T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 11-11-2011, n. 1679 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. La vicenda prende avvio nel 1986, quando B.Z. presentò, à sensi della l. 47/85, una domanda condono per "un manufatto in lamiera grecata su base in calcestruzzo (altezza media mt. 3.06 e superficie coperta mq. 202.36)", posto in zona sottoposta a vincolo paesaggistico in territorio di Bassano del Grappa.

1.2. L’Amministrazione, a conclusione del procedimento, assunse il provvedimento 8 febbraio 1994, n. 13967/86, nel quale si rilevava, anzitutto, che – secondo l’istruttoria svolta – la costruzione aveva avuto destinazione agricola e non artigianale (come evidentemente era stato dichiarato nella richiesta di condono), e che l’intervento poteva essere stato realizzato soltanto dopo il 1981, e non nel 1976, come il proprietario aveva dichiarato.

1.3. A questo punto, seguitava l’atto, trattandosi di dichiarazione dolosamente infedele, si sarebbe proceduto "ad applicare le sanzioni di legge, previa denuncia all’autorità giudiziaria, salvo che l’interessato non avesse corretto la domanda di condono originario" entro il termine di trenta giorni.

Il Comune, insomma (e il suo stesso difensore ne ammette la singolare condotta), da una parte respinse la domanda di condono, inconciliabile con la situazione accertata durante l’istruttoria, ma, dall’altra, invitò lo Z. a presentare una dichiarazione correttiva, che emendasse dai falsi ideologici l’istanza originaria, esonerando così l’Ente da una sgradita denuncia all’autorità giudiziaria.

1.4. Il successivo 15 settembre, poco prima della scadenza di un’ulteriore proroga, lo Z. dichiarò di accettare la "revisione del periodo" e "la destinazione d’uso agricola" indicata dall’Amministrazione "al solo scopo di evitare costosi procedimenti amministrativi", pur proponendo "un’ulteriore proroga" per completare la pratica.

Nessuna risposta gli giunse: di fatto, la vicenda entrò in una lunga fase di latenza, fino al giugno del 2009, quando il Comune effettuando una verifica, poté accertare che il manufatto era ancora presente, e vi si erano aggiunti altri manufatti non assentiti, costituiti da una recinzione e da un muro di contenimento.

1.5. Così, con l’ordinanza 27 luglio 2009, n. 237/09, l’Amministrazione ordinò allo Z. di "provvedere al ripristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione delle opere abusive ivi eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica e di titolo abilitativo edilizio consistenti in: a) un tratto di recinzione composta da rete metallica sorretta da stanti in acciaio tubolare di altezza 2,10 m e larghezza 80,00 m, posizionata a nord della proprietà; b) un manufatto in lamiera grecata su base in cls di altezza media 3,06 m e superficie coperta 202,36 mq, posizionato presso il confine nord della proprietà; c) un muro in cls di contenimento terrapieno posizionato nelle immediate vicinanze del manufatto descritto al precedente".

1.6. Il provvedimento è stato gravato con il ricorso principale e ne è stata richiesta la sospensione cautelare, respinta bensì dal T.A.R. mediante l’ ordinanza 25/10, ma con la motivazione che l’atto gravato costituiva una semplice diffida, la cui limitata efficacia temporale (45 giorni, ex art. 27, III comma, d.P.R. 380/2001) era ormai interamente cessata: un’interpretazione dubbia, atteso l’espresso ordine di ripristino, pena la demolizione, che esso conteneva.

1.7. Comunque, lo Z. non ritenne di dare seguito alla disposizione, ed un nuovo sopralluogo, svolto il 29 gennaio 2010, appurò la persistenza delle tre opere: sicché il Comune, con l’ordinanza 1 febbraio 2010, n. 25/10, dichiarò l’inottemperanza all’ordinanza 237/09, disponendo la demolizione d’ufficio degli stessi manufatti.

1.8. Il provvedimento fu allora gravato con i secondi motivi aggiunti e venne parzialmente sospeso dal T.A.R. con l’ordinanza 351/10: limitatamente, cioè, al tratto di recinzione ("apparendo dubbia la stessa necessità del previo rilascio di concessione edilizia… con quanto ne consegue sul piano sanzionatorio") ed al muro terrapieno di contenimento ("per il quale è stata presentata domanda di compatibilità paesaggistica e quindi di sanatoria"), mentre la sospensione è stata esclusa, quanto al capannone, " per il cui mantenimento è stata presentata istanza di sanatoria a suo tempo respinta con provvedimento non impugnato, trattandosi di abuso di rilevanti dimensioni commesso in zona vincolata e perciò soggetto a sanzione demolitoria".

