Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-03-2012, n. 4530

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel 2001 B.V. agiva contro D.F.M. e il mediatore G.M.G., lamentando che la convenuta aveva indebitamente utilizzato la procura a vendere un immobile dell’attore, che le era stata rilasciata a titolo di mera garanzia.

Nella resistenza di entrambi i convenuti, il tribunale di Varese, respinta l’istanza di prova testimoniale volta a dimostrare l’erogazione di un ingente prestito effettuato dalla convenuta all’attore, condannava la D.F. al pagamento di Euro 122.404 e rigettava le domande contro il G..

Sui contrapposti appelli, la Corte d’appello di Milano decideva con sentenza 21 marzo 2006, che respingeva il gravame interposto dalla D.F. e, in accoglimento di quello incidentale, elevava a 205.038 Euro l’importo dovuto al B..

La D.F. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 10 luglio 2006, al quale B. ha resistito con controricorso, eccependo tra l’altro la violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente va rilevato che è irrilevante la mancata notificazione del ricorso al G., originario convenuto assolto nel giudizio di merito, avente posizione autonoma rispetto a quella della ricorrente.

11 ricorso consta di tre motivi: il primo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 184, 189 e 346 c.p.c., nonchè vizi di motivazione.

Il secondo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 – 184 c.p.c., art. 2720 c.c., e segg., fino a art. 2726 c.c., e tutti i possibili vizi di motivazione.

Il terzo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 101, 115, 116, 184, 206 e 345 c.p.c. e in riferimento agli artt. 1223 e 2697 c.c., nonchè vizi di motivazione.

Il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, appare inammissibile.

Nessuno dei tre motivi, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, espone il quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).

In proposito va rilevato che il primo motivo contiene più profili di doglianza, sicchè non si può, a scelta del Collegio, individuare nel corpo del testo quale sia la parte della trattazione che sintetizza il profilo di diritto rispetto al quale la Corte di legittimità dovrebbe essere chiamata a pronunciarsi.

Quanto al secondo motivo mette conto invece sottolineare la stretta correlazione nel testo tra profili di censura ex art. 360, n. 3 e doglianze qualificabili ex art. 360, n. 5.

Il terzo motivo svolge una complessa trattazione che non si conclude con la richiesta formulazione del quesito.

Quanto alla parte dei motivi che espone omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, si rileva la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.

In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08;

16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere. Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..

Nella norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente, invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al n. 5 del precedente art. 360 – cioè la "chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione" – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichi quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a favore di controparte delle spese di lite liquidate in Euro 4.000,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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