Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-11-2011, n. 5991 U. S. L. inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’attuale appellante, già ricorrente in primo grado, nel 1985 ha ottenuto dalla U.S.L. Roma/16 l’inquadramento in ruolo come psichiatra nella posizione funzionale iniziale e con anzianità zero.

Ciò nel presupposto che l’interessata avesse sino allora prestato servizio mediante un rapporto di tipo convenzionale; e in dichiarata applicazione dell’art. 3 della legge n. 207/1985, il quale prevedeva, appunto, l’inquadramento in ruolo del personale delle U.S.L. che fosse già in servizio in rapporto convenzionale.

L’interessata ha impugnato il relativo atto davanti al T.A.R. del Lazio, deducendo, in buona sostanza, che il suo rapporto di lavoro pregresso, benché formalmente definito "convenzionale", aveva tutte le caratteristiche del rapporto d’impiego subordinato. Di conseguenza si sarebbe dovuto applicare non l’art. 3 della legge, bensì l’art. 1, che prevede l’inquadramento in ruolo del personale dipendente non di ruolo, con integrale riconoscimento dell’anzianità pregressa.

In subordine l’interessata chiedeva che il servizio pregresso, ancorché, in ipotesi, non qualificabile come pubblico impiego, venisse comunque considerato utile ai fini della ricostruzione dell’anzianità al momento dell’inquadramento. In ulteriore subordine chiedeva che all’atto dell’inquadramento le venisse riconosciuto il nono livello, anziché l’ottavo.

2. Il T.A.R. Lazio, sezione Ibis, con sentenza n. 7794/2001, ha respinto il ricorso, con la motivazione che nella fattispecie era indubbio che vi fosse stato un rapporto liberoprofessionale convenzionato, anziché un rapporto d’impiego subordinato; di conseguenza era corretta l’applicazione dell’art. 3 il quale non consente la rivalutazione del servizio pregresso ai fini dell’anzianità in ruolo.

3. La ricorrente ha proposto appello davanti a questo Consiglio, riproponendo e sviluppando gli argomenti già dedotti in primo grado.

Si è costituita per resistere all’appello l’Azienda U.S.L. Roma D, in persona del direttore generale, quest’ultimo anche nella dichiarata qualità di commissario liquidatore della soppressa U.S.L. Roma 10 (la quale a sua volta era nel frattempo subentrata alla U.S.L. Roma 16); nell’atto di costituzione si sviluppano difese di merito concludendo per il rigetto dell’appello.

Con memoria difensiva depositata nell’imminenza della odierna udienza di discussione, l’Azienda U.S.L. Roma D ha fatto presente che con legge regionale n. 2/2003 (intervenuta in pendenza del presente giudizio d’appello) sono state soppresse le gestioni liquidatorie delle estinte U.S.L. e che i rapporti pendenti fanno capo ora direttamente alla Regione Lazio. Pertanto l’Azienda Roma D si dichiara estranea alla controversia,

Il ricorso infine è passato in decisione.

4. Il Collegio prende atto, preliminarmente, di quanto dichiarato dall’Azienda Roma D nella sua ultima memoria. Ciò tuttavia non si riflette sulla regolare instaurazione del giudizio d’appello e non determina la necessità di atti di integrazione del contraddittorio, in quanto l’atto d’appello è stato ritualmente notificato, oltre che alla gestione liquidatoria della ex U.S.L. Roma 16 (poi U.S.L. Roma 10) ed all’Azienda Roma D, anche alla Regione Lazio e ad altri enti.

Va notato, tuttavia, che nella recente memoria difensiva l’estraneità dell’Azienda Roma D alla controversia viene dedotta in base alla dichiarata premessa che la controversia abbia ad oggetto "obbligazioni sorte anteriormente al 30 giugno 1994, data di costituzione delle Aziende U.S.L.". In realtà, osserva il Collegio, la controversia non ha ad oggetto primario una presunta obbligazione, bensì la pretesa della ricorrente di vedere ricostruita la propria anzianità di servizio con retrodatazione della decorrenza del suo inquadramento in ruolo e con effetti, dunque, anche sul rapporto lavorativo in atto.

Perché si possa affermare la totale estraneità dell’Azienda Roma D alla controversia, il rapporto d’impiego dell’interessata dovrebbe risultare cessato anteriormente al 30 giugno 1994. Ma non si ha alcun elemento che permetta di ritenere provata questa circostanza.

Ci si può tuttavia esimere da ulteriori approfondimenti sul punto, in quanto tutte le pretese dell’interessata sono infondate, come si mostrerà appresso.

5. Nel merito, si osserva che l’art. 73 del d.P.R. n. 761/1979 (decreto legislativo concernente lo stato giuridico del personale del servizio sanitario nazionale) prevedeva, a titolo transitorio limitatamente ad un triennio, la prosecuzione dei rapporti convenzionali "già instaurati tra comuni, province e loro consorzi ed enti ospedalieri con operatori esplicanti attività in servizi sanitari", e ciò in deroga alle regole ordinarie circa l’assunzione in servizio.

