che lo status di tossicodipendente può e deve essere preso in esame per apprezzare, sotto il profilo indiziario, la unicità del disegno criminoso con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dalla dedotta condizione soggettiva, tale elemento, però, non si sovrappone, sostituendolo, alla nozione stessa di continuazione delineata nell’art. 81 c.p., comma 2, e cioè alla imprescindibile necessità che i fatti siano riferibili ad un medesimo (originario) disegno criminoso. Ed elementi concreti in tal senso, capaci di vincere quello, significativo e rilevante, del grande lasso temporale, neppure sono offerti in ricorso, che nulla oppone se non il riferimento, sicuramente generico atteso il tempo intercorso, ad una perdurante situazione di tossicodipendenza. Mentre la tipologia dei reati e il fatto che i secondi siano stati anche commessi dopo la condanna subita per i primi, certamente non consente di presumere che nel novembre 2003 il ricorrente potesse immaginare di commettere anche i reati perpetrati nel gennaio 2008. 2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda la Cancelleria per la trasmissione ai sensi dell’art. 625 c.p.p., comma 3, di copia della sentenza alla Corte di Appello di Lecce.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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