Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-03-2012, n. 4418 Tirocinio pratico ospedaliero

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 18.12.2009/2.1.2010 la Corte di appello di Firenze confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da S.A. e dagli altri ricorrenti indicati in epigrafe per l’accertamento del loro diritto, quali dipendenti universitari, inquadrati come funzionari tecnici ed operanti in regime di convenzione con il SSN, ad essere equiparati ai dipendenti ospedalieri di 9 livello la Co., di 10 livello i restanti e a percepire tutti i compensi conseguenti a tale equiparazione.

Osservava in sintesi la corte territoriale che la equiparazione, e la conseguente determinazione dell’indennità prevista dal D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31, non potevate più essere operata con riferimento a quanto previsto dal decreto interministeriale del 9.11.1982, trattandosi di fonte espressamente prevista come provvisoria e, comunque, tacitamente abrogata per effetto della riqualificazione professionale operata dalla L. n. 23 del 1986 (che aveva istituito il ruolo speciale del personale tecnico-scientifico delle università) ed, in ogni caso, incompatibile con il nuovo assetto del pubblico impiego, ed in particolare con la rilevanza che nello stesso aveva assunto la contrattazione collettiva, la quale, nel garantire temporaneamente la situazione retributiva in atto, aveva assegnato esclusivo rilievo al raffronto fra la contrattazione collettiva dei rispetti comparti e alle esistenti convenzioni.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso S.A. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe con tre motivi, illustrati con memoria.

Resistono con controricorso la Regione Toscana, l’Azienda Ospedaliero – Universitaria Careggi e l’Università degli Studi di Firenze.

Ha depositato memoria anche l’Azienda Ospedaliero – Universitaria Careggi.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla L. n. 23 del 1986, art. 12, al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31, comma 4, alla L. n. 833 del 1978, art. 39) ed, al riguardo, osservano che erroneamente la corte di merito aveva supposto la tacita abrogazione della tabella allegata al D.I. del 1982, non considerando che le qualifiche universitarie preesistenti alla L. n. 23 del 1986 non erano state soppresse, ma solo integrate, da quest’ultima; che il diritto all’indennità di equiparazione del personale universitario non medico trovava la sua fonte diretta nella legge (D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 e relativo decreto ministeriale di attuazione); che la perdurante vincolatività della tabella di equiparazione contenuta nell’allegato D al decreto del 9.11.1982 era stata affermata in favore dei ricorrenti con sentenza del giudice amministrativo, per il periodo anteriore all’1.7.1998.

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31, dell’art. 53 del CCNL del Comparto Università del 7/6/1996 e dell’art. 51 del CCNL del Comparto Università del 9/8/2000, rilevano che, diversamente da quanto ritenuto dalla corte territoriale, i contenuti della contrattazione collettiva non smentivano la perdurante applicabilità del D.P.R. n. 761 del 1979 e della norma regolamentare attuativa dello stesso, con la conseguenza che, fino all’adozione della nuova tabella di equiparazione prevista dall’art. 51 del contratto collettivo del 2000, doveva ritenersi che l’unica tabella di corrispondenza valida ed efficace fosse quella di cui all’allegato D al d.i. del 9.11.1982.

Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, che la corte toscana aveva omessa di pronunciare in ordine al motivo di appello relativo al prospettato difetto di legittimazione passiva della Regione Toscana e dell’Azienda Ospedaliera Careggi.

2. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in ragione della loro connessione ed interdipendenza sul piano logico- giuridico, e devono ritenersi infondati.

Giova, al riguardo, premettere, con riferimento alle fonti normative nel caso rilevanti, come il D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 ("Stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali") prevede, per quanto qui di interesse, che "Al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unità sanitarie locali, anche se gestiti direttamente dalle università, è corrisposta una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità… Per la parte assistenziale, il personale universitario di cui ai precedenti commi assume i diritti e i doveri previsti per il personale di pari o corrispondente qualifica del ruolo regionale, secondo modalità stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833 e tenuto conto degli obblighi derivanti del suo particolare stato giuridico. Nei predetti schemi sarà stabilita in apposite tabelle l’equiparazione del personale universitario a quello delle unità sanitarie locali ai fini della corresponsione dell’indennità di cui al comma 1…".

