Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-03-2012, n. 4379 Procedimento esecutivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.S., debitrice esecutata, propose reclamo, ex artt. 178 e 630 cod. proc. civ., avverso l’ordinanza del 24 maggio 2002, con la quale il giudice dell’esecuzione, anzichè dichiarare estinta la procedura esecutiva immobiliare ai sensi dell’art. 567 cod. proc. civ., comma 4 (nel testo, come modificato dalla L. n. 302 del 1998 e succ. mod., all’epoca vigente), per il mancato deposito della documentazione prevista dal secondo comma della stessa norma entro il 30 giugno 2001, aveva concesso alla società creditrice procedente (originariamente Banca Commerciale Italiana S.p.A., poi fusa per incorporazione in Banca Intesa S.p.A., successivamente denominata IntesaBci S.p.a., cedente il credito azionato in sede esecutiva a Intesa Gestione Crediti S.p.A., successivamente denominata IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A. e poi nuovamente Intesa Gestione Crediti S.p.A.) un nuovo termine per integrare la documentazione già depositata. Il Tribunale di Rossano rigettò il reclamo.

Proposto appello dalla S., la Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza pubblicata il 12 luglio 2007, ha rigettato l’appello ed ha compensato tra le parti le spese del grado.

Avverso questa sentenza S.G. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Si difende l’intimata Italfondiario S.p.a., quale mandataria di Castello Finance S.r.l.

(cessionaria di Intesa Gestione Crediti S.p.A., come da nuova denominazione di IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A., dei crediti "Italia" in sofferenza già vantati da Banca Commerciale Italiana S.p.A.) con controricorso e memoria.

Motivi della decisione

Il ricorso per cassazione in esame è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (12 luglio 2007).

1.- Il primo motivo del ricorso, con il quale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 630 e 178 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, è inammissibile per difettosa formulazione del quesito di diritto.

Infatti, il quesito è formulato in termini tali ("Può il Collegio investito del reclamo avverso una ordinanza emessa dal giudice nel corso di un procedimento, nel caso di specie esecutivo, esorbitare lrambito del devoluto decidendo su aspetti diversi da quelli sottoposti alla sua indagine e non riferentesi all’ordinanza impugnata?") da rendere pressochè incomprensibile la questione di diritto posta all’attenzione della Corte, atteso che non vi alcun cenno al caso di specie, in particolare al contenuto dell’ordinanza reclamata, ai motivi del reclamo, alla portata della decisione assunta su tali motivi e censurata dalla ricorrente.

Conclusivamente, il quesito di diritto non consente a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dalla ricorrente con riferimento alla fattispecie concreta nè l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico- giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).

Manca inoltre ogni riferimento -ritenuto necessario da precedenti di questa Corte (tra cui Cass. n. 24339/08, n. 4044/09), che qui si ribadiscono – alla ratio decidendi della sentenza impugnata ed alle ragioni di critica sollevate dalla ricorrente.

2.- Analoghe ragioni di inammissibilità sussistono con riferimento al secondo motivo di ricorso, col quale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 630 e 178 cod. proc. civ., nonchè degli artt. 487 e 617 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3; la relativa illustrazione è conclusa dal seguente quesito di diritto:

"Può il giudice del reclamo procedere alla revoca ovvero alla modifica di precedenti ordinanze emesse dal G.E., diverse da quella oggetto di reclamo, facendo venire meno le preclusioni derivanti dall’art. 617 c.p.c., e le prerogative proprie del G.E. secondo il dettato normativo dell’art. 487 c.p.c.?".

Anche il quesito che precede è espresso nei termini generici già evidenziati per il primo; esso non presenta i caratteri richiesti dal citato art. 366 bis cod. proc. civ., così come interpretato dai precedenti di questa Corte sopra richiamati e da numerosi altri conformi.

3.- Col terzo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione di norme di diritto sotto il profilo della mancata applicazione dei termini e modi di deposito della documentazione prevista dall’art. 567 cod. proc. civ. e dalla L. n. 302 del 1998, art. 13.

Deduce la ricorrente che l’art. 567 cod. proc. civ., nel testo all’epoca vigente, imponeva al creditore procedente nella procedura de qua, nella quale l’istanza di vendita era stata depositata entro il 30 aprile 2001, di depositare tutta quanta ed in forma completa la documentazione prevista dal secondo comma della norma entro il termine perentorio del 30 giugno 2001, salva la possibilità di chiedere entro tale data una proroga una tantum, secondo le modalità di cui alla L. n. 302 del 1998, art. 13 bis; aggiunge che, non avendo IntesaBCI Gestione Crediti S.p.A. richiesto tale proroga nè ottemperato ad un’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 2 maggio 2001, con la quale era imposto il deposito della documentazione ivi indicata nel termine di legge, non avrebbe potuto chiedere, come invece aveva fatto, un ulteriore termine per effettuare detto deposito nè il giudice dell’esecuzione avrebbe potuto concedere, come invece aveva fatto, tale ulteriore termine "per consentire al creditore l’integrazione della documentazione nel senso indicato nell’ordinanza del 2/5/2001". 3.1.- Il motivo non è meritevole di accoglimento perchè non è pertinente rispetto alla ratio della sentenza impugnata.

