Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-03-2012, n. 4395 Genitori, tutori, precettori e maestri d’arte

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Nel (OMISSIS) il ventenne carabiniere A.D., mentre pericolosamente scherzava con la sua diciassettenne fidanzata R.C. lasciandole maneggiare la propria pistola d’ordinanza, fu ucciso da un colpo esploso dalla minore, che lo colpì al viso da una distanza di 40/50 centimetri.

Il procedimento penale instaurato nei confronti della R. per omicidio colposo si concluse con sentenza di non doversi procedere per essersi il reato estinto per prescrizione.

La domanda risarcitoria proposta nel 1989 innanzi al Tribunale di Catania dai genitori e dai tre fratelli del defunto nei confronti della minore e dei suoi genitori (la cui responsabilità fu invocata ex art. 2048 c.c.) si concluse nel 1992 con la condanna degli stessi al pagamento di L. 15.000.000 a ciascuno dei genitori e di L. 7.000.000 ad ognuno dei tre fratelli.

La decisione fu totalmente riformata dalla Corte d’appello di Catania che, con sentenza n. 419 del 1996, decidendo sull’appello principale dei convenuti e su quello incidentale degli attori (dolutisi della scarsa entità del riconosciuto risarcimento), rigettò la domanda.

2.- A seguito del ricorso per cassazione dei congiunti del giovane defunto, la sentenza fu cassata (Cass., n. 11267/1999) con rinvio per avere il giudice del gravame acriticamente accettato la ricostruzione dei fatti proposta dalla R. in sede di interrogatorio formale "senza esaminarla nella sua intima congruenza e teorica possibilità;

senza considerare in altri termini, se fosse tecnicamente compatibile col tipo d’arma, col suo meccanismo di funzionamento e sparo e, in genere, con tutte le sue caratteristiche, premere il grilletto una prima volta a vuoto e, subito dopo, una seconda volta, esplodere invece un colpo. L’avere creduto a una versione difensiva senza verificarne rigorosamente la fattibilità innanzitutto da un punto di vista tecnico integra una grave illogicità del ragionamento seguito".

Espletata nel giudizio riassunto consulenza tecnica balistica, con sentenza n. 310/2010 la Corte d’appello di Catania ha ravvisato la responsabilità di R.C. determinando nel 60% il suo apporto causale colposo e condannandola, in solido coi genitori, a pagare, con liquidazione dei danni all’attualità, Euro 90.000 a ciascuno dei genitori del defunto (per il padre, intanto deceduto, ai suoi eredi) ed Euro 21.000 ad ognuno dei tre fratelli, oltre alle spese processuali di tutti i gradi.

3.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione R.C. ed i suoi genitori R.A.P. ed D.A., affidandosi a quattro motivi.

Resistono con controricorso la madre del defunto, M.G., e gli altri eredi del padre ( A.S., G. e N. D.), che propongono ricorso incidentale basato su un unico motivo.

Al ricorso incidentale resistono con controricorso i ricorrenti principali.

I congiunti del defunto hanno presentato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1.- I ricorrenti principali deducono:

a) col primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c. per avere la corte, disponendo un accertamento tecnico su un arma diversa da quella del delitto, travalicato i limiti del giudizio di rinvio;

b) col secondo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione sulla responsabilità per l’evento per avere erroneamente valutato le risultanze probatorie;

c) col terzo, violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. e motivazione insufficiente sulla quantificazione dell’apporto causale della stessa vittima, riduttivamente apprezzato in relazione alla sua maggiore età ed al fatto che egli aveva consegnato la propria pistola d’ordinanza alla giovane;

d) col quarto, violazione e falsa applicazione degli artt. 147 e 2048 c.c., nonchè motivazione illogica ed inadeguata sul punto della ravvisata responsabilità genitoriale da culpa in vigilando ed in aeducando.

2.- Tutti e quattro i motivi sono infondati.

