Corte Costituzionale, Sentenza n. 467 del 2005, In tema di tutela della salute

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 15 aprile 2003 e depositato il 24 aprile 2003, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 4 della legge della Regione Campania 11 febbraio 2003, n. 2 (Intolleranze alimentari – Ristorazione differenziata nella Pubblica Amministrazione – Istituzione osservatorio regionale), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, previsto dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione.

Ad avviso del ricorrente, l’art. 1 della legge de qua, là dove riconosce l’assistenza sanitaria mediante l’erogazione di prodotti dietetici nei soli casi specificati alle lettere a), b) e c) del medesimo articolo, si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto disciplinerebbe in senso riduttivo, rispetto alla normativa statale, un livello essenziale di assistenza sanitaria (erogazione di sostituti del latte materno per i nati da madri sieropositive per HIV, fino al compimento del sesto mese di età).

Al riguardo, l’art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) attribuisce allo Stato la determinazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria. Questi sono stati individuati con successivi provvedimenti (decreto del Ministro della sanità, 8 giugno 2001 “Assistenza sanitaria integrativa relativa ai prodotti destinati ad una alimentazione particolare” e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”) e fra tali livelli, oltre quelli indicati dalla legge regionale, risulta compresa anche l’erogazione di sostituti del latte materno per i nati da madri sieropositive per HIV, fino al compimento del sesto mese di età.

Secondo la difesa erariale, l’art. 1 della legge impugnata, non ricomprendendo questa ipotesi fra gli stati morbosi per i quali è ammessa l’assistenza sanitaria in parola, disciplinerebbe tale livello essenziale «in senso riduttivo» rispetto alla normativa statale e, pertanto, sarebbe illegittimo.

Il ricorrente censura, inoltre, l’art. 1 della legge regionale anche rispetto all’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, trattandosi di materia che rientrerebbe nella tutela della salute, che la Costituzione riconosce quale legislazione concorrente della Regione, si porrebbe in contrasto con i princípi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato ed in particolare con i livelli essenziali di assistenza di cui all’art. 1 del decreto legislativo n. 502 del 1992, al d.P.C.m. del 29 novembre 2001 ed al decreto del Ministro della sanità dell’8 giugno 2001.

Infine, a detta dell’Avvocatura dello Stato, l’art. 4 della legge regionale, là dove dispone l’obbligo di fornire pasti differenziati ai soggetti aventi problemi connessi all’alimentazione in capo agli uffici della Pubblica Amministrazione, delle Università, degli Istituti scolastici, delle strutture ospedaliere, operanti sul territorio campano, violerebbe il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione previsto dall’art. 120, secondo comma, Cost., in quanto, imponendo un obbligo diretto a tutte le amministrazioni pubbliche e non soltanto a quelle regionali, travalicherebbe l’ambito di competenza riservato all’ente territoriale.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e/o infondato.

La difesa regionale osserva che l’impugnativa sarebbe «basata su una non corretta lettura della normativa complessiva e su una ricostruzione delle competenze legislative statali e regionali contrastanti con il riparto del novellato art. 117 Cost.». Al riguardo, la Regione ritiene che, per quanto concerne l’art. 1 della legge impugnata, questa «erroneità ricostruttiva» si rifletterebbe «anche nella contraddittoria e perplessa individuazione del parametro invocato, che viene indicato sia nel secondo che nel terzo comma dell’art. 117, pur con la medesima qualificazione della materia (tutela della salute) nella quale si è registrato l’intervento regionale».

Per quel che riguarda, infine, la censura relativa all’art. 4, la difesa regionale sostiene che «spetti certamente alla Regione porre in essere, laddove titolare di potestà legislativa come nel caso di specie, la normativa regolatrice cui dovranno conformarsi tutti i soggetti operanti nel territorio». Ragionando diversamente, infatti, «si configurerebbero regimi speciali fondati esclusivamente sull’appartenenza organica del soggetto che agisce».