1.9. A questo punto lo Z. il 15 marzo 2010 presentò domanda per l’accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167, IV e V comma, del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, relativamente alla recinzione ed al muro di contenimento.

Seguirono all’istanza:

a) il parere sfavorevole 3 giugno 2010, n. 294, della commissione edilizia integrata, emesso in base all’istruttoria tecnica 31 maggio 2010;

b) il parere vincolante 6 luglio 2010, prot. n. 16718 della Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, in cui, tra l’altro "considerata l’entità ed il tipo di variazioni apportate al contesto paesaggistico interessato dalla realizzazione del progetto a suo tempo approvato, esprime parere contrario al rilascio dell’accertamento di compatibilità delle opere in oggetto. Tanto si comunica considerato che le opere in argomento non sono comprese nelle tipologie dei lavori previsti dall’art. 167 comma 4 del d. lgs. 42/2004";

c) il nuovo parere 23 settembre 2010, n. 563, della commissione edilizia integrata, con cui, vista l’istruttoria, si esprime nuovamente parere contrario "in quanto le opere eseguite contrastano con le particolari caratteristiche paesaggistiche e ambientali del particolare sito rurale";

d) l’ulteriore parere 19 novembre 2010, n. 30608, della Soprintendenza che concorda con l’atto sub c), "considerata l’entità ed il tipo di variazioni apportate nella realizzazione del progetto a suo tempo approvato".

1.10. Pertanto, con la nuova ordinanza 2 dicembre 2010, n. 343, il Comune di Bassano del Grappa ha accertato che gli interventi, per i quali era stata richiesta l’ autorizzazione paesaggistica non sono compatibili con il vincolo, ed ha dunque rigettato la domanda 15 marzo 2010; di seguito ha ordinato la rimessione in pristino per la recinzione ed il terrapieno, cui si aggiunge quello analogo per il manufatto in lamiera, contenuto nell’ordinanza sindacale 25/10.

1.11. L’ordinanza comunale 343/10 è stata impugnata con i secondi motivi aggiunti, insieme ai quattro pareri presupposti, prima elencati.

La Sezione ha ritenuto di poter accogliere la relativa istanza cautelare, "nei limiti del provvedimento di demolizione della recinzione e del muro di contenimento, per i quali è stata presentata istanza di compatibilità paesaggistica", fissando contestualmente la pubblica udienza per la decisione del ricorso.

1.12. Nell’intervallo lo Z. ha presentato al Comune di Bassano una nuova istanza, riferita al capannone, chiedendo che per questo venisse rilasciato un permesso di costruire in riesame, previo annullamento o revoca delle due ordinanze del 2009 e 2010 che avevano disposto la demolizione: e ciò sul presupposto che, nel 1994, egli aveva integrato la domanda di sanatoria, accettando così la destinazione d’uso agricola, sicché la costruzione sarebbe da allora sostanzialmente regolarizzata.

1.13. L’Amministrazione comunale, nella replica del 22 febbraio 2011, si è limitata a confermare i precedenti atti di demolizione del manufatto: l’atto è stato allora gravato con il terzo ricorso per motivi aggiunti, nel quale si chiede altresì che sia dichiarato l’obbligo dell’Ente di assumere una decisione su istanza di sanatoria in un termine dato, nonché per la nomina, nell’inerzia, di un commissario ad acta.

2.1. Va esaminato anzitutto il secondo ricorso per motivi aggiunti, il cui oggetto principale è costituito dalla citata ordinanza 2 dicembre 2010, n. 343.

In questa, richiamati i provvedimenti precedenti, emessi dal Comune e dal giudice amministrativo, nonché i successivi pareri, di cui prima si è dato conto, si accerta infine che gli interventi consistenti nel tratto di recinzione e del muro di contenimento "non sono compatibili con il vincolo paesaggistico e, per tale effetto, viene rigettata la domanda del sig. Z. B., in data 15.03.2010", ordinando poi di procedere alla demolizione di tali opere.

2.2. La notifica del ricorso per motivi aggiunti avverso l’ordinanza in questione è stata effettuata presso la Segreteria del T.A.R. Veneto.

