Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-03-2012, n. 4430 Condominio di edifici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.L., proprietario di un’unità immobiliare facente parte del condominio (OMISSIS), conveniva quest’ultimo innanzi al Tribunale di Brescia affinchè fosse dichiarato il suo diritto di aprire un varco che collegasse il sottoportico di un balcone posto a un piano rialzato e la cantina, entrambi affermati di sua proprietà esclusiva, al cortile comune adibito a parcheggio, contestando la Delib. assemblea condominiale 18 giugno 1996 che glielo aveva negato.

Il condominio, nel resistere alla domanda, contestava la proprietà esclusiva dell’attore sul vano cantina e chiedeva la condanna del R. alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, che questi aveva nel frattempo modificato.

Il Tribunale, ritenuta comune la proprietà del muro nel quale l’attore aveva già praticato l’apertura di collegamento tra il cortile condominiale, il sottoportico e la cantina, apertura, questa, vietata dal regolamento condominiale, rigettava la domanda principale e condannava il R. alla rimessione in pristino.

Tale sentenza era ribaltata dalla Corte d’appello di Brescia, la quale dichiarava nulla la Delib. assemblea condominiale 18 giugno 1996 e legittima l’apertura realizzata dall’appellante nel muro collocato tra la cantina e il sottoportico per collegare l’una e l’altro al cortile comune.

Preso atto della reciproca rinuncia delle parti all’accertamento della proprietà del vano cantina, riteneva che, essendo la domanda basata anche sulla dedotta proprietà esclusiva sia del muro interposto, sia della cantina, la relativa titolarità dovesse essere verificata incidenter tantum. Quindi, escluso che il muro sorgesse sul medesimo suolo su cui era stato edificato il fabbricato condominiale, osservava che dal titolo di proprietà dell’attore risultava che questi aveva acquistato un appartamento con cantina, sito al piano rialzato dell’edificio condominiale posto sul mappale 613, nonchè un balcone distinto dal mappale 636 e dunque non insistente su area comune. Rilevava, quindi, che dagli accertamenti tecnici espletati era emerso che sotto il balcone esisteva, in posizione adiacente alla porzione seminterrata del vano cantina, sin dall’epoca di costruzione del fabbricato condominiale, il sottoportico in contestazione, non risultante dal titolo di proprietà dell’attore perchè realizzato in difformità dalla concessione, ma successivamente sanato dallo stesso R. nel 1993.

Da tali premesse in fatto, la Corte territoriale traeva la conseguenza che estendendosi la proprietà, ai sensi dell’art. 840 c.c., usque ad sidera, usque ad inferos, anche la porzione immobiliare ricavata sotto il balcone insistente sul mappale 636 fosse di proprietà esclusiva dell’attore-appellante, incluso, quindi, il muro esterno di "contenimento" di tale locale, muro che non rientrava nel novero delle cose comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., per la sua esclusiva funzione al servizio del locale sottostante il balcone.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre il condominio (OMISSIS), con tre motivi di annullamento.

Resiste con controricorso R.L..

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 34 e 112 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Lamenta, al riguardo, che il R. ha rinunciato all’accertamento in via principale della proprietà del vano posto sotto il balcone del suo appartamento, senza tuttavia chiedere, neppure in sede di precisazione delle conclusioni, che il medesimo accertamento fosse operato incidenter tantum, con la conseguenza che, avendovi ciò non di meno provveduto, la Corte territoriale ha pronunciato oltre i limiti della domanda.

1.1. – Il motivo è manifestamente infondato.

L’accertamento incidentale non richiede espressa istanza di parte, proprio perchè è operato dal giudice al limitato fine di provvedere su di una pretesa oggetto di altra e diversa domanda, essa sola destinata al giudicato, la cui fondatezza o meno dipende da una questione avente carattere pregiudiziale rispetto all’affermazione di diritto che costituisce il petitum formale della domanda medesima.

Pertanto, non è possibile provvedere su quest’ultima senza accertarne tutti i presupposti, la cui selezione ricade sotto la signoria non già delle parti, ma del giudice, così come il ragionamento giuridico non può essere alterato nel suo lineare svolgimento mediante la sottrazione potestativa, ad opera delle parti, di taluni dei suoi passaggi logici.

