Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-03-2011) 11-10-2011, n. 36701 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 25.5.2010 il Tribunale di sorveglianza di Lecce rigettava le istanze presentate da C.V., volte all’ammissione alle misure alternative di cui agli artt. 47, 47 – ter e 50 Ord. Pen..

In specie, il tribunale – premesso che l’istante sta espiando la pena residua (pari ad anni uno e mesi due di reclusione) per la condanna ad anni tre e mesi quattro di reclusione in relazione al reato di usura, commesso dal 1997 al 2001-riteneva insussistenti i presupposti per la concessione delle invocate misure alternative, anche alla luce delle informazioni contenute nella nota redatta dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce in data 3.4.2010. 2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il C., a mezzo dei difensori di fiducia, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, affetta da contraddittorietà e manifesta illogicità. Il ricorrente lamenta che il tribunale, benchè abbia ritenuto indimostrato l’attuale collegamento con la criminalità organizzata, abbia rigettato la richiesta di misure alternative alla detenzione sul presupposto di un pericolo attuale di recidiva che resta privo di logica e coerente motivazione, tenuto conto dell’epoca dei fatti.

Infine, censura la mancata motivazione in ordine al diniego della misura della detenzione domiciliare e della semilibertà tenuto conto, peraltro, che il C. è stato sottoposto al regime degli arresti domiciliari per ben due anni rispettando le prescrizioni.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.

La concessione delle misure alternative alla detenzione implica un giudizio prognostico attinente alla rieducazione, al recupero e al reinserimento sociale del condannato e alla prevenzione del pericolo di reiterazione di reati.

Tenuto conto dell’effettiva e ampia portata precettiva della funzione rieducativa della pena, la concedibilità o meno delle misure alternative alla detenzione postula la valutazione, in concreto, delle specifiche condizioni che connotano la posizione individuale del singolo condannato e delle diverse opportunità offerte da ciascuna misura secondo il criterio della progressività trattamentale. Detta valutazione deve, all’evidenza, essere rappresentata nella motivazione del provvedimento connotata dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità sui quali può intervenire il sindacato di legittimità.

Osserva il Collegio che dal tessuto motivazionale dell’ordinanza impugnata si evincono in maniera completa e coerente le argomentazioni logico-giuridiche che il Tribunale di sorveglianza ha posto a fondamento del diniego delle misure alternative richieste, avuto riguardo al contemperamento delle esigenze di recupero del condannato con quelle di prevenzione sociale, sottolineando, in particolare, il concreto pericolo di recidiva desunto da oggettive circostanze di fatto.

Invero, il giudice di merito ha sottolineando che il C. era soggetto collegato alla criminalità organizzata salentina come si desumeva dal fatto che la condanna in espiazione era relativa al reato di usura commesso in maniera continuativa dal 1997 al 2001 in concorso con L.S., soggetto inserito nell’associazione criminale Sacra Corona Unita e che a carico dell’istante è pendente il procedimento per partecipazione ad associazione mafiosa e di riciclaggio aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 nel quale è stato condannato con sentenza di primo grado del 26.5.2006 del Tribunale di Lecce, nonchè, un procedimento per il reato di riciclaggio. Ad avviso del tribunale, indipendentemente dalla attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata – tenuto conto che a far data dal 2006 non risulta accertato alcun contatto con pregiudicati pur essendo l’istante prima agli arresti domiciliari e poi libero – le oggettive circostanze di fatto emerse dai procedimenti dimostrano una significativa caratura delinquenziale ed una elevata pericolosità a fronte della quale il condannato non risulta avere avviato alcuna rivisitazione critica, continuando, peraltro, a dichiararsi estraneo ai fatti per i quali è stato irrevocabilmente condannato. Pertanto, non era possibile formulare una prognosi favorevole rispetto al pericolo di recidiva e si rendeva necessario il trattamento del condannato in stato dì detenzione.

A fronte di ciò, le doglianze del ricorrente si riducono a censure di mero fatto; nè sono stati indicati elementi oggettivi inidonei a contraddire la valutazione del Tribunale in ordine alla attuale pericolosità del condannato in ragione della quale è stata ritenuta l’insussistenza dei presupposti per le richieste misure alternative e necessario il trattamento in stato di detenzione.

Va ricordato che l’attualità della pericolosità non può non essere considerata anche in rapporto all’intensità ed al grado della stessa.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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