Con decreto del 9 novembre 1982 è stato, quindi, approvato lo schema tipo di convenzione tra regione e università richiamato nella norma che precede e nel relativo allegato D la prevista tabella di equiparazione del personale universitario a quello delle USL di pari funzioni e mansioni, con le precisazioni che "la corrispondenza aveva riguardo al trattamento economico previsto dall’Accordo nazionale unico di lavoro per il personale ospedaliero 24 giugno 1980 in attesa del rinnovo del predetto contratto" (prima nota in asterisco al testo) e, con riferimento al personale tecnico universitario di cui alla 7^ ed 8^ qualifica funzionale, che la stessa veniva stabilita "in attesa della ridefinizione delle qualifiche funzionali" (nota n. 3 al testo).

Da ultimo (e per quanto qui di rilievo ratione temporis) l’art. 51 del CCNL 1998/2001 del personale del Comparto Università ("Norme per il personale che opera presso le aziende policlinico universitario e le strutture sanitarie convenzionate") ha previsto che "…2. Ai fini di assicurare l’omogeneità dei trattamenti sul territorio nazionale e di tener conto delle evoluzioni delle professioni sanitarie, sarà definita entro 12 mesi dalla stipula del presente contratto una tabella nazionale delle corrispondenze tra le figure professionali previste dal presente CCNL e quelle previste dal CCNL del comparto Sanità. Tale tabella sarà aggiornata, ove reso necessario da eventuali innovazioni nelle professioni sanitarie, esclusivamente in sede di CCNL. 3. Dalla data di definizione della tabella di cui al comma precedente, al personale di cui al comma 1 verrà corrisposta l’indennità di equiparazione di cui al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 del calcolata con riferimento alle corrispondenze professionali definite dalla suddetta tabella. 4. Fino alla definizione della tabella di cui al comma 2, al predetto personale di cui al comma 1, in servizio alla data di stipula del presente CCNL, continuano a essere corrisposte le indennità di cui al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 con riferimento alle collocazioni professionali in essere e alle corrispondenze in essere con le figure del personale del servizio sanitario nazionale e con riferimento al trattamento economico previsto dai contratti collettivi nazionali nel tempo vigenti nel comparto sanità". 3. Sostengono i ricorrenti che, pur dopo la contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, l’indennità di equiparazione in esame (c.d. indennità D.M.) va determinata in conformità a quanto previsto dal decreto del 9.11.1982, trattandosi di atto avente forza di legge, insuscettibile di essere derogato dalle convenzioni richiamate nello stesso D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31, per trattarsi di atti paritetici insuscettibili di operare la prevista equiparazione dei profili professionali e delle qualifiche in termini diversi da quelli stabiliti nel medesimo provvedimento.

4. Tale tesi va, tuttavia, comparata con il ruolo che compete alla contrattazione collettiva nel sistema delle fonti del rapporto di pubblico impiego ed appare incompatibile con lo stesso.

Deve, infatti, rammentarsi come il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 (nel testo vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di riforma L. n. 150 del 2009, art. 57, comma 1, lett. a) prevede che "il trattamento economico ed accessorio, fatto salvo quanto previsto all’art. 40, commi 3 ter e 3 quater, e all’art. 47 bis, comma 1, è definito dai contratti collettivi" e come, secondo l’interpretazione del tutto prevalente, tale disposizione determina (pur dopo la riforma del 2009, che ha introdotto nel testo della stessa il riferimento eccettuativo agli artt. 40 e 47 bis) una riserva di competenza, nella suddetta materia, a favore dell’autonomia contrattuale collettiva, e, comunque, esprime, per come pur si è sostenuto da autorevole dottrina, una conferma della natura contrattuale dei diritti connessi alla retribuzione e della dimensione solo collettiva, ossia accorpata ed indivisibile, in cui tali interessi vengono in rilievo.

