Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-09-2011) 12-10-2011, n. 36771 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente censura la motivazione del trattamento sanzionatorio applicatogli, è inammissibile per difetto di interesse ad impugnare.

Infatti, l’interesse richiamato dall’art. 568 c.p.p., comma 4 quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo ove il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente; in altre parole, sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (cfr. Cass. S.U. n. 42 del 13.12.95, dep. 29.12.95; Cass. n. 6301/97; Cass. n. 514/98; Cass. Sez. 2 n. 15715 del 28.5.2004, dep. 8.6.2004; Cass. Sez. 1 n. 47496 del 17.10.2003, dep. 11.12.2003, nonchè numerose altre analoghe).

In breve, l’interesse ad impugnare non è costituito dalla mera aspirazione della parte all’esattezza tecnico-giuridica della motivazione del provvedimento, ma dall’interesse a conseguire – dalla riforma o dall’annullamento del provvedimento impugnato – un concreto vantaggio.

Non è questo il caso, atteso che la gravata pronuncia ha accolto proprio la pena chiesta ex art. 444 c.p.p. dall’odierno ricorrente.

2- Il secondo motivo di ricorso, con cui si censura l’impugnata sentenza per aver applicato la misura di sicurezza della confisca non solo del coltello in sequestro, ma anche degli abiti e del telefonino cellulare di cui al verbale di sequestro del 29.4.10, beni – questi ultimi – non confiscabili ex art. 240 c.p., comma 2, è manifestamente infondato.

Infatti, in motivazione l’impugnata sentenza è ben chiara nel limitare il sequestro al solo coltello, vale a dire ad un oggetto confiscabile ex art. 240 c.p., comma 1 (si tratta del coltello usato dall’odierno ricorrente nel commettere la rapina contestatagli insieme ai reati di lesioni personali aggravate, danneggiamento e violazione della L. n. 110 del 1975, art. 4).

Invero, può parlarsi di irriducibile contrasto fra dispositivo e motivazione quando le affermazioni contenuto nel primo non possano conciliarsi con quelle svolte nella seconda: nel caso di specie, mentre il dispositivo parla genericamente di confisca e distruzione "di quanto in sequestro", la motivazione chiarisce esplicitamente che la misura di sicurezza si riferisce solo al coltello e non ad altri oggetti.

3- In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Ex art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.500,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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