Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-09-2011) 12-10-2011, n. 36794

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Venezia ricorre innanzi a questa Corte, deducendo violazione di legge e motivazione illogica e carente riferita all’avvenuta concessione della sospensione condizionale della pena, avverso la sentenza del 30 maggio 2009, con la quale il Tribunale di Vicenza ha applicato a T.M. la pena concordata fra le parti ex artt. 444 e segg. c.p.p. siccome ritenuto penalmente responsabile: a) – del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter (violazione dell’ordine impartitogli dal Questore di Agrigento, notificatogli il 3 febbraio 2009, di lasciare il territorio dello Stato);

b) – del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3 (non aver esibito al personale della polizia di. Stato, senza giustificato motivo, alcun documento di riconoscimento).

Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata dal P.G. di Venezia va annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e art. 2 c.p., comma 2. 2. Quanto al reato sub a) (violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter), va invero rilevato che in data 28 aprile 2011 è stata depositata la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel procedimento C – 61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale, formulata ai sensi dell’art. 267 TFUE dalla Corte d’appello di Trento nell’ambito del procedimento a carico di E.D.H., imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, in relazione alla direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio in data 16 dicembre 2008, recante "norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare". 3. Con detta sentenza la Corte Europea ha affermato che la fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, che punisce la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento dal territorio nazionale emesso dal competente Questore, ordine emesso nella specie dopo la scadenza dei termini previsti per il recepimento nel nostro ordinamento della citata direttiva 2008/115/CE (16 dicembre 2008), deve considerarsi non più applicabile nell’ordinamento interno, siccome incompatibile con la predetta normativa comunitaria, determinando effetti sostanzialmente assimilabili all’abolitio criminis, con conseguente necessità di dichiarare nei giudizi di cognizione che il fatto non è più previsto dalla legge come reato e di applicare in sede di esecuzione, in via di interpretazione estensiva, la norma di cui all’art. 673 c.p.p. (cfr. Cass. Sez. 1, n. 22105 del 28/04/2011 dep. 01/06/2011 imp. Tourghi).

4. Va inoltre rilevato che il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni, nella L. 2 agosto 2011, n. 129, recante disposizioni urgenti per completare l’attuazione della direttiva comunitaria concernente la libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi irregolari, ha proceduto ad una nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, la quale non può dirsi in continuità normativa con la precedente versione, in tal modo confermando l’avvenuta abolitio criminis, non solo per il distacco temporale intercorso fra la sua emanazione e l’emissione della direttiva comunitaria anzidetta, ma anche per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia della condotta richiesta per integrare l’illecito penale in esame.

Invero, in base alla nuova normativa, all’intimazione di allontanamento può pervenirsi solo dopo l’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato.

E’ pertanto da ritenere che ci si trovi innanzi ad una nuova incriminazione, applicabile come tale solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della normativa anzidetta.

5. Quanto al reato sub b) (omessa esibizione al personale della polizia di Stato, senza giustificato motivo, di un documento di riconoscimento), va rilevato che il precedente orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. SS.UU. 29.10.03 n. 45801, Rv. 226102), secondo il quale il reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, consistente nella mancata esibizione senza giustificato motivo, a richiesta degli ufficiali ed agenti di p.s., del passaporto o di altro documento di identificazione, poteva essere commesso da qualsiasi cittadino straniero che si trovasse in Italia, a prescindere il medesimo fosse o meno presente sul territorio nazionale in modo regolare od irregolare, è stato recentemente innovato da questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n.16453 del 24/02/2011 dep. 27/04/2011, imp. P.M. in proc. Iacev Rv. 249546), la quale, esaminata ex novo la questione a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 94 del 2009, ha ritenuto che la modificazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, introdotta dalla L. 15 luglio 2009 n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), ha circoscritto i soggetti attivi del reato di inottemperanza all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato esclusivamente agli stranieri "legittimamente" soggiornanti nel territorio dello Stato, con conseguente "abolitio criminis" per gli stranieri extra comunitari irregolari.

6. E poichè nella specie risulta che l’imputato T.M., cittadino extracomunitario di nazionalità tunisina, non era in possesso di regolare permesso di soggiorno, si che non aveva ottemperato all’invito rivoltogli dal personale della polizia di Stato di esibire un qualsiasi documento di riconoscimento, in quanto ne era del tutto privo, siccome cittadino extracomunitario clandestino, va ritenuto che il comportamento dal medesimo tenuto non integra gli estremi del reato contestatogli.

7. Da quanto sopra consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata anche con riferimento al reato sub b) perchè il fatto addebitato all’imputato non è più previsto dalla legge come reato.

8. Ritiene il Collegio che l’intervenuta abolitio criminis riferita ad entrambi i reati contestati all’imputato ed il conseguente annullamento della sentenza impugnata siano da ritenere prevalenti anche sulla evidente inammissibilità del presente ricorso, siccome proposto dal P.G. avverso una sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti, la cui motivazione, anche in punto di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sebbene succinta, appare adeguata ai parametri richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte per tali tipi di decisioni.

Invero l’impossibilità di rilevare cause di non punibilità in presenza di ricorsi inammissibili è destinata a cedere in ipotesi, come quella in esame, di successioni di leggi e di abolitio criminis ex art. 2 cod. pen.; e la nozione di condanna ricavabile da tale ultima norma, in combinato con l’art. 673 cod. proc. pen., dev’essere ricondotta alla nozione di giudicato formale, si che, fin quando quest’ultimo non si sia formato, spetta al giudice della cognizione prendere atto dell’intervenuta abolitio criminis ed annullare la condanna per fatti ormai divenuti privi di rilievo penale.

9. Da quanto sopra consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perchè entrambi i fatti ascritti all’imputato non sono previsti dalla legge come reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza Impugnata perchè i fatti non sono previsti dalla legge come reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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