Ne deriva, nello specifico, che per accertare il diritto di aprire un collegamento tra la cantina e il sottoportico, non può prescindersi dalla verifica della proprietà dell’uno e dell’altro bene, ancorchè solo uno dei due accertamenti sia stato chiesto in via principale.

2. – Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 840 c.c. in relazione all’art. 1117 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Sulla premessa di fatto che l’attore è proprietario esclusivo (non solo dell’appartamento, della cantina e del box auto insistenti sul suolo ove risulta edificato il fabbricato condominiale, ma anche) di un balcone distinto da un numero di mappa diverso da quello che identifica l’area comune, e che sotto tale balcone e in posizione adiacente alla vano cantina seminterrato vi è un sottoportico, non incluso nel titolo di proprietà dell’attore, ma sanato dal punto di vista edilizio-urbanistico con concessione ottenuta da quest’ultimo, la Corte territoriale ha tratto la conclusione che tale sottoportico, e con esso il muro in cui è stata praticata l’apertura che da accesso al cortile condominiale, appartenga al R. in virtù dell’art. 840 c.c..

Tale norma, sostiene il ricorrente, è stata applicata al contrario, atteso che il balcone ridetto insiste sul mappale 636, ma tuttavia, come ha rilevato la stessa Corte d’appello, esso è posto al piano rialzato insieme con l’appartamento di cui è parte e che costituisce una delle porzioni di piano dell’edificio condominiale.

Il giudice d’appello, inoltre, è incorso in contraddizione lì dove dapprima ha affermato che la superficie ove sorge l’edificio condominiale è identificata dal mappale 613, ma poi ha individuato quale suolo agli effetti dell’art. 840 c.c. il balcone di cui al mappale 636. Allo stesso modo, la motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria nella parte in cui si afferma che la porzione seminterrata ad uso cantina ricade nel mappale 613, che è suolo comune, per poi sostenere che la parte adiacente costituita dal sottoportico in contestazione sarebbe, invece, di proprietà esclusiva perchè posta sotto il balcone di cui al mappale 636. 3. – Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 1117 c.c. in ordine alla titolarità del muro ove è stato aperto il varco di collegamento con il cortile condominiale, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La Corte bresciana sostiene che il muro (che delimita il sottoportico) non è comune perchè non fa parte del suolo su cui sorge l’edificio, essendo limitato il suolo al mappale 613, e non avendo il muro alcuna funzione portante del fabbricato condominiale.

Tal affermazione è errata, giacchè rientrano tra i muri comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., non solo quelli portanti, ma anche quelli che rivestono l’edificio o fungono da riempimento, costituendone parte organica ed essenziale, tra cui quelli che, come afferma la giurisprudenza, delimitano verso l’esterno gli appartamenti e che non possono essere considerati avulsi dalla struttura unitaria del fabbricato, di guisa che, nella specie, nulla in senso opposto derivando dalle mappe e dal titolo dell’attore, il muro in questione avrebbe dovuto essere considerato comune, in base alla presunzione di cui alla norma citata, perchè si diparte dal suolo dell’edificio comune.

4. – I predetti due motivi, da esaminare congiuntamente perchè interconnessi alla medesima questione relativa alla proprietà del sottoportico, sono fondati e corrispondono ai due errori di diritto in cui mostra di essere incorsa la Corte bresciana.