In effetti, il Comune resistente, nell’atto di costituzione, depositato in replica al ricorso introduttivo, aveva eletto domicilio presso la Segreteria del T.A.R.: dichiarazione in sé inefficace, perché nessuno può liberamente disporre della sede di un pubblico ufficio per la propria utilità personale, ma che, in pratica, raggiunge il suo scopo per effetto delle disposizioni (prima l’art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, ed attualmente l’art. 25 c.p.a.) per cui la parte, se non elegge domicilio nel territorio del comune sede di T.A.R. o della sezione staccata dove pende il ricorso (ed a ciò equivale, evidentemente, dichiarare un domicilio ineleggibile), si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata.

2.3. Peraltro il Comune di Bassano aveva depositato un nuovo atto di costituzione alcuni giorni prima dell’udienza camerale, fissata per la discussione dell’istanza cautelare contenuta nei primi motivi aggiunti.

Questo nuovo atto, che si deve presumere conosciuto dal difensore del ricorrente, appunto perché messo a sua disposizione prima dell’udienza, reca un nuovo mandato a margine, nel quale viene ritualmente eletto domicilio nel Comune di Venezia.

2.4. Insomma, con l’originario controricorso introduttivo, proposto avverso il primo ricorso principale, secondo quanto si legge nella sua epigrafe, "si costituisce l’Ente comunale con l’avv. Luigi Binda del Foro di Bassano, giusta mandato rilasciato a margine del presente atto dal Sindaco pro tempore dr. Stefano Cimatti, in ossequio alla delibera della G.C. n° 319 del 24/11/2009, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Veneto"; nella seconda comparsa, viceversa, il Comune si costituisce "confermando a proprio difensore l’avv. Luigi Binda… con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Daniela Beccarello Tassello (…) in Mestre – Venezia, via Cappuccina n° 9".

2.5. Ora, ex art. 43 c.p.a., la notifica, alle controparti costituite, dei motivi aggiunti si effettua ai sensi dell’articolo 170 c.p.c., e, dunque, al loro procuratore nel domicilio da questo eletto, naturalmente purché il ricorrente ne abbia conoscenza legale.

Nella fattispecie, con l’udienza del 3 giugno 2010 il procuratore dello Z. acquistò tale conoscenza, ma, ciò nonostante, nel febbraio 2011 notificò poi i secondi motivi aggiunti presso la Segreteria del T.A.R., con la conseguente nullità della notifica ed inefficacia del relativo ricorso per motivi aggiunti.

2.6. Per vero, ex art. 44, III comma, c.p.a. (norma procedimentale e, dunque, applicabile anche ai giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore: conf. C.d.S., III, 31 maggio 2011, n. 3276) la costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, "salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione": ma è evidente che la disposizione si riferisce soltanto a quella costituzione che segue il ricorso, principale o per motivi aggiunti, ed è posta in nesso causale e dialettico con lo stesso, attuando il contraddittorio.

In specie, il Comune di Bassano non si è mai formalmente costituito in relazione alle domande di annullamento proposte con i secondo motivi aggiunti, diversamente da quello che ha fatto in relazione alle restanti domande, né, comunque, ha svolto nelle memorie conclusive specifiche difese, riferibili cioè al contenuto dei secondi motivi aggiunti: s’è invece soltanto limitato ad osservare che il T.A.R. aveva parzialmente accolto la relativa istanza cautelare in carenza di contraddittorio, conseguente appunto alla mancanza di una valida notifica delle relative censure.

2.7. In conclusione, i secondi motivi aggiunti non possono essere esaminati, e ciò determina l’inoppugnabilità del provvedimento sindacale che, da una parte, ha negato la compatibilità ambientale della recinzione e del terrapieno, e dall’altro ne ha senz’altro nuovamente disposto la demolizione.

3.1. Il nuovo ordine di demolizione assorbe e supera i due precedenti analoghi provvedimenti (nn. 237/09 e 25/10) per la parte in cui essi si riferiscono all’ordine di demolizione dei due manufatti in questione: sicché il ricorso introduttivo ed i primi motivi aggiunti vanno dichiarati in parte qua improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse.

