Corte Costituzionale sentenza n. 237 SENTENZA 6 – 16 ottobre 2014

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 1, commi
5 e 8, e 4, comma 10, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101
(Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di
razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n.
125, promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso
notificato il 30 dicembre 2013, depositato in cancelleria il 7
gennaio 2014 ed iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2014.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 settembre 2014 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la
Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Marco Corsini
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 30 dicembre 2013 e depositato il 7
gennaio 2014, la Provincia autonoma di Trento ha promosso questioni
di legittimita’ costituzionale degli artt. 1, commi 5 e 8, e 4, comma
10, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti
per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle
pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, per violazione degli
artt. 79, 103 e 104 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige»); del Titolo VI dello statuto speciale, in
particolare degli artt. 79, 80 e 81, nonche’ delle relative norme di
attuazione di cui agli artt. 17, 18 e 19 del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale);
degli artt. 87 e 88 dello statuto speciale, nonche’ del d.P.R. 15
luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto speciale per
la regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di
controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il
personale ad esse addetto); degli artt. 8, numero 1), e 16 dello
statuto speciale; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266
(Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi
regionali e provinciali, nonche’ la potesta’ statale di indirizzo e
coordinamento), in particolare degli artt. 2 e 4; degli artt. 117,
terzo, quarto e sesto comma, 118 e 119, primo comma, della
Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione); del principio di ragionevolezza.
1.1.- L’art. 1, comma 5, stabilisce che «La spesa annua per studi
e incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi e
incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta
dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato della pubblica amministrazione, come individuate
dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo
1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonche’ dalle
autorita’ indipendenti e dalla Commissione nazionale per le societa’
e la borsa (CONSOB), escluse le universita’, gli enti e le fondazioni
di ricerca e gli organismi equiparati, nonche’ gli istituti culturali
e gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di
privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non
puo’ essere superiore, per l’anno 2014, all’80 per cento del limite
di spesa per l’anno 2013 e, per l’anno 2015, al 75 per cento
dell’anno 2014 cosi’ come determinato dall’applicazione della
disposizione di cui al comma 7 dell’articolo 6 del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
luglio 2010, n. 122. Si applicano le deroghe previste dall’articolo
6, comma 7, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122».
1.2.- Il successivo comma 8 dispone che «La Presidenza del
Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e il
Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della
ragioneria generale dello Stato dispongono almeno una volta all’anno
visite ispettive, a cura dell’Ispettorato per la funzione pubblica e
dei servizi ispettivi di finanza del medesimo Dipartimento della
ragioneria generale dello Stato, al fine di verificare il rispetto
dei vincoli finanziari in materia di contenimento della spesa di cui
al presente articolo, denunciando alla Corte dei conti le
irregolarita’ riscontrate».
1.3.- Ai sensi dell’art. 4, comma 10, del d.l. n. 101 del 2013,
invece, «Le regioni, le province autonome e gli enti locali, tenuto
conto del loro fabbisogno, attuano i commi 6, 7, 8 e 9 nel rispetto
dei principi e dei vincoli ivi previsti e tenuto conto dei criteri
definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di
cui al comma 5. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, tenuto
conto dei vincoli assunzionali previsti dalla normativa vigente, si
procede all’attuazione dei commi 6, 7, 8 e 9, anche con riferimento
alle professionalita’ del Servizio sanitario nazionale, con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, su
proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica
amministrazione, di intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano. Nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di
cui al precedente periodo saranno previste specifiche disposizioni
per il personale dedicato alla ricerca in sanita’, finalizzate anche
all’individuazione, quali requisiti per l’accesso ai concorsi, dei
titoli di studio di laurea e post laurea in possesso del personale
precario nonche’ per il personale medico in servizio presso il pronto
soccorso delle aziende sanitarie locali, con almeno cinque anni di
prestazione continuativa, ancorche’ non in possesso della
specializzazione in medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza.
Resta comunque salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 4-ter,
del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368».
