Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-10-2011, n. 36702 Affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di Sorveglianza di Torino, con ordinanza deliberata il 12 maggio 2010, ha concesso a P.O. – condannato in via definitiva alla pena di anni uno di reclusione – la misura alternativa alla detenzione, della detenzione domiciliare, dallo stesso richiesta in via subordinata.

1.1 – Il Tribunale, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, ha rigettato, invece, la richiesta del condannato di ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, proposta in via principale, avendo ritenuto che nel caso in esame non sussistesse la "necessità" di disporre tale misura, in quanto "il reato commesso, l’entità della pena e la personalità del reo" – ultrasettantenne, incensurato, senza carichi pendenti o segnalazioni di PS, estraneo ai circuiti delinquenziali – non richiedevano l’intervento dei servizi sociali a sostegno di un processo di reinserimento "neppure configurabile", attesa "la condizione di pensionato del condannato, privo di obiettivi di inserimento lavorativo". 2. – Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il P., per il tramite dei suoi difensori, deducendone l’illegittimità per violazione di legge e vizio di motivazione. A sostegno dell’impugnazione, in ricorso si sostiene che il Tribunale, ha negato la concessione della misura più favorevole al reo (affidamento in prova) concedendo invece quella più affittiva (detenzione domiciliare), in base ad argomentazioni del tutto illogiche e contraddittorie avendo attribuendo rilevanza decisiva al mancato svolgimento da parte del condannato di attività lavorativa in quanto pensionato – dato ritenuto di per sè non decisivo dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte – con ciò omettendo di valutare adeguatamente alcuni dati, pure emergenti dagli atti e ritenuti particolarmente significativi per escludere un effettivo pericolo di commissione di altri reati, quali l’assenza di precedenti penali o giudiziari, "l’estraneità a schemi delinquenziali", l’età avanzata (settantasei anni), le positive relazioni familiari, le condizioni di salute non ottimali (grave patologia tumorale).

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione è fondata e merita accoglimento.

1.1 – In primo luogo va evidenziato che sebbene la concedibilità dei benefici di cui al capo 6^ della L. 26 luglio 1975, n. 354 non si sottrae al criterio della valutazione discrezionale, la stessa deve riguardare, al di là dell’indefettibile accertamento delle condizioni di ammissibilità, l’opportunità del trattamento alternativo, con riferimento al contributo dello stesso alla rieducazione del reo ed alla sua idoneità ad assicurare la prevenzione del pericolo che egli commetta nuovi reati.

Orbene, premesso che tale giudizio, allorquando non si sia proceduto, come nel caso in esame, all’osservazione del condannato in istituto, va formulato in base al comportamento serbato dallo stesso dopo la commissione del reato, questa Corte deve rilevare, come a ragione denunciato dal ricorrente e riconosciuto anche dal Procuratore Generale presso questa corte nella sua requisitoria in atti, che il percorso motivazionale svolto dal giudice del merito sul punto, risulti del tutto incongruo.

Ed invero, riconoscendo lo stesso Tribunale, sia pure implicitamente, l’insussistenza di un effettivo pericolo di commissione di altri reati da parte del P., allorquando ha fatto riferimento all’estraneità dello stesso a schemi delinquenziali, già prima di compiere il reato ascrittogli (per altro neppure indicato nel provvedimento), all’assenza di una vera e propria "devianza criminale", e ciò anche in considerazione delle motivazioni meramente occasionali che sarebbero all’origine della condotta antigiuridica del ricorrente (coinvolgimento della figlia in reati di frode informatica), le ragioni addotte nel provvedimento impugnato per negare al ricorrente la misura alternativa dell’affidamento in prova si rivelano, in effetti, del tutto insufficienti ed incongrue, allorchè fanno riferimento a valutazioni in termini di "necessità" o meno di disporre la misura richiesta in via principale e di una asserita "maggior capacità rieducativa della detenzione domiciliare rispetto alla misura alternativa dell’affidamento in prova, specie ove si consideri che tale valutazione è ancorata ad un dato, l’assenza di obiettivi di inserimento nel mondo del lavoro, non essenziale, ove si consideri che come questa Corte ha già avuto modo di precisare, da tempo, "lo svolgimento di attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più generale giudizio sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, non costituisce da solo, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità di detta misura, trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito" (in tal senso Sez. 1, Sentenza n. 5076 del 21/9/1999, dep. 28/10/1999, ric. Jankovic, Rv. 214424).

2. – Attesa la carenza dell’apparato motivazionale dell’ordinanza impugnata s’impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Torino, che procederà ad un nuovo esame dell’istanza, attenendosi al principio di diritto in precedenza richiamato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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