Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Il 2 settembre 2002 il Tribunale di Ancona rigettava la domanda proposta dalla Lavanderia Adam Hospital Service s.n.c. nei confronti dell’Azienda U.S.L. n. (OMISSIS) di Ancona relativa al pagamento delle prestazioni effettuate a favore dell’Azienda per forniture di merce e banchiera non restituita e fatturate e tesa a dichiarare la detta Azienda inadempiente al contratto di servizio, con condanna al risarcimento del danno emergente e del lucro cessante.
Il giudice di primo grado accoglieva in parte la riconvenzionale dispiegata dalla convenuta, ritenendo inadempiente la Lavanderia, che condannava al pagamento in favore della convenuta alla somma di L. 55.584.400, per i maggiori costi sostenuti dalla Azienda nei confronti della Ditta LIS, subentrata all’attrice nel contratto di appalto, nonchè di L. 30.000.000 a titolo di penalità previste nel capitolato di appalto.
Su gravame della Lavanderia la Corte di appello di Ancona, il 6 dicembre 2009, in parziale riforma della sentenza di primo grado, non riconosceva alla Azienda la somma indicata a titolo di cauzione;
confermava nel resto e compensava tra le parti le spese del grado.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la Lavanderia Fabbri Service s.r.l. (già Lavanderia Fabbri Service s.n.c. e già Lavanderia Adam Hospital service s.n.c.), affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso la Azienda ASUR Regione Marche già Azienda ASL (OMISSIS).
Le parti hanno depositato rispettive memorie.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo (nullità della sentenza per omessa pronuncia su una delle domande sottoposte al suo giudizio – art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), la ricorrente lamenta la nullità della sentenza perchè il giudice dell’appello non avrebbe esaminato il motivo di impugnazione concernente la giuridica inesistenza della pronuncia di primo grado per omesso esame di tutti i fatti decisivi dedotti, ossia dei documenti 1 e 2 dell’atto di citazione sulla consegna delle merci e non restituite nè si sarebbe pronunciato sull’istanza di pagamento delle prestazioni relative ad appalti diversi e conclusi nè sull’istanza di ingiunzione.
La censura va disattesa.
Infatti, e contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il giudice dell’appello ha disconosciuto l’attribuzione delle somme richieste perchè non ha ritenuto adeguatamente dimostrata la mancata restituzione delle merci, di cui si chiedeva il pagamento 9 sia perchè, pur volendo ritenere tramutata l’obbligazione di restituzione in obbligazione di pagamento, nel caso in esame, considerando il danaro come strumento per ottenere il risarcimento per equivalente del danno subito, sarebbe del tutto mancata la prova del danno stesso, derivante dalla asserita mancata restituzione (p. 10 sentenza impugnata).
2.Peraltro, affrontando il contenuto del secondo motivo (omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5), di cui già va evidenziata la intrinseca contraddizione, in quanto o la motivazione è omessa o è stata adottata, ma sarebbe logicamente contraddittoria, nonchè il terzo motivo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1460 c.c.), per la loro intrinseca connessione il Collegio osserva quanto segue.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole che in caso di dubbio era stata avanzata una richiesta di CTU contabile per la ricostruzione dei valori come documentati dalle bollette prodotte e fa presente che, andato smarrito il fascicolo di primo grado, poi ricostruito, esso non sarebbe stato consultato nemmeno in secondo grado.
Al riguardo, il collegio ritiene che la censura non meriti accoglimento.
Infatti, non si può affermare, a ben leggere la sentenza, che il giudice dell’appello non abbia assolto all’obbligo della motivazione, impostogli dalla legge.
Infatti, con ragionamento immune da errori di diritto e privo di vizi logici il giudice dell’appello ha dato conto dei motivi del proprio convincimento, che sono alla base della statuizione.
Di vero, ed in linea di principio, non è necessario che il giudice del merito prenda partitamene in esame ogni singolo argomento prospettatogli dalle parti per confutarlo o aderirvi, ma è sufficiente che egli abbia considerato e valutato quei punti che sono effettivamente risolutori della controversia e che egli abbia tenuto conto di ogni prova su un punto decisivo della controversia ed abbia esaminato le circostanze decisive a tal fine.