2.- Premette la ricorrente che la disposizione di cui all’art. 1,
comma 5, non si rivolge specificamente alle Province autonome, ma
alle amministrazioni pubbliche dell’elenco ISTAT e dunque la sua
impugnazione ha un carattere eminentemente cautelativo.
3.- Tuttavia, ove dovesse ritenersi direttamente applicabile e
immediatamente vincolante per la Provincia, essa violerebbe in primo
luogo l’art. 79 dello statuto speciale, in quanto derogherebbe
unilateralmente a tale disposizione senza seguire la procedura
stabilita nell’art. 104 dello statuto medesimo.
Secondo la Provincia, l’art. 79 non riguarderebbe solo il patto
di stabilita’ interno e le Province autonome non sarebbero soggette a
tutte le norme statali recanti principi di coordinamento della
finanza pubblica.
Tali principi, infatti, costituiscono un limite alla competenza
concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. L’art. 79, comma
4, invece, ai sensi del quale «La regione e le province provvedono
alle finalita’ di coordinamento della finanza pubblica contenute in
specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria
legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4
e 5», non si riferirebbe ad essi, ma a norme che abbiano «finalita’
di coordinamento della finanza pubblica» e che dunque non siano
direttamente misure di finanza pubblica.
3.1.- La ricorrente deduce altresi’ la violazione dell’art. 79,
comma 3, dello statuto speciale in quanto dovrebbe essere la
Provincia a stabilire gli obblighi "interni" al sistema provinciale;
sarebbe anche leso il principio dell’accordo che governa il regime
dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni ad autonomia speciale,
poiche’ la disposizione impugnata introdurrebbe unilateralmente
un’ulteriore misura di coordinamento finanziario, al di fuori degli
strumenti previsti dall’art. 79.
4.- Ad avviso della difesa provinciale, inoltre, la disposizione
impugnata, a dispetto della qualificazione operata dall’art. 1, comma
9, non avrebbe natura di principio, ma di norma di dettaglio e non
lascerebbe margini di apprezzamento al legislatore locale in sede di
attuazione, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
4.1.- Sarebbe inoltre lesa l’autonomia della Provincia autonoma
in materia di organizzazione, l’autonomia di spesa e la competenza
concorrente in materia di finanza locale.
4.2.- Infine, qualora l’art. 1, comma 5, fosse direttamente
applicabile anche agli enti pubblici situati in Provincia di Trento,
sarebbe violato l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, dato che la
materia di riferimento (coordinamento della finanza pubblica) e’ di
competenza concorrente e non esclusiva statale.
5.- La ricorrente impugna in via cautelativa anche l’art. 1,
comma 8, trattandosi di una disposizione che, al pari della
precedente, non si rivolge specificamente alla Provincia autonoma.
Nondimeno, qualora fosse ritenuta direttamente applicabile nei suoi
confronti, sarebbe illegittima "in via consequenziale", in quanto
prevederebbe un controllo sul rispetto di un vincolo
incostituzionale.
5.1.- Tale disposizione, inoltre, violerebbe il sistema dei
rapporti tra Stato e Provincia delineato dagli artt. 87 e 88 dello
statuto speciale, nonche’ dal d.P.R. n. 305 del 1988; in virtu’ di
tale sistema, infatti, non sarebbe consentito alla legge statale
introdurre unilateralmente, nei confronti della Provincia autonoma,
controlli ad opera di organi ministeriali.
Cio’ sarebbe confermato, in via generale, dall’art. 4, comma 1,
del d.lgs. n. 266 del 1992, secondo il quale «Nelle materie di
competenza propria della regione o delle province autonome la legge
non puo’ attribuire agli organi statali funzioni amministrative,
comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di
accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle
spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme
di attuazione […]».
5.2.- Sarebbe altresi’ violato l’art. 79, comma 4, dello statuto
speciale, il quale, con specifico riferimento al rispetto degli
obblighi finanziari, dispone l’inapplicabilita’ alle Province
autonome delle disposizioni statali generali.
