Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-03-2012, n. 4409 Prova civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

O.G. ha chiesto che venisse accertato il proprio diritto al ripristino del trattamento pensionistico di anzianità, che era stato revocato dall’Inps a seguito dell’annullamento di un periodo contributivo che, in base agli accertamenti svolti dall’Istituto, non era risultato suffragato da idonea documentazione attestante l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato e non era risultato coperto dal prescritto versamento contributivo.

Il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda con sentenza che è stata riformata dalla Corte d’appello della stessa città, che ha ritenuto che l’appellato non avesse assolto l’onere della prova del versamento dei contributi e che, d’altra parte, fosse carente anche la prova del preteso rapporto di lavoro subordinato (parrucchiere), essendo generiche o inattendibili le dichiarazioni rese dai testi escussi sul punto. Nessun rilievo poteva essere poi conferito all’estratto conto assicurativo prodotto dal ricorrente a sostegno della pretesa, trattandosi di atto che, oltre a riportare dati non veritieri, non recava neppure la sottoscrizione del funzionario che avrebbe dovuto rilasciarlo.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione O.G. affidandosi a due motivi di ricorso. L’Istituto non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire se "nell’ipotesi in cui si agisce impugnando il provvedimento Inps di revoca della pensione determinato dall’annullamento di parte della posizione contributiva il ricorrente deve provare il versamento dei contributi o è sufficiente provare la effettiva intercorrenza del rapporto di lavoro". 2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., nonchè vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire se "l’estratto contributivo rilasciato dall’Inps deve essere considerato atto pubblico". 3.- Il primo motivo deve essere respinto in quanto le censure con esso proposte devono ritenersi inammissibili alla stregua dell’orientamento costantemente affermato da questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 7626/2010, Cass. n. 24540/2009, Cass. n. 4199/2002) secondo cui ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere alla cassazione della pronuncia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione. Questa, infatti, è intesa alla cassazione della sentenza in loto o in un suo singolo capo, cioè di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. E’ sufficiente pertanto che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche a una sola di esse, perchè il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni.

4.- Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha motivato il rigetto della domanda proposta dall’odierno ricorrente sul duplice rilievo del difetto di prova del requisito contributivo e del difetto di prova del rapporto di lavoro subordinato, osservando, circa quest’ultimo punto, che le dichiarazioni rese da alcuni testimoni, comunque piuttosto generiche, non potevano ritenersi del tutto attendibili, trattandosi solo di clienti della ditta presso la quale l’ O. assumeva di avere lavorato, sentiti a distanza di circa 40 anni dai fatti, laddove soltanto un teste aveva riferito di avere lavorato insieme al ricorrente nel 1963, ma soltanto per circa due o tre mesi.

5.- Tale ratio decidendi, sufficiente da sola a sorreggere la decisione impugnata, non ha formato oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente, derivandone, per quanto sinora detto, che il motivo deve essere comunque respinto nella sua interezza, diventando inammissibili, per difetto di interresse, le censure proposte dal ricorrente avverso l’altra ragione posta dalla Corte di merito a fondamento della decisione. E tutto ciò a prescindere dalla considerazione che non sono state fatte oggetto di specifiche censure neppure le argomentazioni svolte dal giudice d’appello in ordine alla legittimità dell’annullamento d’ufficio, da parte dell’Inps, di quella parte della posizione previdenziale dell’assicurato che, sulla base degli elementi emersi dall’attività istruttoria, era risultata costituita attraverso l’illecito inserimento di dati contributivi nel sistema informatico dell’Istituto, con conseguente inidoneità di tale posizione assicurativa a consentire la fruizione del trattamento pensionistico (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).

6.- Il primo motivo deve essere pertanto rigettato. L’esame del secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo. Nè può sottacersi, peraltro, che il quesito formulato dal ricorrente a chiusura del motivo in esame ("l’estratto contributivo rilasciato dall’Inps deve essere considerato atto pubblico?") non potrebbe comunque ritenersi idoneo a consentire una risposta che comporti, in termini univoci, l’accoglimento o il rigetto del motivo al quale attiene – come richiesto dalla costante giurisprudenza di questa Corte: cfr. ex plurimis Cass. n. 5779/2010, Cass. n. 5208/2010 – giacchè, nel caso in esame, per quanto illustrato nella motivazione della sentenza impugnata, è proprio in questione l’attribuibilità del documento al funzionario incaricato del suo rilascio.

7.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto con la conferma della sentenza impugnata. Stante la mancata attività difensiva da parte dell’intimato, non deve provvedersi in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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