Il riconoscimento di tale competenza non può certo far disconoscere il rilievo dei vincoli, ed in qualche caso anche degli specifici aspetti contenutistici, che il legislatore ha in questi anni imposto alla contrattazione in materia di retribuzione, essendo il legislatore in non pochi casi intervenuto, anche prima della riforma del 2009, con disposizioni specifiche, volte, sol a titolo esemplificativo, a determinare per legge l’importo massimo del trattamento economico concedibile (L. n. 244 del 2007, art. 3, commi 44 e 46), a sopprimere le disposizioni contrattuali riguardanti l’indennità di trasferta (L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 213) e quelle che ponevano a carico dell’amministrazione spese per la cura dei dipendenti (L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 221), o ancora per escludere l’attribuzione di trattamenti economici aggiuntivi a favore dei dipendenti per i quali era stata riconosciuta una infermità dipendente da causa di servizio (D.L. n. 112 del 2008, art. 70, comma 1 conv. nella L. n. 133 del 2008).

Se, pertanto, tali disposizioni confermano come la riserva in favore dell’autonomia collettiva non esclude l’intervento di fonti pari- ordinate, e, comunque, il rilievo che assumono, in tal contesto, i vincoli quantitativi (D.Lgs. n. 165, art. 48) e di risultato (cit.

D.Lgs., art. 45, commi 3 e 3 bis) stabiliti, in via generale, dalla legge, resta fermo il fatto che tali vincoli non negano la competenza della contrattazione collettiva nella materia ed, ancor prima, che la stessa Corte Costituzionale ha in più occasioni ribadito come la disciplina per contratto collettivo dei dipendenti pubblici costituisce uno dei principi fondamentali del nuovo regime del rapporto di pubblico impiego, come tale vincolante anche per la legislazione regionale (cfr. Corte Cost. n. 189/2007, n. 308/2006).

Sicchè tale disciplina deve ritenersi fonte di uno specifico obbligo a contrarre per l’amministrazione e limite ad una indiscriminata interferenza nella competenza dell’autonomia collettiva in materia retributiva.

Tali considerazioni, va, infine, osservato, non risultano neppure smentite dalla riforma del 2009 (ed, in particolare dalle nuove previsioni del cit. D.Lgs., art. 40, comma 3 ter e 47 bis, comma 1), dal momento che la legge, pur consentendo, in difetto di accordi nazionali e integrativi, l’intervento unilaterale del datore di lavoro pubblico nella definizione del trattamento economico, tuttavia, espressamente esclude, con l’attribuire a tale intervento carattere solo provvisorio, una stabile determinazione del trattamento economico da parte di fonti non negoziali. Il che conferma la correttezza dell’opinione che evidenzia come, pur nel nuovo quadro normativo, l’intervento unilaterale dell’amministrazione non costituisce una competenza concorrente con quella della contrattazione collettiva, ma solo una misura temporanea, volta a garantire "la continuità e il migliore funzionamento della funzione pubblica" (così l’art. 40, comma 3 ter).

