T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 11-11-2011, n. 1680 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A Venezia, in frazione di Zelarino, A.S. e O.P. sono rispettivamente proprietaria ed usufruttuaria di un appartamento compreso in un condominio, regolarmente edificato a partire dal 1954.

Le due hanno poi separatamente acquistato un garage, pertinenziale a quel condominio e della superficie di mq 12, censito a fg 10, mapp. 231 sub 19, cat. C6 cl. 6, parte di un "fabbricato in muratura", appunto prossimo al condominio e "consistente in n. 4 box auto disposti in schiera e chiusi singolarmente da portoni e serrande", come descritto nella nota 22 aprile 2008, con cui il Comune di Venezia ha avviato nei confronti di ciascun proprietario un procedimento sanzionatorio, assumendo l’abusività dell’intero fabbricato accessorio.

B. Sememzato e Pistolato, odierne ricorrenti, come i proprietari degli altri tre box, non hanno potuto opporre alcun titolo edilizio per il manufatto, completato però già al nel 1966, quando lo stesso fu censito al catasto fabbricati per ciascuna sua parte, poi autonomamente vendute.

C. Presso l’Archivio storico del Comune di Venezia è poi conservato un fascicolo, cui fu assegnato il numero di pratica n. 1621/56, in cui è presente:

a) un progetto di ampliamento, presentato il 10 novembre 1956 dal costruttore per la realizzazione di locali ad uso magazzini sull’area sopra indicata (si tratta, per la posizione, dell’edificio in questione);

b) un atto del 26 novembre 1956, con il quale l’Amministrazione comunale ha richiesto la presentazione di un nuovo elaborato, nel quale la distanza dei magazzini dall’ala del fabbricato ad est fosse portata da m. 1.30 a m. 3.00;

c) una richiesta dei costruttori del 21 maggio 1970 per il "rilascio di una copia di inizio e termine lavori", in relazione alla costruzione dei garage al fine di ottenere benefici fiscali;

d) una convocazione da parte dell’ufficio per comunicazioni urgenti afferenti la prefata richiesta.

Nei registri dell’Archivio è anche annotata la pratica 21 marzo 1958, n. 1432, avente sempre lo stesso oggetto, ma la relativa cartella è vuota.

D. Completata l’istruttoria avviata con la nota 22 aprile 2008, con il provvedimento 4 ottobre 2010 il Comune ha ingiunto la demolizione dei garage, per contrasto con l’art. 9 del D.M. 1444 del 1968 e dell’art. 8.5 delle N.T.S.A., in considerazione dell’insufficiente distanza dal fabbricato principale sito sullo stesso lotto e dell’eccesso di urbanizzazione fondiaria.

E. Avverso il suddetto provvedimento le interessate hanno proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio;

Si è costituito il Comune di Venezia, il quale sostiene la legittimità della determinazione assunta, in considerazione, tra l’altro, dell’assenza del titolo edilizio, non reperito nonostante gli accertamenti svolti, e necessario anche al tempo di realizzazione delle opere, dell’inderogabilità della previsione di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 e del carattere vincolato del provvedimento demolitorio, con conseguente esclusione della necessità di una motivazione particolarmente diffusa.

F. Con ordinanza 24/11 questa Sezione ha accolto la domanda cautelare presentata dalle ricorrente, in considerazione del periculum e della sussistenza di un apprezzabile fumus, avendo l’amministrazione omesso, alla luce del lungo tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera e l’irrogazione della sanzione demolitoria e della sussistenza di significativi elementi idonei a comprovare la sussistenza di un legittimo affidamento del ricorrente, di adeguatamente esplicitare il pubblico interesse, diverso da quello al mero ripristino della legalità, suscettibile di giustificare il sacrificio dell’interesse privato.

Motivi della decisione

1.1. Il primo motivo è rubricato nell’ eccesso di potere per difetto dei presupposti, insufficiente istruttoria e travisamento dei fatti.

L’Amministrazione non avrebbe acquisito alcun elemento idoneo a comprovare che i box oggetto dell’ordinanza di demolizione siano stati realizzati in assenza del permesso di costruire ovvero in totale difformità o con variazioni essenziali.

L’istruttoria svolta avrebbe comunque evidenziato che, se da un canto la stessa Amministrazione ha smarrito la documentazione, relativa al procedimento avviato con l’istanza 21 marzo 1958, n. 1432, dall’altro sussistono una serie di elementi significativi, i quali inducono a ritenere che l’intervento, realizzato oltre cinquant’anni fa, sia stato assentito; comunque, manca qualsiasi significativo elemento di segno opposto.

Peraltro, secondo le ricorrenti, "era onere dell’Amministrazione comunale… effettuare le opportune ricerche per verificare l’effettiva assenza di un atto autorizzativo, non potendosi pretendere che il privato dopo oltre 50 anni possa essere in possesso di atti amministrativi rilasciati su istanza degli originari proprietari dei manufatti".