Nel caso in esame il giudice dell’appello in riferimento ai documenti concernenti la restituzione delle merci si è espressamente pronunciato allorchè correttamente ha ritenuto:
a) che le pretese della Lavanderia sono state tutte contestate dalla convenuta;
b) che la eccezione di inadempimento dispiegata dalla convenuta ha investito tutte le prestazioni di cui si chiedeva il pagamento e, quindi, non si poteva applicare la costante giurisprudenza di questa Corte, che pure richiama, in tema di risoluzione per inadempimento di contratti a prestazioni periodiche, come nella specie;
c) che, trattandosi di responsabilità contrattuale alla Lavanderia incombeva l’onere di dimostrare di avere adempiuto alle proprie obbligazioni contrattuali o che le prestazioni di cui si chiedeva il pagamento fossero state regolarmente adempiute (p. 11 sentenza impugnata).
A fronte di questo argomentare la ricorrente assume, anche in memoria, che parte del credito da essa vantata riguarderebbe contratti per i quali indica le fatture già elencate sub d-e-f-g-h e dall’importo complessivo di L. 162.350.359, pari ad Euro 83.846, 96, dimostrato dai documenti allegati n. 10-15, compreso.
In merito, osserva il Collegio che non si offrono elementi per indicare quali siano i rapporti diversi da quello pacificamente inadempiuto e se le fatture sono quelle indicate nella sentenza impugnata che evidenzia la ricorrente va precisato che esse sono state esaminate dal giudice dell’appello, che le ha ritenute non onorabili sia per difetto di prova di un corretto adempimento delle proprie obbligazioni da parte dell’attuale ricorrente sia addirittura per difetto di prova sulle circostanze che le prestazioni, oggetto dei rapporti siano state regolarmente adempiute.
Non va trascurato, peraltro, che come si evince dal controricorso, perchè non trascritto nel ricorso, il contratto tra l’Azienda e la Lavanderia aveva efficacia annuale (nella specie, 1 aprile 1998-31 marzo 1999) e sull’asserito inadempimento da parte dell’Azienda la domanda proposta dalla Lavanderia riguardava tra l’altro, il pagamento delle fatture di cui alle lettere sopra indicate e per l’importo di L. 162.350.359.
E solo per completezza va detto che la CTU non può supplire alla carenza di onere probatorio che vede soddisfare la parte interessata alla pretesa fatta valere.
Connesso a questa censura è, come detto, il terzo motivo, che propone un errore di diritto, in quanto, contrariamente a quanto asserito dal giudice dell’appello, l’eccezione di inadempimento non riguarderebbe contratti "diversi" da quello interrottosi il 9 giugno 1998, bensì solo quest’ultimo, per cui quand’ anche fosse", ma lo si contesta, il giudice del merito avrebbe dovuto procedere ad una compensazione con quanto spettava alla Lavanderia a diverso titolo (p. 17 ricorso), ossia al servizio effettuato negli anni che vanno dal 1996 al 1997, al 1998, con l’effetto che sarebbe stato onere della convenuta Azienda dimostrare l’inesatta esecuzione delle prestazioni, il cui pagamento era richiesto.
Il motivo va disatteso per un duplice ordine di ragioni.
La prima perchè la Azienda ha sin dall’inizio constato l’intera somma richiesta relative alle dedotte prestazioni. La seconda è che spetta a colui contro il quale l’eccezione di inadempimento o di non esatta esecuzione delle prestazioni è rivolta dimostrare che non vi è stato inadempimento di nessuna natura e che le fatture, sia pure riferibili a pregressi rapporti contrattuali, non sono che meri indizi della stipula dei contratto cui farebbero riferimento nonchè della loro esecuzione, per cui esse vanno corroborate da eventuali prove anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni sottostanti, non rinvenute o rinvenibili dagli atti del giudizio.
Ed è questo che si ricava, sia pure implicitamente, dall’argomentare del giudice dell’appello allorchè egli ne ha disconosciuto la corresponsione affermando comunque la mancanza di ogni prova al riguardo e che si è avuto modo di porre in rilevo per l’innanzi.
4.-Di qui l’assorbimento del quarto motivo (nullità ex art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia su una delle domande sottoposte al suo giudizio – art. 112 c.p.c.).
Per concludere, il giudice dell’appello ha esaminato tutte le doglianze e i loro contenuti evidenziati con l’atto di appello.
Sulla base della condotta istruttoria, che pare caratterizzata dalla natura documentale, ha escluso la riconoscibilità in capo alla Lavanderia del credito azionato con atto di citazione sia in relazione alle fatture di cui al contratto decorrente dall’1 aprile 1998, sia in relazione a fatture con data pregressa.
Tale statuizione è stata motivata con corretta applicazione sia del principio dell’onere probatorio circa la sussistenza del titolo a sostegno dell’azione sia a fondamento dell’esistenza o meno di inadempimenti, eccepiti dalla controparte.
Il ricorso va, dunque, respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro, per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
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