5. Chiarito il rilievo che assume, nella materia del trattamento retributivo del pubblico impiego, il principio della riserva di competenza in favore dell’autonomia contrattuale collettiva, deve escludersi che, nella fattispecie in esame, il diritto vantato dai ricorrenti possa rinvenire regolamentazione in fonti diverse dalla contrattazione collettiva applicabile o da quelle da quest’ultima richiamate. Avuto, pertanto, riguardo, al disposto dell’art. 51 del CCNL 1998/2001, si deve, al riguardo, evidenziare che lo stesso (a) riserva alla contrattazione collettiva la predisposizione di una tabella nazionale delle corrispondenze fra le figure professionali previste dal contratto collettivo del Comparto Università e quelle previste dal contratto collettivo del Comparto Sanità; (b) stabilisce che eventuali aggiornamenti saranno determinati "esclusivamente in sede di CCNL"; (c) garantisce, in via transitoria, il diritto all’indennità in questione, senza fare alcun riferimento al decreto del 9.11.1982; (d) da rilievo alle collocazioni professionali e alle corrispondenze "in essere", e cioè attualmente vigenti, e al trattamento economico previsto dai contratti collettivi succedutisi "nel tempo…nel comparto sanità". Tale essendo il contenuto della norma, deve osservarsi che la stessa, da un lato, convalida l’impossibilità di ogni utile riferimento, ai fini dell’individuazione delle previste corrispondenze professionali, alla tabella D allegata al citato decreto interministeriale, in quanto non espressamente menzionata; dall’altro, conferma, per come ben consentito alla contrattazione collettiva, ed in virtù della competenza in materia alla stessa attribuita, la validità delle corrispondenze (in essere, e cioè) in atto previste dalle convenzioni stipulate, ai sensi dello stesso art. 31, fra l’Università e le Regioni, sulla base della contrattazione collettiva succedutasi nel corso del tempo. Tale risultato interpretativo, per come hanno correttamente osservato i giudici di appello, non appare incoerente col carattere di provvisorietà che assumevano gli stessi criteri di corrispondenza stabili nel decreto del 1982 (subordinati, per come erano, all’evoluzione degli accordi economici collettivi del settore e alla ridefinizione delle qualifiche funzionali, già attuata con la L. n. 23 del 1986, istitutiva del ruolo speciale del personale tecnico- scientifico delle università) e, comunque, è imposto dai criteri di corrispondenza fattuali legittimati dalla contrattazione collettiva e dell’irrilevanza, nella specie, di ogni diversa fonte regolamentare.

E’ appena il caso, infine, di rilevare che il diritto riconosciuto dal giudice amministrativo in favore dei ricorrenti alla determinazione dell’indennità secondo i criteri stabiliti nel decreto del 9 novembre 1982, non può consolidare in favore degli stessi alcun diritto alla conservazione anche per il futuro di tale trattamento, non potendo il trattamento economico dei ricorrenti restare esente dall’applicazione del regime contrattuale sopravvenuto e vigente per la generalità dei dipendenti, in conformità alla disciplina giuridica prevista per il pubblico impiego, a seguito della sua contrattualizzazione e riconduzione ai principi comuni del diritto del lavoro. I motivi in esame vanno, pertanto, rigettati.

8. Quanto, infine, al terzo motivo, lo stesso deve ritenersi inammissibile.

Trova, infatti, applicazione il principio di diritto secondo cui, se è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo è anche giudice del fatto ed ha il potere- dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia per il sorgere di tale potere- dovere è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui chiede il riesame, e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazione e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (v. ad es.

Cass. n. 14133/2007). Più in particolare, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia o di motivazione, è necessario, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte domande, eccezioni o deduzioni autonomamente apprezzabili,e, dall’altro, che tali domande, eccezioni e deduzioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, data la rilevanza che in questo assume il canone della sua necessaria autosufficienza (v. SU n. 16781/2005) e dato che l’esame diretto degli atti è pur sempre condizionato ad un preliminare apprezzamento della decisività della questione controversa.

Nel caso, le censure sul punto svolte nell’atto di appello non sono state trascritte nei loro esatti termini, essendosi i ricorrenti limitati a prospettare di aver richiesto nelle conclusioni dell’appello che venisse dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Toscana e dell’Azienda Careggi "per i motivi ivi esposti". 9. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio, tenuto conto della novità delle questioni trattate e dei pregressi orientamenti in materia della giustizia amministrativa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2012

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