Cons. Stato Sez. VI, Sent., 14-11-2011, n. 5997 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, dichiarava l’improcedibilità, per intervenuta acquiescenza, del ricorso proposto dalla società B. T. s.a.s. di G. S. & C. avverso i seguenti atti del Comune di Merano:

(i) il provvedimento del vice-Sindaco n. 133 del 22 maggio 2000, col quale le era stato ingiunto di demolire l’opera abusiva costituita dalla costruzione, in prosecuzione e ampliamento del locale-bar (regolarmente concessionato) insistente sulla p.m. 1 della p.ed. 1053 C.C. Maia di proprietà dell’istante, di una struttura ad "L’ in vetro e in muratura, realizzata sui lati ovest e sud dell’edificio e adibita a ricevitoria scommesse e video giochi, di mq 70,60 in superficie e di mc 183,56 in volumetria;

(ii) il provvedimento prot. n. 16720/00 del 17 maggio 2000, di diniego di concessione in sanatoria ex art. 85 l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.), motivato dal contrasto del progetto in sanatoria con gli artt. 3 e 12 delle norme di attuazione del p.u.c. in materia di distanze minime dal confine e di osservanza della fascia di rispetto dell’adiacente strada pubblica, oltre che da carenze progettuali impeditive del controllo del rispetto delle norme igienico-sanitarie;

(iii) il parere negativo della Commissione edilizia comunale, richiamato dal provvedimento sub (ii).

Il T.r.g.a. motivava la declaratoria d’improcedibilità con la circostanza che la ricorrente, dopo la proposizione del ricorso giurisdizionale, aveva presentato nuova istanza di rilascio di concessione in sanatoria ex art. 85 l. urb. prov., sulla base di un progetto diverso e ridotto rispetto a quello oggetto del provvedimento di diniego gravato nel presente giudizio, il quale recepiva le ragioni del precedente provvedimento di diniego ed era accompagnato dall’impegno alla rimozione spontanea delle opere abusive non comprese nella nuova domanda di sanatoria. Il T.r.g.a. rilevava al riguardo che "la nuova domanda di sanatoria concretizza un comportamento implicito di adesione al precedente operato del Comune, esplicatosi nei provvedimenti impugnati, con conseguente improcedibilità del ricorso proposto avverso questi ultimi" (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza), dichiarando le spese di causa interamente compensate tra le parti.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la società ricorrente, censurando l’erronea declaratoria d’improcedibilità del ricorso in primo grado e riproponendo, nel merito, i relativi motivi.

3. Si costituiva l’appellato Comune di Merano, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

4. All’odierna pubblica udienza la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è da respingere.

5.1. Il Tribunale amministrativo di giustizia amministrativa correttamente è pervenuto alla declaratoria d’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta acquiescenza, in quanto:

– nella nuova domanda di concessione in sanatoria (ed allegato progetto), presentata il 25 settembre 2000 a giudizio già pendente promosso avverso il diniego di concessione in sanatoria del 17 maggio 2000 (e gli atti presupposti e consequenziali), la ricorrente ha sostanzialmente recepito le motivazioni poste a fondamento del gravato provvedimento di diniego, specie con riguardo alla violazione degli artt. 3 e 12 delle norme di attuazione del p.u.c. del 1981 (cui corrispondono gli artt. 6 e 32 delle n.d.a. del p.u.c. del 2000) in materia di distanze dai confini ed edifici e di fasce di rispetto dalla strada pubblica, limitando la nuova domanda alle opere rispettose di tali prescrizioni e impegnandosi alla rimozione della parte delle opere abusive lesive (v. la relazione tecnica illustrativa allegata al progetto, che in parte qua recita testualmente: "Conseguentemente è intenzione della committenza rimuovere parte della costruzione abusiva sul prospetto Sud, per un totale di 114,46 mc");

– la nuova istanza di concessione in sanatoria (accolta col rilascio della concessione n. 412 del 20 novembre 2000, nella quale si da atto del versamento del contributo di concessione e della sanzione pecuniaria ex art. 85 l. urb. prov.), limitata alle parti dell’opera conformi alle prescrizioni del p.u.c. in sostanziale recepimento delle motivazioni poste a base del precedente provvedimento di diniego, unitamente all’impegno alla demolizione delle parti dell’opera contrastanti con le prescriizioni urbanistiche, comporta inequivoca acquiescenza al gravato provvedimento di diniego, attesa l’incompatibilità di siffatto contegno della ricorrente con la persistente volontà di coltivare il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego (anche in considerazione della mancata formulazione di riserve o condizioni con riguardo all’esito del giudizio pendente).

5.2. Ad ogni modo, i motivi posti a base del ricorso di primo grado sono manifestamente infondati nel merito,

(i) trattandosi – alla luce della documentazione planimetrica e fotografica in atti e tenuto conto della consistenza delle opere abusive, determinanti un ampliamento stabile della sagoma del preesistente locale-bar per una superficie di mq 70,60 e una volumetria di mc 183,56 – di costruzione edilizia indubbiamente necessitante di titolo concessorio (necessità, contestata nel primo motivo di ricorso),

(ii) emergendo dalla documentazione planimetrica acquisita al giudizio de plano la violazione degli artt. 3 e 12 delle n.d.a. del p.u.c. del 1981 (cui corrispondono gli artt. 6 e 32 delle n.d.a. del p.u.c. del 2000) in materia di distanze dai confini ed edifici e di fasce di rispetto dalla strada pubblica, con infondatezza delle deduzioni al riguardo svolte col secondo motivo di ricorso, nonché

(iii) costituendo l’ordine di rimessione in pristino atto vincolato di repressione di illecito edilizio, il quale non abbisogna di particolare motivazione, e dovendosi – in considerazione della particolare consistenza degli interventi abusivi sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto il profilo qualitativo, e tenuto conto del carattere relativamente recente dell’esecuzione delle opere abusive – escludere la configurabilità di una situazione di consolidamento della posizione del privato per decorso del tempo e inerzia dell’amministrazione, invocata nel terzo motivo di ricorso.

5.3. Conclusivamente, per le esposte ragioni l’appello è da respingere.

6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate in parte dispositiva, vanno poste a carico dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna la società appellante a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del presente grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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