5.3.- Nel prevedere «visite ispettive» ad opera di organi
ministeriali, la norma impugnata lederebbe anche l’autonomia
organizzativa e finanziaria della Provincia; risulterebbe, altresi’,
evidente l’irragionevolezza di tale intromissione nell’autonomia
organizzativa, in vista di un controllo su specifiche voci di spesa.
6.- Con riguardo all’art. 4, comma 10, la ricorrente ne deduce
l’illegittimita’ costituzionale in quanto le norme da esso richiamate
non atterrebbero al coordinamento della finanza pubblica, ma
all’organizzazione amministrativa, riguardando l’accesso alle
pubbliche amministrazioni.
Pertanto la materia di riferimento sarebbe di competenza primaria
della Provincia, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., qualora
ritenuto piu’ favorevole dell’art. 8, numero 1), dello statuto
speciale, con la conseguenza che la Provincia incontrerebbe i soli
limiti di cui all’art. 117, primo comma, Cost.
La disposizione impugnata, invece, obbligando le Province ad
attuare «i commi 6, 7, 8 e 9 nel rispetto dei principi e dei vincoli
ivi previsti e tenuto conto dei criteri definiti con il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 5»,
introdurrebbe limiti diversi da quelli costituzionalmente previsti,
sia se riferiti alla potesta’ primaria delle Province autonome, sia
se riferiti alla potesta’ residuale.
6.1.- Quanto alle singole disposizioni richiamate dal citato
comma 10, il comma 6 richiede il «rispetto del limite finanziario
fissato dall’art. 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, a garanzia dell’adeguato accesso dall’esterno, nonche’
dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente».
In materia di organizzazione, tuttavia, le Province autonome
avrebbero competenza piena e non sarebbero soggette ne’ alle singole
norme del d.lgs. n. 165 del 2001, ne’ ai «vincoli assunzionali»
previsti dalla legislazione vigente, in quanto norme di dettaglio in
materia di coordinamento della finanza pubblica.
6.1.1.- Il rinvio a tali vincoli, oltre a ledere l’autonomia
legislativa della Provincia in materia organizzativa, lederebbe anche
la sua autonomia amministrativa; quanto alle procedure regolate dai
commi da 6 a 9, sarebbe lesa la sua autonomia di spesa; quanto ai
vincoli posti a carico degli enti locali, la sua competenza
concorrente in materia di finanza locale.
6.2.- Il comma 7, ponendo una preferenza per le assunzioni a
tempo indeterminato con contratti di lavoro a tempo parziale, in
relazione alle procedure di cui al comma 6, sarebbe una norma di
dettaglio che lederebbe l’autonomia amministrativa della Provincia.
6.3.- Il comma 9 violerebbe il principio dell’accordo, in quanto
estenderebbe alla Provincia l’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitivita’ economica), in assenza delle forme di
concertazione previste dallo statuto.
6.4.- Il richiamo ai criteri stabiliti dal d.P.C.m. previsto dal
comma 5, infine, introdurrebbe un limite da parte di un atto
sub-legislativo e dunque violerebbe il divieto di fonti secondarie
statali nelle materie provinciali.
7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si e’ costituito in
giudizio chiedendo che le questioni prospettate siano dichiarate
infondate.
7.1.- Secondo l’Avvocatura, infatti, l’art. 1, comma 5, non si
applicherebbe immediatamente alle Regioni e alle Province autonome,
ma conterrebbe solo un principio di coordinamento della finanza
pubblica.
In ogni caso non si tratterebbe di una disposizione che non
lascerebbe alle Regioni alcun margine di apprezzamento, in quanto
l’obbligo di ridurre le spese per incarichi di studio e consulenza
potrebbe essere osservato con una pluralita’ di interventi
alternativi o cumulativi, quali la riduzione del numero di incarichi
in tutti i settori; la totale abolizione di incarichi che riguardano
specifiche materie; la diminuzione dei compensi a favore dei
beneficiari.
7.2.- Non sarebbe pertanto illegittimo neppure il comma 8,
essendo tale disposizione collegata in modo diretto al comma 5.