3.2. Per quanto poi concerne l’ordine di demolizione del manufatto in lamiera grecata su base in calcestruzzo, si tratta dello stesso manufatto cui si riferisce il terzo ricorso per motivi aggiunti, che pone in dubbio la legittimità della decisione assunta dall’Amministrazione di confermare le due ordinanze di demolizione a suo tempo emesse, e ciò sul presupposto che il procedimento di condono non sarebbe mai stato completato dopo la dichiarazione resa dallo Z. nel 1994 (sopra Par.Par. da 1.2. a 1.4.).

3.3. Come si è già visto lo Z. ha chiesto gli sia rilasciato un permesso di costruire in riesame, con annullamento o revoca, in parte qua, delle ordinanze 237/09 e 25/10 che avevano disposto la demolizione, sostenendo che nel 1994 si sarebbe regolarizzata la domanda di sanatoria.

L’Amministrazione, mediante la comunicazione 22 febbraio 2011, si è limitata a confermare i precedenti atti di demolizione del manufatto, e ne è appunto seguito il terzo ricorso per motivi aggiunti, nel quale si chiede l’annullamento di tale comunicazione, nonché la dichiarazione dell’obbligo dell’Ente di assumere una decisione sull’istanza di sanatoria in un termine dato, nonché per la nomina, nell’inerzia, di un commissario ad acta.

3.4.Ora, in tal modo, lo Z. tenta di introdurre tardivamente e surrettiziamente censure che avrebbero dovuto essere eventualmente proposte contro le due ordinanze di demolizione, nei relativi ricorsi: è infatti ovvio che se la procedura di condono non si era conclusa sfavorevolmente, nessun ordine di demolizione avrebbe potuto essere validamente emesso.

Lo Z. impugna infatti solo un atto meramente confermativo di quegli ordini, per tale non lesivo; propone inoltre una domanda per l’accertamento di un silenzio che non è dato ravvisare, visto che il Comune, disponendo la demolizione dell’opera, aveva appunto già implicitamente escluso che per l’intervento pendesse un rocedimento di condono.

3.5.1. Il terzo ricorso per motivi aggiunti si presenta ictu oculi inammissibile: ma, per alcuni profili, lo stesso sarebbe comunque palesemente infondato.

Come si è già parzialmente rappresentato nella precedente esposizione, con il provvedimento 8 febbraio 1994, n. 13967/86, il Comune di Bassano del Grappa aveva indubbiamente respinto la domanda di condono per l’annesso rustico – ovvero "manufatto in lamiera grecata"; per ragioni non limpide – ma la vicenda è ormai troppo lontana per un approfondimento sul punto – si era però consentito allo Z. di ritrattare alcune sue dichiarazioni contenute nell’istanza di condono, che, ritenute false, per tali avrebbero imposto al Comune, non tanto d’irrogare direttamente una specifica sanzione, ma di fare rapporto all’Autorità giudiziaria.

3.5.2. Ora, a prescindere dal significato che si voglia attribuire alla dichiarazione integrativa presentata dallo Z. nel corso dello stesso 1994, è indubbio che la stessa non avrebbe comunque potuto indurre l’Amministrazione a rideterminarsi sul diniego di condono, ormai pacifico, e in seguito divenuto inoppugnabile.

3.5.3. Non si vede, d’altra parte, quale affidamento si potrebbe essere creato nello Z. in una siffatta situazione, dove non è mai stato emesso un provvedimento di condono, fosse pure condizionato, è mai stato emesso; né ciò avrebbe mai imposto all’Amministrazione di riconsiderare oggi l’intero procedimento, del resto conclusosi da un periodo di tempo ragguardevole, ma non tanto significativo da poter far dubitare il proprietario della persistente abusività del fabbricato.

3.6. Ciò posto, pare superfluo esaminare analiticamente le censure presentate avverso i due ordini di demolizione del fabbricato, realizzato senza alcun titolo, in area soggetta a vincolo paesaggistico, mai sanato e ormai certamente insanabile: ordini che l’Amministrazione ha colpevolmente indugiato ad emettere, ma che sono l’effetto dovuto e vincolato di un diniego di condono inoppugnabile.

4.1. In conclusione, il ricorso principale ed i primi motivi aggiunti sono infondati per la parte in cui impugnano l’ordine di demolizione del fabbricato, ed improcedibili per la parte in cui censurano la demolizione dei due manufatti accessori.

Il secondo ricorso per motivi aggiunti è invece da dichiararsi nullo; il terzo è inammissibile per difetto d’interesse.

4.2. Tuttavia, il contegno complessivamente tenuto dalle parti giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge, secondo quanto precisato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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