Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-09-2011) 12-10-2011, n. 36804

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.A. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 18.27/1.2011 del tribunale di sorveglianza di Roma che dichiarava inammissibile, da un lato, l’istanza di differimento pena, anche nella forma della detenzione domiciliare, per via di condizioni di salute asseritamente incompatibili con lo stato detentivo – ex art. 146 c.p., n. 3 – e rigettava, dall’altro, l’istanza motivata da grave infermità fisica – ex art. 147 c.p., n. 2, deducendo manifesta illogicità della motivazione nella misura in cui non avrebbe tenuto conto delle gravi patologie certificate in sede di certificazione valutate fronteggiabili solo da "un assiduo monitoraggio clinico- terapeutico non effettuabile in ambiente carcerario".

Il ricorso non merita accoglimento perchè infondato.

Infondato, sul versante della asserita incompatibilità, per la contraddittorietà della certificazione richiamata nel cui contesto si da atto che le cure, pur ritenute incompatibili con il regime carcerario, in atto sono pienamente operate nel reparto infermeria dell’istituto di pena. Onde coglie nel segno l’osservazione giudiziale in merito alla omessa indicazione, nel documento sanitario, delle ragioni della incompatibilità, meramente asserite e contraddette dalla realtà effettuale. Inammissibile poi il ricorso nella misura in cui il ragionamento difensivo omette ogni considerazione del pur chiaro disposto dell’art. 147 c.p., ult. cpv. che impone la detenzione carceraria ove sussista il concreto pericolo della commissione di delitti. Ed i giudici della sorveglianza hanno sottolineato il fatto della commissione di delitti – evasione nel febbraio 2010, in data più recente condotte di ricettazione e di falsa attestazione al p.u. – malgrado una pregressa concessione della misura,meno afflittiva, degli arresti domiciliari.

E costituisce principio giurisprudenziale condiviso quello per il quale la detenzione domiciliare può essere applicata, in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, in tutti i casi in cui, malgrado la presenza di gravi condizioni di salute, il condannato sia in grado di partecipare consapevolmente al processo rieducativo attuato attraverso gli interventi del servizio sociale, e residui un margine di pericolosità sociale che faccia ritenere ancora necessario un controllo da parte dello Stato (Sez. 1, 14.1/9.2.2011, Tinelli, Rv 249974). E, nel caso di specie, i giudici del merito, hanno ritenuto, con ragionamento esente da vizi logico-giuridici, perchè calato nella rappresentazione del concreto processuale, che, anche in presenza di una patologia sicuramente grave del condannato (nel caso di specie, affetto da bronco pneumopatia cronica ostruttiva di grado avanzato, con insufficienza respiratoria ipossica, dispnea, cardiopatia ischemica ipertensiva, epilessia generalizzata primitiva, sindrome depressiva, discopatia, osteoartrosi e rizoartrosi), di non essere tenuti automaticamente a concedere il rinvio dell’esecuzione della pena per ragioni di salute, ovvero la misura alternativa della detenzione domiciliare in casa di cura, avendo verificato che la situazione patologica era congruamente fronteggiabile in ambiente carcerario, da un lato, e che sussisteva il pericolo concreto di reiterazione di delitti se alla condannata fossero stata concessa anche solo la detenzione domiciliare.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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