7.3.- Quanto all’art. 4, comma 10, le relative censure non
sarebbero fondate alla luce della giurisprudenza costituzionale che
ha qualificato come principio di coordinamento della finanza pubblica
l’articolo 17, comma 10, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78
(Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009,
n. 102, finalizzato alla stabilizzazione dei lavoratori pubblici
precari.

Considerato in diritto

1.- La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 30
dicembre 2013 e depositato il 7 gennaio 2014, ha impugnato gli artt.
1, commi 5 e 8, e 4, comma 10, del decreto-legge 31 agosto 2013, n.
101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di
razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n.
125, per violazione degli artt. 79, 103 e 104 dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante
«Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»); del Titolo VI dello
statuto speciale, in particolare degli artt. 79, 80 e 81, nonche’
delle relative norme di attuazione di cui agli artt. 17, 18 e 19 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza
regionale e provinciale); degli artt. 87 e 88 dello statuto speciale,
nonche’ del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione
delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di
Bolzano e per il personale ad esse addetto); degli artt. 8, numero
1), e 16 dello statuto speciale; del decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche’ la potesta’ statale
di indirizzo e coordinamento), in particolare degli artt. 2 e 4;
degli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, 118 e 119, primo comma,
della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione); del principio di ragionevolezza.
2.- L’art. 1, comma 5, riguarda la spesa per studi e incarichi di
consulenza sostenuta dalle amministrazioni pubbliche dell’elenco
ISTAT e prevede che venga ulteriormente decurtata, per gli anni 2014
e 2015, rispetto ai limiti derivanti dall’applicazione dell’art. 6,
comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122.
3. – Tale disposizione e’ impugnata dalla ricorrente solo a
titolo cautelativo, per l’ipotesi in cui dovesse ritenersi
direttamente applicabile alla Provincia autonoma di Trento, in
ragione del riferimento alle amministrazioni pubbliche dell’elenco
ISTAT.
3.1.- In tal caso, ad avviso della difesa provinciale, sarebbe in
contrasto con l’art. 79 dello statuto speciale, perche’ introdurrebbe
unilateralmente una misura di coordinamento della finanza pubblica,
senza il previo accordo con la Provincia e dunque in violazione della
procedura rinforzata prevista dall’art. 104 dello statuto.
3.2.- Si tratterebbe, inoltre, di una norma di dettaglio, che non
lascerebbe al legislatore provinciale alcun margine di apprezzamento
in sede di sua attuazione.
4.- Le questioni relative all’art. 1, comma 5, non sono fondate.
4.1.- Il d.l. n. 101 del 2013, all’art. 12-bis, stabilisce che
«Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano il
proprio ordinamento alle disposizioni di principio desumibili dal
presente decreto ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della
Costituzione, dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme
di attuazione» (comma 1); e che «Sono fatte salve le potesta’
attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome
di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle
relative norme di attuazione, nonche’ ai sensi degli articoli 2 e 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (comma 2).
Tale clausola di salvaguardia esclude la immediata cogenza delle
disposizioni di principio poste dal decreto, imponendo piuttosto un
obbligo di adeguamento ad esse in capo alla Provincia.
Nella specie, e’ questa la natura dell’art. 1, comma 5, il quale,
pertanto, non ha applicazione diretta alla Provincia autonoma di
Trento, con conseguente non fondatezza delle relative questioni di
legittimita’ costituzionale.
Cio’ e’ conforme alla costante giurisprudenza costituzionale
sull’art. 6 del d.l. n. 78 del 2010. Secondo la Corte, infatti, tale
disposizione «stabilisce principi di coordinamento della finanza
pubblica, in base all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 221 e
n. 36 del 2013, n. 262, n. 217, n. 211 e n. 139 del 2012)» e «non
lede l’autonomia finanziaria di Regioni e Province a statuto speciale
(art. 119 Cost. e Titolo VI dello statuto del Trentino-Alto Adige)»
(sentenza n. 72 del 2014). Tra questi principi, in particolare, vi e’
quello posto dal comma 7, che impone di contenere le spese per studi
ed incarichi di consulenza entro il 20% del tetto raggiunto nel 2009.