La Corte d’Appello di Catanzaro non ha affatto affermato, come sembra ritenere la ricorrente, che l’operato del giudice dell’esecuzione di concessione di un termine oltre il 30 giugno 2001, così come criticato dalla stessa ricorrente, fosse legittimo, ma ha posto a base del rigetto dell’appello (e quindi confermato il rigetto del reclamo) altri argomenti.

In particolare, due sono le argomentazioni su cui si fonda la decisione impugnata, espresse dalla Corte d’Appello nei termini che seguono:

a) nel difendersi in sede di reclamo, IntesaBCI Gestione Crediti s.p.a. aveva evidenziato che l’istanza di vendita riguardava solo uno dei quattro immobili pignorati, rispetto al quale la documentazione ipocatastale era stata prodotta già in data 31 maggio 1999, ovvero prima che il giudice dell’esecuzione disponesse, con l’ordinanza del 2 maggio 2001, l’integrazione della documentazione; la Corte ha riscontrato che, effettivamente, rispetto all’unico immobile per il quale era stata richiesta la vendita, la documentazione depositata nel termine di legge era completa "con specifico riferimento alle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nell’ultimo ventennio" poichè era stata "prodotta certificazione rilasciata dal Conservatore dei Registri Immobiliari di Cosenza in data 26-2-1997, attestante le iscrizioni e trascrizioni esistenti sul medesimo immobile a partire dal 29-7-1971 e fino al 19-9-1991, che copre, pertanto, l’ultimo ventennio precedente la data di trascrizione del pignoramento (19-9-1991)";

b) secondo la Corte, è priva di fondamento la censura relativa alla mancata dichiarazione di estinzione della procedura esecutiva malgrado la produzione di documentazione ipo-catastale sia relativa ad uno soltanto su quattro degli immobili pignorati e ciò perchè, essendo stata limitata l’istanza di vendita all’unico immobile per il quale la documentazione risultava completa, per gli altri tre trova applicazione l’art. 497 cod. proc. civ., con conseguente perdita di efficacia del pignoramento.

3.2.- Orbene, per come è reso evidente da quanto riportato al precedente punto 3, ed anche da quanto sintetizzato nel quesito di diritto che assiste il terzo motivo di ricorso ("poteva il G.E., in base alla L. n. 302 del 1998, art. 567 e art. 13 bis, decorso il termine del 30. 6.2001, senza che vi fosse stata preventiva richiesta della parte, concedere un termine per la presentazione ovvero integrazione della documentazione ipocatastale?"), con tale motivo non si cen-surano affatto gli argomenti che sorreggono la decisione impugnata, che sono quelli sintetizzati al precedente punto 3.1. In particolare, la ricorrente non contesta che l’istanza di vendita sia stata presentata soltanto per uno dei quattro immobili pignorati; che rispetto a tale immobile la documentazione depositata fosse completa già prima dell’adozione dell’ordinanza del 2 maggio 2001, e di quella del 24 maggio 2002, oggetto di reclamo; che l’estinzione della procedura esecutiva non possa essere dichiarata quando, pur essendo stati pignorati più immobili, l’istanza di vendita, ed il deposito della documentazione di cui all’art. 567 cod. proc. civ., siano invece limitati ad uno solo di questi e che per gli altri si sia invece venuta a determinare l’inefficacia del pignoramento.

Il motivo di ricorso, in quanto riferito ad una questione estranea (concessione di un termine ulteriore per il deposito di documentazione mancante) alla ratio decidendi della sentenza impugnata (completezza della documentazione già prima della concessione del termine ed irrilevanza di tale concessione con riferimento all’unico immobile oggetto dell’istanza di vendita) e perciò non solo mancante di specificità ma anche tale da comportare il difetto di interesse al relativo accoglimento (quindi, all’impugnazione), va reputato inammissibile e comporta il rigetto del ricorso, a causa di tale inammissibilità. 4.- La condanna alle spese, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore di Italfondiario S.p.a., nella qualità di mandataria di Castello Finance s.r.l., delle spese del presente giudizio, che liquida complessivamente in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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