T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 11-11-2011, n. 2100 Impianti di ripetizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato e depositato la società ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato, concernente l’ingiunzione a disattivare la stazione radio base per telefonia cellulare posta sull’edificio di via Italia n. 57 e l’annullamento in autotutela della relativa autorizzazione rilasciata in data 26.4.1995.

Il ricorso è stato affidato alle seguenti censure:

1)Violazione degli artt. 7 e 8 della L.r. n. 10/1991;

2)Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e dell’art. 3 della L.r. n. 10/1991;

3)Errore nei presupposti;

4)Violazione dell’art. 4 del Decreto Interministeriale n. 381/1998;

5)Violazione dell’art. 38 della legge n. 142/1990. Difetto assoluto di competenza;

6)Eccesso di potere per incompetenza. Violazione dell’art. 1, comma 4, lett. C), della legge n. 59/1997 e dell’art. 83, comma 1, del D.L.vo 112/1998;

6)Violazione della legge n. 36 del 22.2.2001.

Conclusivamente, la società ricorrente ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese.

Benchè ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio il Comune di Favara.

Con ordinanza collegiale n. 309 del 27.2.2002 la domanda di sospensione è stata accolta.

Alla Udienza Pubblica del 27 ottobre 2011 il ricorso è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato, nei limiti di cui appresso, sotto gli assorbenti profili di censure dedotti con i motivi sub 3), 5) e 6), con cui si contesta la competenza dell’Amministrazione comunale in materia di inquinamento elettromagnetico e l’asserita necessità del rilascio della concessione edilizia anziché dell’autorizzazione.

Ed invero, va rilevato anzitutto che per l’installazione degli impianti di telefonia mobile non occorre la concessione edilizia e tantomeno alcuna variante urbanistica e che la loro collocazione deve ritenersi consentita sull’intero territorio comunale, non assumendo carattere ostativo le specifiche destinazioni di zona (residenziale, verde, agricola, etc.) rispetto appunto ad infrastrutture di interesse generale che presuppongono la realizzazione di una rete capillare sul territorio, in quanto la loro localizzazione nelle sole zone espressamente e preventivamente individuate si porrebbe in contrasto proprio con l’esigenza di assicurare l’uniforme erogazione del servizio (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2003, n. 673; C.G.A. ordinanza 28 giugno 2006, n. 543).

In particolare, il Collegio ritiene di ribadire quanto affermato da questa Sezione con la sentenza n. 1010 del 9 maggio 2006, nella quale, nel riesaminare funditus la dibattuta questione dei poteri comunali in materia di installazione delle stazioni radio base necessarie per fornire il sistema di telefonia mobile nel territorio nazionale, si è, in particolare, osservato che, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, gli impianti di telefonia mobile non possono essere assimilati alle normali costruzioni edilizie, in quanto normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni, non hanno un impatto sul territorio paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o muratura.

Trattasi, difatti, di strutture, che, per esigenze di irradiamento del segnale, si sviluppano normalmente in altezza, tramite strutture metalliche, pali o tralicci, talora collocate su strutture preesistenti, su lastrici solari, su tetti, a ridosso di pali. Tali caratteristiche peculiari impongono, quindi, una valutazione separata e distinta del fenomeno, che deve essere compiuta con specifico riferimento alle infrastrutture telefoniche, escludendosi la legittimità di una estensione analogica di una normativa edilizia concepita per altri scopi e diretta a regolamentare altre forme di utilizzazione del territorio (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 26 agosto 2003, n. 4847; 24 novembre 2003, n. 7725, T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 4 marzo 2005, n. 16110).

Sotto diverso profilo, va poi osservato che la disciplina di riferimento -ratione temporis- è contenuta nell’art. 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, il quale recita: "1. Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei limiti dì esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti dì trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, ai sensi della legge 31 luglio 1997, n. 249, e nel rispetto del decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), e dei principi stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 5; b)… omissis; c) le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti di cui al presente articolo, in conformità a criteri di semplificazione amministrativa, tenendo conto dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici preesistenti;

d)… omissis.

6)i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici."

In relazione all’interpretazione di tale norma il Consiglio di Stato, sez. VI, si è già pronunciato più volte (cfr sentenze n. 2997 del 30 maggio 2003 e 3 giugno 2002, n. 3095) affermando che "La fissazione di limiti di esposizione ai campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dallo Stato (con il d.m. 381 del 1998) non rientra nell’ambito delle competenze attribuite ai comuni dall’art. 8 l. 22 febbraio 2001 n. 36. Ma alla stregua della disposizione in esame nemmeno è consentito che il comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia – urbanistica, adotti misure che nella sostanza costituiscono una deroga ai predetti limiti di esposizione fissati dallo Stato, quali ad esempio il generalizzato divieto di installazione delle stazioni radio – base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale; ovvero di introdurre misure che pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc..) non siano funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo.".

Nel caso di specie, l’intervento comunale censurato è chiaramente diretto non tanto al governo del territorio bensì alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo, materia, quest’ultima si ribadisce, riservata alla competenza del legislatore statale.

Per quanto suesposto il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo e per l’effetto va annullato.

Va disattesa, viceversa, la domanda di risarcimento dei danni sia perchè dedotta in maniera generica e sia perché gli effetti del provvedimento impugnato sono stati paralizzati dalla concessione della misura cautelare con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza -seppure parziale, secondo la liquidazione operata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti indicati in motivazione.

Condanna il Comune di Favara al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese di lite che liquida nella complessiva somma di Euro 1.500,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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