3.– In prossimità dell’udienza, la Regione Campania ha depositato una memoria illustrativa con la quale, in riferimento alla presunta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., da parte dell’art. 1 della legge reg. Campania n. 2 del 2003, si rileva quanto segue.

Innanzitutto, la difesa regionale fa notare come l’impugnativa statale sembri richiedere una sentenza additiva da parte della Corte costituzionale, piuttosto che una pronunzia meramente caducatoria (come, invece, si ricava dalle conclusioni del ricorso statale). Ciò perché l’Avvocatura dello Stato «non si duole di una invasione di competenza nella disciplina adottata, bensì di una mancanza di ulteriore disciplina».

In secondo luogo, ad avviso della Regione, le censure mosse all’art. 1 della legge de qua sono la conseguenza di una «erronea lettura della normativa in esame», nonché di una «erronea valutazione della competenza della Regione in materia». In particolare, l’esame del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111 (Attuazione della direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare) consente, a detta della difesa regionale, di distinguere i prodotti caratterizzati dalla indicazione «dietetico» e «di regime», destinati a persone «il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo è perturbato» o «che si trovano in condizioni fisiologiche particolari per cui possono trarre benefici particolari dall’assunzione controllata di talune sostanze negli alimenti», dai prodotti destinati, invece, ai «lattanti» o ai «bambini nella prima infanzia, in buona salute».

La disciplina regionale censurata, pertanto, interverrebbe solo sulla prima categoria di prodotti alimentari.

Un’analoga distinzione sarebbe, poi, operata dal decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell’articolo 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), con il quale, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, sono state individuate «le prestazioni soggette al sistema di partecipazione dei costi».

Ciò premesso, la Regione Campania sostiene che il decreto del Ministro della sanità dell’8 giugno 2001 andrebbe letto alla luce della summenzionata normativa; in particolare, nel decreto in parola, fra i livelli essenziali di assistenza sanitaria, sarebbe distinta l’erogazione di alimenti particolari per stati morbosi dall’erogazione di sostituti del latte materno per nati sani da madri affette da HIV.

A detta della difesa regionale anche la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni nella definizione della disciplina sarebbe distinta dall’art. 2 del decreto del Ministro della sanità dell’8 giugno 2001, nel senso che sarebbe previsto, nel primo caso (erogazione di alimenti particolari per stati morbosi), un «significativo intervento regionale di disciplina», mentre, nel secondo (erogazione di sostituti del latte materno per nati sani da madri sieropositive per HIV), «un intervento statale di maggior dettaglio». Non vi sarebbe, pertanto, alcuna «riduzione» dei livelli essenziali individuati dallo Stato, «sia perché la Regione Campania è intervenuta a disciplinare un ambito più limitato di quello statale, sia perché, per stessa previsione statale, solo tale ambito spettava ad essa Regione disciplinare».

Ad avviso della Regione, una lettura siffatta della normativa regionale impugnata consentirebbe poi, «a maggior ragione», di superare l’eccezione relativa alla presunta violazione dei princípi fondamentali posti dallo Stato nella materia, di potestà concorrente, «tutela della salute».

Per quanto attiene, infine, alla presunta illegittimità dell’art. 4 della legge regionale, che pone obblighi in capo ad amministrazioni diverse da quelle regionali, la difesa della Regione Campania osserva che, una volta accertata la correttezza dell’intervento regionale, è «ovvia conseguenza» pretenderne l’applicazione in tutta la Regione da parte di tutti i soggetti operanti nel territorio medesimo. Qualora così non fosse, si avrebbero «tanti regimi diversi, condizionati esclusivamente dalla appartenenza organica del soggetto che agisce». A conferma di ciò vi sarebbe la mancata individuazione di un parametro di legittimità per la specifica contestazione, salvo l’indicazione dell’art. 120 Cost., ritenuta dalla difesa regionale «del tutto fuori quadro».
Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna gli artt. 1 e 4 della legge della Regione Campania 11 febbraio 2003, n. 2 (Intolleranze alimentari – Ristorazione differenziata nella Pubblica Amministrazione – Istituzione osservatorio regionale), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, previsto dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione.