1.2. Il provvedimento demolitorio, inoltre, sarebbe altresì viziato da difetto assoluto di motivazione (III motivo: eccesso di potere per difetto del presupposto dell’interesse pubblico, difetto di motivazione e sviamento), in quanto, in considerazione del luogo tempo trascorso dalla realizzazione delle opere, unitamente agli altri elementi idonei a comprovare la sussistenza di un legittimo affidamento del ricorrente, l’Amministrazione avrebbe dovuto congruamente esplicitare le ragioni di pubblico interesse suscettibili di giustificare l’irrogazione della sanzione demolitoria.

2.1. Il ricorso è fondato.

2.2. Anzitutto, bisogna rimarcare come l’edificio pertinenziale in questione, adibito a box auto, non abbia mai costituito oggetto di rilievi da parte dell’Amministrazione resistente, se non a seguito della segnalazione di un altro condomino, il quale ha rilevato come il manufatto fosse stato eretto a distanza inferiore a quella prescritta, quale però introdotta con il d.m. 1444/68, mentre la costruzione in questione era già stata completata non oltre il 1966.

2.3. Ora, tale situazione rende di per sé dubbio che il manufatto sia illegale, e che l’Amministrazione possa per questo disporne la demolizione: una perplessità che verrebbe comunque superata se fosse appurata la mancanza di un legittimo titolo edilizio che approvasse la costruzione, sia pure ad un’altra peculiare condizione, giacché, secondo l’orientamento giurisprudenziale condiviso dal Collegio, "l’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, richiedendosi una motivazione specifica solo nel caso in cui, per il protrarsi e il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e il protrarsi della inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, ipotesi questa in cui è ravvisabile un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche alla entità e alla tipologia dell’abuso, indichi il pubblico interesse, diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato" (così, da ultimo, C.d.S. IV, 12 aprile 2011, n. 2266).

3.1. Orbene, in specie, risulta adeguatamente comprovato che i costruttori presentarono una domanda per ottenere la licenza di costruzione del manufatto, certamente all’epoca richiesta.

L’esito di tale domanda è ignoto. Tuttavia, il principio per cui le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concludere, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, ogni procedimento amministrativo che consegua obbligatoriamente ad un’istanza (ed è questo il caso), prima di essere stato positivizzato nell’art. 2 della l. 241/90, era comunque immanente nel sistema, costituendo evidente applicazione del principio costituzionale di buon andamento dell’Amministrazione.

3.2. Si deve dunque presumere che, anche nella fattispecie de qua, il procedimento in questione sia stato condotto a compimento, e gli uffici comunali si sia conclusivamente pronunciati sulla domanda, mentre, per quanto riguarda il relativo esito, è da rilevare:

1) che la costruzione è stata realizzata in epoca ampiamente successiva a quella di presentazione della domanda, ciò che fa immaginare che ciò sia avvenuto solo dopo aver ottenuto l’assenso dell’Amministrazione;

2) che il manufatto è stato regolarmente censito ed ha formato oggetto di compravendita, e ciò fa propendere per la sua regolarità, anche se la disciplina dell’epoca sul punto era certo meno rigorosa di quella attuale;

3) che nessun rilievo è giunto dal Comune per oltre quarant’anni, e un procedimento sanzionatorio è stato avviato solo a seguito della segnalazione di un privato, e ciò in relazione alle caratteristiche della costruzione, e non alla comprovata assenza di titolo;

3.3. Si tratta invero di elementi gravi, precisi e concordanti i quali, nel loro complesso, fanno ragionevolmente presumere che il titolo edilizio sia stato in effetti emesso, e poi smarrito, e la costruzione poi realizzata nel rispetto del progetto assentito.

Sarebbe dunque spettato all’Amministrazione resistente di fornire la prova documentale che, viceversa, quel procedimento si era concluso con un provvedimento sfavorevole: mentre il Comune si è limitato a sostenere che gli elementi istruttori fanno propendere per la tesi che la licenzia edilizia non sia mai stata rilasciata, ciò che è evidentemente insufficiente.

3.4. Ne consegue che l’ordine di demolizione è viziato, perché muove dall’indimostrato presupposto che l’opera in questione sia stata rilasciata in difetto di una valida autorizzazione edilizia, dovendo viceversa presumersi l’opposto, come appena detto.

4. In ogni caso, comunque, gli stessi elementi, prima compendiati al Par. 3.2., conducono a riconoscere fondato anche il terzo motivo di ricorso: si è cioè in specie ingenerata una posizione di affidamento nel privato, che avrebbe imposto una peculiare motivazione per giustificare il provvedimento demolitorio.

5. Il ricorso va pertanto accolto, ed annullato l’atto gravato: ma le peculiarità della fattispecie impongono di compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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