Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-09-2011) 12-10-2011, n. 36762

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 2 febbraio 2011, la Corte di appello di Catanzaro, confermava la sentenza del Tribunale di Catanzaro, in data 8 luglio 2009, che aveva condannato G.C.V. alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 300,00 di multa per i reati di truffa e falso, oltre al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile, S.L..

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame.

Con il primo motivo deduce violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione.

Al riguardo si duole che la corte non avrebbe effettuato un attento controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa S.L.. In particolare eccepisce che gli elementi a carico del G. non sono stati prima vagliati singolarmente, per poi essere esaminati in una prospettiva unitaria globale, tendente pone in luce i collegamenti e la concludenza in una medesima direzione dimostrativa.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al reato di cui all’art. 640 c.p.. Al riguardo eccepisce che nei fatti presi in esame non sussisterebbero gli estremi del comportamento punibile per il reato di truffa trattandosi – tutt’al più – di un fatto di appropriazione indebita.

In via subordinata chiede la declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Con riferimento al vizio di motivazione si ricorda che le S.U. della Corte (S.U. 24.9.03, Petrella) hanno confermato che l’illogicità della motivazione censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. In conclusione il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti applicando esattamente le regole della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6A 6 giugno 2002, Ragusa). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone).

Alla luce di tale pacifico principio di diritto, il primo motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile in quanto in assenza di ogni vizio logico – ictu oculi evidente – della sentenza impugnata, tende a provocare un intervento di questa corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici del merito.

In particolare nessuna censura può essere mossa al la sentenza impugnata in quanto la corte ha effettuato un penetrante controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che risultano riscontrate anche da elementi obiettivi quali gli assegni rilasciati da G. e la scrittura privata dal medesimo sottoscritta, in data 1 luglio 2004, con la quale G. riconosceva di aver ricevuto il denaro dallo S. e si impegnava a restituirlo all’avente diritto. Ugualmente incensurabili sono le considerazioni svolte dalla Corte in ordine alla inaffidabilità delle dichiarazioni rese dal teste F.F., poichè la valutazione dell’attendibilità di un testimone è questione di fatto che rientra nel potere esclusivo del giudice del merito.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, in punto di violazione di legge per l’insussistenza dei presupposti oggettivi della condotta per il reato di truffa, la censura è inammissibile, ai sensi dell’art. 603 c.p.p., comma 3, in quanto relativa a una violazione di legge non dedotta con i motivi d’appello.

Infine per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, è pacifico che l’inammissibilità del ricorso preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio la prescrizione maturata nel corso del giudizio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. (dep. 10/11/2009) Rv. 244999).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

Il ricorrente deve essere altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile S.L., che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile S.L., che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 27 settembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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