Dell’art. 6, comma 7, l’impugnato art. 1, comma 5, riflette la
medesima natura di norma di principio, sia perche’ esibisce un
contenuto normativo analogo, ponendo anch’esso l’obbligo di limitare
le spese per studi e incarichi di consulenza entro determinate
percentuali del limite previsto per gli anni precedenti; sia perche’
si presenta anche funzionalmente connesso all’art. 6, comma 7, in
quanto i tagli previsti sono rapportati ai limiti di spesa
determinati proprio dall’applicazione di quest’ultima disposizione.
5.- La ricorrente ha impugnato a titolo cautelativo anche l’art.
1, comma 8, che affida ad organi ministeriali il compito di
effettuare visite ispettive per verificare il rispetto dei vincoli
finanziari in materia di contenimento della spesa, denunciando alla
Corte dei conti le irregolarita’ riscontrate.
5.1.- Ad avviso della ricorrente, questa disposizione,
nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi direttamente applicabile alla
Provincia autonoma di Trento, sarebbe costituzionalmente illegittima
«in via consequenziale», in quanto prevederebbe un controllo sul
rispetto di un vincolo incostituzionale.
5.2.- Essa, inoltre, violerebbe il sistema dei rapporti tra Stato
e Provincia quale delineato dallo statuto speciale e dalle norme di
attuazione, che non consentirebbe alla legge statale di introdurre
unilateralmente, a carico della Provincia autonoma, controlli ad
opera di organi ministeriali.
5.3.- Sarebbe anche violato l’art. 79, comma 4, dello statuto
speciale, il quale, con specifico riferimento al rispetto degli
obblighi finanziari, dispone l’inapplicabilita’ alle Province
autonome delle disposizioni statali generali.
5.4.- Sarebbe infine lesa l’autonomia organizzativa e finanziaria
della Provincia autonoma.
6.- Le questioni relative all’art. 1, comma 8, non sono fondate,
nei termini di seguito precisati.
6.1.- Questa Corte ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale
di norme che attribuivano ad apparati ispettivi dell’amministrazione
centrale poteri di verifica sul complesso delle attivita’
amministrative e finanziarie degli enti territoriali (sentenze n. 39
del 2014 e n. 219 del 2013).
Siffatte previsioni, infatti, eccedono i limiti del legittimo
intervento del legislatore statale, in quanto attribuiscono «non gia’
ad un organo magistratuale terzo quale la Corte dei conti, bensi’
direttamente al Governo un potere di verifica sull’intero spettro
delle attivita’ amministrative e finanziarie degli enti locali,
sottraendolo, in tal modo, illegittimamente all’ambito riservato alla
potesta’ normativa di rango primario delle ricorrenti Regioni
autonome» (sentenza n. 39 del 2014).
6.2.- Con specifico riguardo alle Province autonome di Trento e
di Bolzano, poi, questa Corte ha riconosciuto la spettanza ad esse
del potere ispettivo sulle Unita’ sanitarie locali, in quanto
riconducibile al piu’ ampio potere di vigilanza, con la conseguente
esclusione di un controllo aggiuntivo da parte del Ministero del
tesoro (sentenze n. 182 del 1997 e n. 228 del 1993).
6.3.- E’ bensi’ vero che l’impugnato art. 1, comma 8, circoscrive
tali verifiche al rispetto, da parte della Provincia autonoma, dei
vincoli finanziari in materia di contenimento della spesa previsti
dal d.l. n. 101 del 2013 e non le estende all’intero spettro
dell’attivita’ amministrativa e finanziaria della ricorrente;
nondimeno, tale disposizione, ove applicata alla Provincia autonoma,
sarebbe in contrasto con l’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, ai
sensi del quale, nelle materie di competenza propria della Regione o
delle Province autonome, la legge non puo’ attribuire agli organi
statali funzioni amministrative, compresa quella di vigilanza,
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e
le relative norme di attuazione.