2.1.- Il primo poichè allorquando la Corte di cassazione – come nel caso in esame – cassi la sentenza impugnata per vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia (ex art. 360 c.p.c., n. 5) non è enunciato alcun principio di diritto vincolante per il giudice di rinvio, il quale è tenuto unicamente a riesaminare i fatti ai fini di un nuovo apprezzamento complessivo, che sia adeguato ai rilievi contenuti nella sentenza di cassazione; sicchè le prescrizioni dettate al riguardo dal giudice di legittimità hanno valore meramente orientativo e non valgono a circoscrivere in un ambito invalicabile i poteri del giudice di rinvio, che resta libero di accertare nuovi fatti e di decidere la controversia anche in base a nuovi presupposti oggettivi. (cfr., ex multis, Cass., n. 2605 del 2006).

Va soggiunto che l’accertamento demandato al giudice del merito non atteneva, nel caso in esame, alla specifica pistola con la quale il colpo fu esploso, ma al tipo di arma usata (Beretta cal. 9), al fine di accertare se la versione fornita da R.C. sulle modalità del fatto (non rileva se in sede di interrogatorio o innanzi ai carabinieri) fosse compatibile con le caratteristiche tecniche dell’arma stessa. Il che è stato appunto escluso.

2.2.- Il secondo motivo, nella parte in cui non è inammissibile per essere la critica rivolta alla valutazione delle risultanze probatorie (la cui erroneità non integra, in sè, un vizio denunciabile col ricorso per cassazione), è infondato poichè la corte ha ritenuto – con motivazione niente affatto carente o contraddittoria e sulla scorta della espletata consulenza tecnica d’ufficio – che quel tipo di pistola non può esplodere un colpo se, dopo che il grilletto sia stato premuto a vuoto (come la R. aveva dichiarato essere stato fatto dall’ A.), non sia stata inserita la munizione in canna.

2.3.- Il terzo motivo è infondato, poichè la critica si appunta sulla valutazione dell’apporto percentuale causale del negligente e imprudente comportamento della vittima, che la Corte d’appello ha determinato nel 40% con valutazione di puro merito e non irragionevole alla luce delle conclusioni raggiunte sul fatto che era stata la stessa R. ad inserire il colpo in canna.

2.3.1.- Va qui detto che, per ragioni assolutamente speculari, è infondato anche il ricorso incidentale, col cui unico motivo i congiunti della vittima denunciano anch’essi violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. ed insufficiente motivazione sulla quantificazione dell’apporto causale della vittima, che a loro avviso non si sarebbe dovuto determinare in misura maggiore del 10%. 2.4.- Il quarto motivo del ricorso principale, da ultimo, è infondato in quanto (non essendo stata configurata dalla Corte di merito un’ipotesi di culpa in viglilando, ma in aeducando), la corte d’appello non s’è discostata dal principio secondo il quale l’inadeguatezza del grado si educazione del figlio minore non incapace di intendere di volere ben può desumersi, per gli effetti di cui all’art. 2048 c.c., comma 1, dalle stesse modalità del fatto.

Questa Corte è ben consapevole del rilievo che, in tal modo, si finisce col configurare a carico dei genitori del minore, soprattutto se prossimo alla maggiore età, una forma di responsabilità che rischia di rasentare quella oggettiva. Tanto più in relazione al principio secondo il quale non è sufficiente, ai fini della prova di non aver potuto impedire il fatto (di cui al terzo comma dell’art. 2048 c.c.), dimostrare di avere genericamente dato un’educazione al minore, ovvero di averlo avviato al lavoro, ma è necessario dimostrare in modo rigoroso di avere impartito insegnamenti adeguati e sufficienti per educarlo ad una corretta vita di relazione (ex ceteris, Cass. n. 9556 del 2009).

Ritiene, nondimeno, che tale orientamento vada tenuto fermo, considerato anche che esso, per un verso, ingenera il possibile interesse anche economico dei genitori ad impartire ai figli un’educazione che li induca a percepire il disvalore sociale dei comportamenti pericolosi per gli altri; e, per altro verso, è in sè idoneo a sollecitare la precauzione dei minori allo stesso fine, anche per il timore della possibile reazione dei genitori che fossero chiamati a rispondere delle conseguenze dei loro atti illeciti in danno dei terzi.

Va comunque detto che, nella specie, i genitori non hanno chiesto l’ammissione di alcuna prova liberatoria.

3.- In conclusione, i ricorsi riuniti vanno respinti. La reciproca la soccombenza induce alla compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE pronunciando sui ricorsi riuniti, li rigetta e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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