In particolare, l’art. 1 della succitata legge regionale violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto disciplinerebbe una prestazione sanitaria in senso riduttivo rispetto al livello essenziale stabilito dalla normativa statale, escludendo i sostituti del latte materno per i nati da madri sieropositive per HIV, fino al compimento del sesto mese di età, dall’erogazione di prodotti dietetici elencati alle lettere a), b) e c) del medesimo articolo.

L’Avvocatura dello Stato prospetta anche la violazione, da parte della disposizione sopra citata, dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto – in materia di tutela della salute, nella quale le Regioni dispongono di potestà legislativa concorrente – con i princípi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato ed in particolare con i livelli essenziali di assistenza.

2.– Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa della Regione Campania, per contraddittoria e perplessa individuazione del parametro invocato dal Presidente del Consiglio dei ministri, che indica sia il secondo che il terzo comma dell’art. 117 Cost., pur trattandosi della medesima materia (tutela della salute).

L’eccezione non può essere accolta.

Questa Corte ha ritenuto, nella sentenza n. 162 del 2004, che «è ben possibile contestare la legittimità costituzionale di una norma di legge regionale contemporaneamente alla luce del secondo e del terzo comma dell’art. 117 Cost., sia che si faccia valere un rapporto gradato tra i due presunti vizi, sia anche che si sostenga […] la contemporanea incidenza su più profili di una singola disposizione legislativa». Nel ricorso dell’Avvocatura dello Stato, i due presunti vizi della norma regionale impugnata sono posti in modo nettamente distinto, collocandosi in modo evidente la censura riguardante la presunta violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in posizione subordinata rispetto a quella riguardante l’asserita violazione del secondo comma della medesima disposizione costituzionale. Non si ravvisano pertanto elementi di perplessità o contraddittorietà che possano sostenere una pronuncia di inammissibilità del ricorso stesso.

3.– Nel merito la questione non è fondata.

3.1.– L’oggetto della legge della Regione Campania n. 2 del 2003, che contiene le due disposizioni impugnate dal Governo, è fatto palese oltre che dal titolo (Intolleranze alimentari – Ristorazione differenziata nella Pubblica Amministrazione – Istituzione di osservatorio regionale) anche dalla complessiva disciplina normativa.

Dalla considerazione dell’intera legge emerge che l’obiettivo postosi dal legislatore regionale con tale atto normativo è quello di apprestare idonea tutela ai soggetti portatori di specifiche patologie, ai quali si deve garantire l’erogazione di particolari prodotti dietetici, adeguati ai loro stati morbosi, e la somministrazione di pasti differenziati nelle mense collettive pubbliche e private.

La disciplina regionale prende le mosse da una serie di norme statali che, sia prima che dopo la novella del Titolo V della Parte II della Costituzione, hanno fissato in modo cogente le prestazioni minime ed i limiti della potestà legislativa regionale in materia.

Con specifico riferimento alla questione oggetto del presente giudizio, si deve osservare che il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 111 (Attuazione della direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare), prevede, nell’art. 1, comma 2, che i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare devono rispondere alle esigenze nutrizionali delle seguenti categorie di persone: a) quelle il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo è perturbato; b) quelle che si trovano in condizioni fisiologiche particolari, per cui possono trarre benefici particolari dall’assunzione controllata di talune sostanze negli alimenti; c) i lattanti o i bambini nella prima infanzia, in buona salute. Il comma 3 del medesimo articolo precisa che «i soli prodotti alimentari di cui al comma 2, lettere a) e b), possono essere caratterizzati dall’indicazione “dietetico” o “di regime”». Di conseguenza, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) include la «fornitura di prodotti dietetici a categorie particolari» (Allegato 1) tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), nella categoria dell’assistenza integrativa (punto 2, lett. D, della parte 1A). Convergenti disposizioni contiene il decreto del Ministro della sanità 8 giugno 2001 (Assistenza sanitaria integrativa relativa ai prodotti destinati ad una alimentazione particolare), che delimita – in conformità alla normativa precedente – l’ambito di applicazione dell’assistenza sanitaria integrativa ai soggetti portatori: a) di malattie metaboliche congenite; b) di fibrosi cistica o malattia fibrocistica del pancreas o mucoviscidosi; c) di morbo celiaco, compresa la variante clinica della dermatite erpetiforme (art. 1, comma 1). Con distinta disposizione il medesimo atto normativo include nei livelli essenziali di assistenza l’erogazione di sostituti del latte materno per i nati da madri sieropositive per HIV, fino al compimento del sesto mese di età.