6.4.- L’art. 1, comma 8, pertanto, non puo’ ritenersi applicabile
alla ricorrente in forza della clausola di cui all’art. 12-bis, la
quale fa salve le potesta’ attribuite alle Regioni ad autonomia
speciale e alle Province autonome dai rispettivi statuti e dalle
relative norme di attuazione (comma 2) e dunque esclude che la
Provincia autonoma di Trento sia tenuta ad attuare norme del decreto
che interferirebbero con tali potesta’.
7.- L’art. 4, comma 10, stabilisce che «Le regioni, le province
autonome e gli enti locali, tenuto conto del loro fabbisogno, attuano
i commi 6, 7, 8 e 9 nel rispetto dei principi e dei vincoli ivi
previsti e tenuto conto dei criteri definiti con il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 5».
7.1.- La ricorrente lamenta l’illegittimita’ costituzionale di
questa disposizione, perche’ le norme da essa richiamate, riguardando
l’accesso alle pubbliche amministrazioni, non atterrebbero al
coordinamento della finanza pubblica, ma all’organizzazione
amministrativa e introdurrebbero limiti diversi da quelli
costituzionalmente previsti, in violazione dell’autonomia
legislativa, amministrativa e di spesa della Provincia autonoma.
8.- Neppure le questioni relative all’art. 4, comma 10, sono
fondate.
9.- Tale disposizione richiama alcuni commi del medesimo articolo
che dettano una disciplina volta a ridurre il precariato, limitando
l’utilizzo di personale temporaneo e favorendone, con procedure
parzialmente riservate, la stabilizzazione.
9.1.- In particolare, il comma 6 prevede la possibilita’ per le
pubbliche amministrazioni di bandire procedure concorsuali, per
assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale,
riservate a soggetti che abbiano svolto un certo periodo di servizio
(almeno tre anni) a tempo determinato.
Questa Corte ha qualificato come principio fondamentale di
coordinamento il limite – cui il comma 6 fa rinvio – previsto
dall’art. 1, comma 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2007), che ammetteva alla
stabilizzazione soltanto personale non dirigenziale che avesse gia’
maturato tre anni di servizio alla data di entrata in vigore della
medesima legge n. 296 del 2006 (in servizio in quel momento o alla
luce del lavoro svolto nell’ambito del quinquennio precedente),
ovvero che fosse destinato a maturarli in forza di contratti
stipulati prima del 29 settembre 2006 (sentenza n. 277 del 2013).
9.2.- Il successivo comma 7 pone il criterio generale della
preferenza per le assunzioni con contratti a tempo parziale.
Questa Corte, nello scrutinare una disposizione dal tenore in
parte analogo, che sanciva un criterio di priorita’ «per l’attuazione
dei processi assunzionali consentiti», disponendo che le
amministrazioni pubbliche interessate attingessero prioritariamente
ai lavoratori a tempo determinato in regime di proroga, «salva
motivata indicazione concernente gli specifici profili professionali
richiesti», ha rilevato come «Nel dare un’indicazione in termini di
"priorita’" rispetto ai lavoratori da assumere, infatti, il
legislatore statale non pone vincoli rigidi, ma lascia alle singole
amministrazioni la scelta in ordine alle assunzioni da operare, con
la sola richiesta di motivazione, ove necessitino di profili
professionali specifici. Pertanto, non si tratta di una norma di
dettaglio, ma di una norma che prescrive un criterio generale e
impone di motivare le eventuali determinazioni regionali difformi da
tale criterio» (sentenza n. 89 del 2014). Il comma 7, pertanto,
presenta la medesima natura di principio del comma 6, con il quale
peraltro si trova in rapporto di stretta connessione, essendo
preordinato a realizzarne meglio le finalita’.
9.3.- Il comma 8, a sua volta, stabilisce che le Regioni
predispongano un elenco di lavoratori socialmente utili e di giovani
inoccupati dal quale gli enti territoriali che hanno vuoti in
organico possano attingere per assunzioni a tempo indeterminato.