La durata del periodo transitorio è stata più volte prorogata, sino a che la legge n. 207/1985, all’art. 3, ha disposto che il personale di cui al citato art. 73 potesse venire "inquadrato a domanda… previo accertamento dei titoli, nei ruoli nominativi regionali con la posizione funzionale iniziale, con esclusione di ogni riconoscimento di anzianità".

Ora, è incontroverso che al momento dell’entrata in vigore della riforma sanitaria del 1978 l’appellante aveva in corso un rapporto convenzionale con la Provincia di Latina, in qualità di psichiatra; che il rapporto convenzionale, in virtù dell’art. 73 cit., è stato confermato dalla U.S.L. Latina 1, ente subentrato alla Provincia; infine che l’interessata è stata poi trasferita alla U.S.L. Roma 16, mantenendo la stessa posizione, sino a che la legge n. 207/1985 ha consentito di procedere all’inquadramento in ruolo.

Come si vede, la vicenda lavorativa dell’interessata aderisce perfettamente alle previsioni dell’art. 73 del d.P.R. n. 761/1979 e dell’art. 3 della legge n. 207/1985. Pertanto non vi è spazio per forzature interpretative rivolte a far ritenere applicabile, invece, l’art. 1 della legge del 1985; né per disquisizioni volte a dimostrare che il rapporto formalmente qualificato come "convenzionale" fosse, in realtà, un rapporto di pubblico impiego.

Ed invero, il legislatore del 1985, con l’art. 3, ha dettato una disciplina ad hoc per coloro che prestavano servizio secondo la formula dell’art. 73; e questa era la situazione dell’appellante. Traspare dalla norma la volontà del legislatore di "sanare" i rapporti convenzionali proprio (o anche) per la loro intrinseca ambiguità (verosimilmente tutti i rapporti convenzionali di cui all’art. 73 si collocavano, al pari di quello dell’interessata, sul confine fra il contratto d’opera e il lavoro subordinato o parasubordinato). La scelta di vietare la valutazione dell’anzianità pregressa si spiega con la considerazione che i rapporti convenzionali, per quanto vicini al lavoro subordinato, non ne avevano tutte le caratteristiche, mancando ad essi, ad es., il dovere di esclusività della prestazione. In ogni caso, si tratta di una scelta fatta dal legislatore e non si ravvisano (anche perché non sono state dedotti) elementi sufficienti per promuovere una questione di costituzionalità.

Sotto questo profilo, dunque, la decisione del T.A.R. deve essere confermata.

6. Quanto alla pretesa di ottenere, comunque, la valutazione dell’anzianità pregressa, si osserva che l’art. 3, come già detto, esplicitamente dispone che l’inquadramento avvenga "con esclusione di ogni riconoscimento di anzianità". Non sembra vi sia altro da aggiungere.

7. Quanto infine alla pretesa dell’interessata di ottenere l’inquadramento nel nono livello anziché nell’ottavo, si osserva che l’art. 57 del d.P.R. n. 348/1983 è tassativo nel senso che al personale sanitario assunto nella qualifica iniziale del ruolo professionale (assistente) spetta per i primi tre anni di servizio il livello ottavo, e solo successivamente il nono.

Si tratta chiaramente di una disposizione relativa alla progressione economica. Essa si basa esclusivamente sulla durata del servizio di ruolo e prescinde dal fatto che il soggetto possieda, al momento dell’assunzione, una esperienza professionale più o meno qualificata e consolidata.

Il fatto che quel primo triennio venga correntemente chiamato "di formazione" non significa che accedano direttamente al nono livello i neoassunti che, in ipotesi, siano già in possesso di una completa formazione professionale. A tacer d’altro, le norme in questione nulla dispongono riguardo alle modalità e ai criteri di una ipotetica verifica del buon esito della "formazione" ai fini dell’accesso al nono livello economico; tanto meno si comprende chi, come e con quali criteri dovrebbe giudicare se il neoassunto abbia realmente bisogno di un periodo di "formazione" o possa invece ottenere per saltum il nono livello.

Pertanto all’interessata è stato correttamente riconosciuto, all’atto dell’inquadramento (e limitatamente al primo triennio) l’ottavo livello e non il nono. Ciò che rileva a questi fini è che il rapporto di servizio di ruolo si sia costituito all’atto dell’inquadramento, mentre non rileva che l’interessata in quel momento vantasse già una esperienza professionale che, a suo dire, rendeva inutile un periodo di "formazione".

8. In conclusione l’appello va respinto.

Le spese seguono la soccombenza, non essendovi ragione per disporre diversamente visto che tutte le doglianze dell’interessata (peraltro chiaramente infondate sin dall’origine) hanno trovato adeguata risposta nella sentenza di primo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello. Condanna l’appellante al pagamento delle spese legali del grado in favore della costituita Azienda U.S.L. Roma D, liquidandole in euro 2.000, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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