3.2.– Dall’esame della normativa statale in materia emerge l’identità di ratio che ha indotto il legislatore nazionale ad includere nello stesso contesto normativo sia l’erogazione gratuita di particolari prodotti dietetici a specifiche categorie di portatori di stati morbosi tassativamente individuati, sia l’erogazione gratuita di sostituti del latte materno per i figli di madri sieropositive per HIV. Tale ratio può essere identificata nel garantire il consumo gratuito di particolari sostanze alimentari a specifiche categorie di soggetti, in relazione ad esigenze di salute ritenute meritevoli di tutela.

All’identità di ratio generale corrisponde tuttavia una precisa differenziazione quanto alle finalità specifiche delle tutele in relazione alla diversa qualità dei soggetti destinatari delle erogazioni a carico del Servizio sanitario nazionale. Bisogna distinguere infatti una finalità di assistenza sanitaria curativa, indirizzata a soggetti che risultino già affetti da malattie che richiedono un’alimentazione particolare, da una finalità di prevenzione, concernente soggetti sani, i lattanti figli di madri sieropositive per HIV, che occorre preservare dal pericolo di contagio veicolato dal latte materno. La diversità di fini di tutela e di soggetti beneficiari si riflette inevitabilmente sulle modalità di erogazione e sui contesti istituzionali e organizzativi nei quali questa viene effettuata.

3.3.– Poste queste diversità, viene in evidenza come una legge regionale destinata a disciplinare le modalità di tutela dei soggetti affetti dalle malattie particolari di cui sopra, non possa che partire dalla definizione dei livelli essenziali di prestazione data dalla legislazione statale sugli stati morbosi da ammettere come presupposti della tutela stessa, anche per orientare tutto il sistema delle mense collettive, pubbliche e private, facendo carico al Sistema sanitario nazionale dei costi delle sostanze da utilizzare per la somministrazione di pasti differenziati. L’introduzione in questo contesto normativo di prodotti alimentari destinati ai lattanti, così come prospettata dal ricorrente, si sarebbe collocata fuori dal dichiarato ambito operativo della legge regionale, limitato alla tutela dei soggetti portatori delle patologie già individuate dalla normativa statale, richiamati integralmente al solo scopo di individuare i fruitori della ristorazione differenziata.

3.4.– Da quanto appena detto si trae la logica conseguenza che la mancata previsione, nella legge regionale impugnata, dell’erogazione dei sostituti del latte materno per i nati da madri sieropositive per HIV non ha, né potrebbe avere, effetto preclusivo di tale forma di assistenza integrativa, che rimane garantita dalla normativa statale, in cui è stabilito pure che l’esistenza del presupposto della prestazione – la condizione di figlio di madre sieropositiva per HIV – venga accertata e certificata da uno specialista del Servizio sanitario nazionale dipendente o convenzionato (art. 2, comma 2, del già citato d.m. 8 giugno 2001), mentre l’accertamento e la certificazione delle patologie che danno diritto alla erogazione di prodotti dietetici è attribuito a «centri di riferimento a tal fine individuati dalle regioni» (art. 2, comma 1).

