Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-09-2011) 12-10-2011, n. 36759

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 14.12.09 la Corte d’Appello di Salerno confermava la condanna emessa il 20.4.06 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di P.E. per il delitto di truffa aggravata ex art. 61 c.p., n. 11.

Questi i fatti come ricostruiti in sede di merito: la P., approfittando della propria qualità di dipendente dell’agenzia di viaggi "Danubio viaggi" sita nel complesso polifunzionale "Polo Nautico" di Salerno, per il tramite del tour operator Eurotravel prenotava ed effettuava nel luglio 2004 una vacanza addebitandone il costo di Euro 559,40 sul c/c della predetta agenzia, senza averne ricevuto autorizzazione ed occultando i documenti giustificativi del viaggio alla contabilizzazione e al titolare dell’agenzia ( I. V.), che se ne accorgeva solo nel mese di ottobre esaminando l’estratto conto.

Tramite il proprio difensore la P. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per un unico articolato motivo con il quale lamentava violazione dell’art. 640 c.p. e vizio di motivazione nella parte in cui la gravata pronuncia, nel non dare credito alla versione difensiva dell’autorizzazione verbale concessa – come per prassi – dall’ I. affinchè la P. addebitasse sul c/c dell’agenzia il costo del viaggio, aveva invece ritenuto che tutto ciò fosse avvenuto all’insaputa dell’ I. medesimo, mediante artifici e raggiri consistiti nell’ occultargli il fax di conferma della prenotazione che il tour operator organizzatore del viaggio aveva trasmesso all’agenzia, in realtà – obiettava la ricorrente – il ritenuto malizioso occultamento del fax era stato negato dai testi S. e Se., che avevano riferito di aver visto in agenzia i documenti del viaggio prenotato dalla P., di guisa che non era configurabile artificio o raggiro alcuno. Quanto all’assenza di autorizzazione dichiarata dall’ I., si trattava di circostanza sospetta perchè la denuncia era stata presentata solo all’indomani di una controversia di lavoro insorta fra le parti, a distanza di alcuni mesi dall’addebito sul c/c della società che, invece, poteva essere subito agevolmente scoperto. In conclusione, non essendovi stata alcuna maliziosa condotta da parte della P., al più la vicenda poteva connotarsi come mero illecito civilistico anzichè come truffa, tanto che lo stesso PG territoriale aveva concluso per l’accoglimento dei motivi d’appello.

Motivi della decisione

1- Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Quanto all’asserita autorizzazione verbale all’addebito del costo del viaggio sul c/c dell’agenzia, si tratta di circostanza in punto di fatto smentita da doppia pronuncia conforme, essendosi evidenziato in primo e in secondo grado che, seppur esistente la prassi di autorizzare verbalmente in tal senso il personale dell’agenzia, nondimeno tale autorizzazione doveva pur sempre essere stata rilasciata, il che i giudici del merito hanno negato sia avvenuto nel caso per cui è processo.

Quanto al ritenuto malizioso occultamento del fax di conferma del viaggio de quo, trasmesso in agenzia dal tour operator, esso non risulta neppure essere stato poi passato alla contabilizzazione, sempre come si legge nella gravata pronuncia.

Rispetto a ciò le obiezioni svolte in ricorso si rivelano come mere sollecitazioni di nuova lettura delle risultanze dibattimentali, il che non è consentito nella presente sede.

Una volta assodato, con motivazione immune da vizi logico-giuridici, che l’addebito del costo del viaggio sul c/c dell’agenzia non era stato autorizzato neppure verbalmente e che il fax di conferma della prenotazione effettuata dalla ricorrente era stato occultato tanto all’ I. quanto alla contabilità, va da sè che correttamente in tale condotta la sentenza impugnata ha ravvisato gli estremi dell’elemento oggettivo del reato p. e p. ex art. 640 c.p..

2- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *