Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-09-2011) 12-10-2011, n. 36756 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 11/6/2010, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del 7/10/2005, assolveva R.R. dal delitto di cui all’art. 314 c.p. commesso in Cancello Arnone in data 15/9/2001 e rideterminava la pena, per i residui reati di associazione per delinquere, peculato e contraffazione di valori, in anni due, mesi 11 di reclusione ed Euro 900,00 di multa.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di inutilizzabilità delle intercettazioni, accogliendo l’appello solo con riferimento al reato di peculato commesso in data 15/9/2001. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame.

Con il primo motivo deduce che la Corte avrebbe dovuto dichiarare la inutilizzabilità delle disposte intercettazioni e conseguentemente motivare solo sulla scorta del materiale diverso da quello captativo.

Al riguardo ripropone l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni, eseguite in luoghi diversi dagli uffici di Procura, in assenza di un decreto motivato del P.M. e contesta le conclusioni della Corte territoriale che, conformemente al Giudice di prime cure, aveva ritenuto che l’emissione di un decreto successivo fosse idonea a sanare i difetti della procedura autorizzatoria. Contesta, inoltre, che la scelta del rito abbreviato possa comportare una sostanziale rinunzia a far valere le questioni relative alle intercettazioni, trattandosi di inutilizzabilità patologica.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge e difetto della motivazione in relazione agli artt. 416, 314, 628 e 648 c.p.. Al riguardo si duole che la Corte territoriale si sia limitata a fornire una lettura delle conversazioni in chiave accusatoria, senza tener conto della lettura alternativa che la difesa aveva fornito per ogni singolo episodio oggetto di contestazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato. La Corte d’appello ha respinto l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, eseguite in impianti esterni alla Procura, in assenza di un preventivo decreto di autorizzazione del P.M., sulla base di due considerazioni errate:

a) la non applicabilità al caso in esame della ratio della sentenza delle Sezioni Unite n. 2237 del 29/11/2005;

b) l’incompatibilità dell’eccezione di inutilizzabilità con la scelta del rito abbreviato.

Per quanto riguarda il primo profilo, la questione è stata oggetto di contrasti giurisprudenziali. Questa Sezione, con Sentenza n. 43613 del 2004, pronunziandosi in sede cautelare, annullò l’ordinanza del Tribunale per il riesame di Napoli, in data 7/10/2003, che aveva annullato l’ordinanza con la quale il Gip presso il Tribunale di Santa Maria C.V. aveva emesso una misura cautelare nei confronti del R. e di altri, considerando utilizzabili le intercettazioni eseguite fuori dagli uffici della Procura, in virtù di un decreto d’urgenza emesso dal P.M. in sanatoria.

Successivamente la questione è stata portata all’esame delle Sezioni Unite che, con la Sentenza 2237/2005, hanno stabilito il seguente principio di diritto:

"In tema di esecuzione delle operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni, il decreto motivato con cui il P.M. dispone l’utilizzo di impianti diversi da quelli installati nella Procura della Repubblica – sul presupposto della inidoneità o insufficienza degli impianti della Procura e della sussistenza di eccezionali ragioni di urgenza ( art. 268 c.p.p., comma 3) – deve essere emesso e può essere eventualmente integrato dal P.M. soltanto prima dell’esecuzione delle operazioni intercettative, mentre il giudice, neanche in sede di impugnazione de liberiate, può emendare o integrare la motivazione del provvedimento, giacchè in tal modo si approprierebbe di ambiti di discrezionalità delibativa e determinativa che spettano solo alla parte pubblica".

In particolare nella sentenza citata, le Sezioni Unite hanno osservato:

"Posto, dunque che solo il "decreto motivato" (e, quindi, il provvedimento determinativo al riguardo unitamente alle ragioni che lo sorreggono) autorizza il ricorso a quegli strumenti operativi e rende legittima l’attività captativa che realizza in concreto quella "formidabile capacità intnisiva" che le è connaturata, non può non convenirsi – tanto fungendo da requisito ineludibile per l’espletamento di tale attività con quelle modalità tecniche -, che tale condizione deve essere assicurata ed assolta prima che l’attività medesima venga posta in essere: l’assolvimento di tale obbligo funge, difatti, da condizione legittimante la futura attività captativa, e non può, perciò, che precederla. Ne consegue, in sostanza, che, per potersi procedere alle operazioni captative per mezzo di apparecchiature diverse da quelle in uso all’ufficio giudiziario, il pubblico ministero deve, innanzi tutto, rendere al riguardo apposito provvedimento, nella indefettibile forma del decreto, ed assolvere nel contempo all’obbligo di dare motivata contezza della sussistenza di quei presupposti, giacchè l’attività captativa svolta con quelle diverse modalità esecutive, derogatorie della regola generale, in tanto è legittima in quanto un provvedimento al riguardo sia stato reso ed esso dia contezza che quel previo dovuto controllo sia stato in effetti compiuto. Ed a fronte della suindicata ratio dell’istituto, come positivamente disciplinato in sede normativa e costituzionalmente orientato, non è dato ritenere la possibilità di uno iato temporale tra esecuzione della attività intercettativa e provvedimento motivato della parte pubblica, conclusione smentita dalla diversa espressa previsione normativa e dalla implicita regola sistematica che l’informa.

Poichè, dunque, quella attività di controllo e di valutazione da parte dell’organo inquirente è condizione necessaria per rendere legittima l’intercettazione eseguita con quelle modalità, quei profili valutativi e conseguentemente determinativi afferiscono ab imis, geneticamente, all’esercizio di quella attività con quelle modalità tecniche; in mancanza di tale dovuto controllo e conseguente delibazione, l’attività captativa è di per sè illegittimamente disposta con quelle modalità: e tale illegittimità si realizza nel momento in cui essa venga posta in essere senza quei dovuti controllo e pertinente delibazione – che devono essere non solo effettuati, ma costituire anche oggetto di previa ed espressa motivazione -, e conseguentemente attuata in violazione del precetto normativo, afferente alla garanzia della libertà delle comunicazioni telefoniche; il mancato adempimento di tale previa attività connota, quindi, di definitiva ed irreversibile patologicità l’attività in tal guisa posta in essere, patologicità che, sotto il profilo processuale penale che qui rileva, sortisce, poi, l’esito della inutilizzabilità delle relative acquisizioni, quale sua ineludibile conseguenza".

Alla luce di tale inequivocabile pronunzia, deve escludersi che possa essere attribuita efficacia sanante ad un decreto emesso dal P.M. il 17/12/2002, in epoca successiva all’attività captativa.

Quanto al secondo profilo, va richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite in tema di inutilizzabilità di atti nel giudizio abbreviato.

"Il giudizio abbreviato costituisce un procedimento "a prova contratta", alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, a mezzo del quale le parti accettano che la regiudicanda sia definita all’udienza preliminare alla stregua degli atti di indagine già acquisiti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del "dibattimento". Tuttavia tale negozio processuale di tipo abdicativo può avere ad oggetto esclusivamente i poteri che rientrano nella sfera di disponibilità degli interessati, ma resta privo di negativa incidenza sul potere- dovere del giudice di essere, anche in quel giudizio speciale, garante della legalità del procedimento probatorio. Ne consegue che in esso, mentre non rilevano nè l’inutilizzabilità cosiddetta fisiologica della prova, cioè quella coessenziale ai peculiari connotati del processo accusatorio, in virtù dei quali il giudice non può utilizzare prove, pure assunte "secundum legem", ma diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento secondo l’art. 526 cod. proc. pen., con i correlati divieti di lettura di cui all’art. 514 c.p.p. (in quanto in tal caso il vizio-sanzione dell’atto probatorio è neutralizzato dalla scelta negoziale delle parti, di tipo abdicativo), nè le ipotesi di inutilizzabilità "relativa" stabilite dalla legge in via esclusiva con riferimento alla fase dibattimentale, va attribuita piena rilevanza alla categoria sanzionatoria dell’inutilizzabilità cosiddetta "patologica", inerente, cioè, agli atti probatori assunti "contra legem", la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto non solo nel dibattimento, ma in tutte le altre fasi del procedimento, comprese quelle delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare, nonchè le procedure incidentali cautelari e quelle negoziali di merito" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 16 del 21/06/2000 Ud. (dep. 30/06/2000) Rv. 216246).

Tanto premesso, è evidente che, alla luce del principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite con la Sentenza 2237/2005, il difetto della preventiva autorizzazione del P.M. con il decreto d’urgenza previsto dall’art. 268 c.p.p., comma 3, integra un caso di inutilizzabilità patologica che il patteggiamento negoziale sul rito non può rimuovere. Tale orientamento è stato ulteriormente ribadito da questa Corte, che ha statuito che: "Nel giudizio abbreviato è rilevabile, anche d’ufficio, l’inutilizzabilità patologica relativa alla mancata motivazione del decreto del pubblico ministero, con il quale si dispone, per l’esecuzione di operazioni di intercettazione telefonica, l’utilizzo di impianti diversi da quelli installati nella procura della Repubblica" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 14099 del 30/01/2007 Ud. (dep. 04/04/2007) Rv. 236211).

Si impone, pertanto, l’annullamento della Sezione impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Napoli che dovrà procedere ad un nuovo giudizio escludendo l’utilizzazione delle captazioni eseguite mediante impianti diversi da quelli installati nella procura della Repubblica.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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