Anche questa disposizione, essendo finalizzata alla
stabilizzazione dei lavoratori precari, e’ stata legittimamente
adottata dallo Stato nell’esercizio della sua competenza concorrente
in materia di coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 18
del 2013 e n. 310 del 2011).
9.4.- Il comma 9, infine, prevede la possibilita’ di prorogare i
contratti a tempo determinato, di cui all’art. 9, comma 28, del d.l.
n. 78 del 2010, per le pubbliche amministrazioni che abbiano
programmato procedure concorsuali di stabilizzazione.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’art. 9, comma 28,
«pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad
un vasto settore del personale, ma al contempo lascia alle singole
amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento
ad ognuna delle categorie di rapporti di lavoro da esso previsti»
(sentenza n. 61 del 2014).
Si tratta, dunque, di un principio di coordinamento della finanza
pubblica e il comma 9 ne riflette la medesima natura, trovandosi con
esso in un rapporto di stretta imbricazione.
9.5.- I commi richiamati dalla disposizione impugnata, pertanto,
sia per le finalita’ perseguite, relative alla stabilizzazione dei
lavoratori precari, sia per il loro collegamento con norme espressive
della potesta’ statale in materia di coordinamento della finanza
pubblica, sono parimenti disposizioni di principio e ad esse, ai
sensi della clausola di cui all’art. 12-bis, la Provincia ha
l’obbligo di adeguarsi, mediante la predisposizione delle fonti
legislative e regolamentari necessarie alla loro attuazione.
9.6.- Quanto al richiamato comma 5, questa disposizione rimette
ad un d.P.C.m. la definizione dei criteri di razionale distribuzione
delle risorse che consentano alle pubbliche amministrazioni le
assunzioni finalizzate alla stabilizzazione dei precari. Secondo la
difesa provinciale, l’art. 4, comma 10, nel richiamare i criteri di
cui al d.P.C.m. previsto dal comma 5, violerebbe il divieto di fonti
secondarie statali nelle materie provinciali.
9.6.1.- Neppure questa censura e’ fondata.
9.6.2.- Alla luce della clausola di salvaguardia, infatti, e’ la
Provincia di Trento che deve adeguarsi all’art. 4, comma 10. Cio’
comporta che l’obbligo di adeguamento che grava in capo ad essa non
e’ nei confronti del d.P.C.m. (che fra l’altro non risulta neppure
adottato ed e’ al momento sostituito dalla circolare n. 5/2013 della
Presidenza del Consiglio), ma e’ nei confronti della sola fonte
legislativa e cioe’ del predetto art. 4, comma 10.
Pertanto il rinvio al d.P.C.m. previsto dalla disposizione
impugnata non opera nei confronti della Provincia, la quale tuttavia
deve assolvere al suo obbligo di adeguamento fissando con proprio
atto interno i criteri di razionale distribuzione delle risorse.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 1, comma 5, del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi
di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013,
n. 125, promosse dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso
indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 8, numero 1), 16, 79,
80, 81 e 104 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
(d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige»); all’art. 17 del decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale);
all’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi
regionali e provinciali, nonche’ la potesta’ statale di indirizzo e
coordinamento); agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119, primo
comma, della Costituzione;
2) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le
questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 8, del
d.l. n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge n. 125 del 2013, promosse dalla Provincia
autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe, in
riferimento agli artt. 8, numero 1), 79, comma 4, 87 e 88 dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; al Titolo VI dello
statuto speciale; al d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige
per l’istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di
Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto); all’art. 4
del d.lgs. n. 266 del 1992; agli artt. 117, quarto comma, e 119
Cost.; al principio di ragionevolezza;
3) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le
questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 4, comma 10, del
d.l. n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge n. 125 del 2013, promosse dalla Provincia
autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe, in
riferimento agli artt. 8, numero 1), 16, 79, comma 3, 80 e 81 dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; all’art. 17 del d.lgs.
n. 268 del 1992; all’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992; agli artt.
117, quarto e sesto comma, 118 e 119, primo comma, Cost.

Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2014.

F.to:
Giuseppe TESAURO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2014.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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