4.1. – Il primo deriva dal fatto di non aver considerato che la nozione di sottosuolo, cui si riferisce l’art. 840 c.c. per disciplinarne le utilità, e quella di suolo, che l’art. 1117 c.c., n. 1 annovera tra le cose oggetto di proprietà comune, si identificano per reciproca sottrazione logica, così come a sua volta il suolo si differenzia dall’edificio soprastante a stregua della nozione che di quest’ultimo si assuma valida. Pur nella loro inevitabile variabilità morfologica (si pensi che per suolo su cui sorge l’edificio comune s’intende non il piano di campagna, ma la parte di terreno su cui poggia la parte infima di quest’ultimo, comprensiva delle fondazioni: cfr. Cass. nn. 8119/04, 18091/02, 6357/93 e 1632/83), i tre concetti anzi detti corrispondono a entità fisiche non relativizzabili, di talchè in nessun caso l’edificio o una parte di esso può identificarsi come suolo, così come non può qualificarsi come sottosuolo una porzione di terreno naturalmente emergente, quali che siano le rispettive individuazioni catastali, attribuite per ragioni di carattere fiscale. Ne consegue che in materia condominiale nessuna porzione dell’edificio, ancorchè di proprietà individuale e perciò corrispondente in catasto ad una particella diversa da quella identificante l’area su cui sorge il fabbricato comune, può essere considerata come suolo, di guisa che la superficie sottostante non è, a sua volta, definibile come sottosuolo e non se ne può attribuire la proprietà in base alla regola dell’art. 840 c.c. 4.1.1. – Nella specie, il balcone di (incontestata) proprietà R. non è qualificabile come "suolo", di guisa che per accertare la proprietà del sottoportico compreso fra la soletta del balcone stesso il terreno sottostante non è applicabile l’art. 840 c.c. Conseguentemente, la fattispecie deve essere regolata mediante l’applicazione del solo art. 1117 c.c., in base al quale è comune, salvo risulti altrimenti dal titolo, il suolo su cui sorge l’edificio (n. 1 art. cit.).

4.2. – Il secondo errore – complementare all’affermata esplicazione dell’art. 840 c.c. – si annida nella premessa maggiore del sillogismo per cui, atteso che con la locuzione "suolo su cui sorge l’edificio" deve intendersi quella porzione di terreno sul quale poggia l’intero edificio, cioè l’intera area delimitata dalle mura perimetrali dell’edificio stesso (così, Cass. n. 14350/00, richiamata nella stessa sentenza), il muro di "contenimento" del sottoportico (recte, di sostegno del balcone) non essendo nè un muro maestro, nè un muro perimetrale dell’intero edificio, nè avendo alcuna utilità o funzione comune, non fa parte del fabbricato condominiale (v. pag. 7 della sentenza impugnata).

L’equivoco risiede in ciò, che l’edificio di cui parla l’art. 1117 c.c. non è dato dall’insieme delle sole sue parti comuni, nel senso che queste si identifichino con quello esaurendone la definizione, ma è il tutto, cioè un’unità fisico-economica complessa e compiuta che racchiude ogni porzione, di proprietà comune o individuale, del fabbricato medesimo. Non a caso la norma enumera le parti comuni dell’edificio, e non descrive, viceversa, quest’ultimo come somma delle sole strutture superindividuali elencate, così come l’art. 1117 c.c., comma 1 correla il suolo, quale parte di proprietà condominiale, unicamente al fabbricato, non anche alle singole altre parti (fondazioni, muri maestri, tetti ecc.) che sono comuni per la funzione assolta, non per il fatto di essere comprese nell’edificio.

Ne deriva che il suolo che ai sensi del n. 1 della norma appena citata è oggetto di proprietà comune è quello su cui insiste l’insieme della struttura, incluse le parti di mura perimetrali che, per titolo o funzione svolta, non siano da considerarsi comuni, come nel caso in cui queste siano destinate unicamente a delimitare e sorreggere un balcone di proprietà individuale.

5. – Per quanto sopra detto, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia, che deciderà la controversia attenendosi al seguente principio di diritto: "il fabbricato condominiale è un’unità fisico-economica complessa e compiuta, che comprende sia le porzioni comuni, sia quelle di proprietà individuale, incluse le parti di mura che, sebbene perimetrali, appartengano ad un solo condomino per titolo o per specifica destinazione a sostenere una sola unità abitativa o una sua porzione. Pertanto, la locuzione "il suolo su cui sorge l’edificio", di cui all’art. 1117 c.c., n. 1, designa l’area su cui insiste il fabbricato nel suo insieme di componenti comuni e non, di talchè la circostanza che una parte delle mura perimetrali di questo sia destinata esclusivamente a delimitare e sorreggere un balcone di proprietà di un singolo condomino, non esclude l’appartenenza comune anche della porzione di suolo su cui detta parte insiste". 5.1. – Il giudice di rinvio provvederà, altresì, in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

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