Con diverso atto legislativo la medesima Regione dovrà disciplinare le modalità con le quali gli specialisti del SSN comunicano gli accertamenti eseguiti alle ASL di appartenenza degli assistiti. Si tratta di profilo assistenziale diverso – seppur accomunato, come s’è detto, da un’unica ratio generale a quello già disciplinato con la legge regionale impugnata – suscettibile di attuazione da parte della Regione con una normativa ad hoc di carattere organizzativo che non può essere certo sostituita da una pronunzia di questa Corte. Né da tali dettagli procedurali dipende l’esistenza del diritto all’erogazione dei prodotti necessari all’alimentazione dei figli di madri sieropositive per HIV, che non risulta negato o contraddetto dalla legge regionale impugnata, riguardante esclusivamente i prodotti dietetici destinati a soggetti malati, la cui erogazione presenta aspetti e modalità necessariamente differenti.

4.– La determinazione dei livelli essenziali dell’assistenza integrativa relativa ai prodotti destinati ad un’alimentazione differenziata rientra senza dubbio nella previsione dell’art. 117, comma 2, lettera m), Cost., in quanto relativa a prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute da garantirsi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Di conseguenza, lo scrutinio di costituzionalità operato con riguardo a tale parametro rende inutile l’esame della questione sotto il profilo della presunta violazione dei princípi generali in materia di assistenza sanitaria, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., prospettata in via subordinata nel ricorso governativo. Tali princípi, nella fattispecie, non vengono in rilievo per la presenza, dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, di una riserva statale di legislazione in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali incidenti in ambiti materiali diversi. Questa riserva assorbe tutte le questioni relative, le quali prima della suddetta riforma avrebbero dovuto essere riguardate dal punto di vista del rapporto tra legislazione regionale concorrente e princípi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato.

5.– Con riferimento all’art. 4 della medesima legge della Regione Campania, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione del principio di leale collaborazione, di cui all’art. 120, secondo comma, Cost., per avere detta norma regionale disposto l’obbligo di fornire pasti differenziati ai soggetti aventi problemi connessi all’alimentazione a carico di tutte le amministrazioni pubbliche e non soltanto di quelle regionali, con ciò travalicando l’ambito di competenza riservato all’ente territoriale.

La questione non è fondata.

Posta la propria competenza legislativa in una determinata materia, la Regione disciplina la stessa con norme cogenti per tutti i soggetti, pubblici e privati, che operano sul territorio regionale. Poiché le Regioni hanno competenza legislativa concorrente sia in materia di tutela della salute che di alimentazione, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., le leggi dalle stesse validamente emanate, nel rispetto dei princípi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale, devono avere effetto nei confronti di tutti i soggetti istituzionali che esercitano potestà amministrative ad esse riconducibili. Nel caso di specie, la Regione disciplina un servizio pubblico mirante a soddisfare un diritto dei cittadini sancito, nei suoi livelli essenziali, dalla stessa legislazione statale. Sarebbe paradossale che la somministrazione di pasti differenziati ai soggetti portatori di patologie riconosciute dalla legge come presupposti per il godimento del diritto avvenisse soltanto nelle strutture dipendenti dalla Regione, con un immotivato e irragionevole sacrificio del diritto alla salute di chi, per avventura, dovesse servirsi di mense statali.

Bisogna pure ricordare che alle Regioni e alle Province autonome spettano – secondo l’art. 2, comma 1, del già citato decreto legislativo n. 502 del 1992 – le funzioni amministrative, oltre che legislative, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. La Regione è pertanto l’autorità amministrativa competente sul territorio, che opera secondo le norme poste dalla legislazione regionale iscritta all’interno dei princípi fondamentali stabiliti dallo Stato. Esula da questo quadro una pretesa ripartizione verticale di competenze tale da rendere immuni dalla legislazione regionale gli organi statali operanti in un ambito materiale compreso nella potestà legislativa regionale.

Il richiamo espresso all’art. 120, secondo comma, Cost. è peraltro inconferente, posto che la norma costituzionale richiamata riguarda i poteri sostitutivi dello Stato, che sono estranei alle norme oggetto del presente giudizio.
per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Campania 11 febbraio 2003, n. 2 (Intolleranze alimentari – Ristorazione differenziata nella Pubblica Amministrazione – Istituzione osservatorio regionale) promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Campania 11 febbraio 2003, n. 2, promossa, in riferimento al principio di leale collaborazione, previsto dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *