Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-03-2012, n. 4521

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sun Bet s.r.l. opera nel settore della raccolta della scommesse ippiche, sportive e non sportive, in virtù di apposite concessioni rilasciate dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

In data 31.1.2003, in relazione alle somme non versate nel 2001 a titolo d’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse di cui al D.Lgs. n. 504 del 1998, la società, presentando la correlativa dichiarazione ed effettuando i conseguenti versamenti, si avvalse della definizione agevolata prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2.

Peraltro – a seguito dell’abrogazione della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2 e della definizione agevolata ivi prevista, operata dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter (inserito dalla Legge di Conversione 21 febbraio 2003, n. 27) a partire dal 30.6.2004, la società provvide al versamento di ulteriori importi a titolo di imposta unica, sulla base della previsione del D.L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5, convertito in L. n. 200 del 2003 (nonchè al decreto del direttore generale dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato del 10 ottobre 2003, pubblicato in Gazzetta Ufficiale al n. 245 del 21 ottobre 2003 e successive modificazioni e integrazioni).

Assumendo di essersi determinata alla (nuova) definizione agevolata di cui alla legge richiamata, soltanto per non incorrere nell’immediata decadenza dalla concessione sancita dalla disposizione per l’ipotesi di mancata adesione, il 31.5.2006, la società presentò istanza di rimborso delle somme di cui ai versamenti effettuati a partire dal 30.6.2004, versamenti che riteneva non dovuti, per aver già definito la propria posizione debitoria con l’adesione, del gennaio 2003, alla definizione agevolata prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2.

L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato rigettò la domanda di rimborso ritenendola tardiva D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, comma 2, ed i ricorsi proposti dalla società contribuente avverso il provvedimento reiettivo fu accolta dall’adita commissione provinciale.

In esito al gravame dell’Amministrazione, la decisione del primo giudice fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale. I giudici di appello – pur disattesa l’eccezione dell’Agenzia d’inammissibilità della domanda restitutoria, in quanto tardiva – ritenne la pretesa della società contribuente infondata nel merito.

Avverso la decisione di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi.

L’Agenzia ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato in due motivi.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 2, 3 e 10 ("Statuto del contribuente"), censurando la decisione impugnata per aver attribuito alla previsione del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter (inserito dalla Legge di Conversione 21 febbraio 2003, n. 27) efficacia retroattiva, in merito all’abrogazione della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, in violazione dell’evocate norme dello "Statuto".

Con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 400 del 1988, art. 15, per aver esso attribuito efficacia retroattiva alle modifiche apportate al decreto legge in sede di conversione, in violazione della disposizione evocata.

Con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente deduce contraddittorietà della motivazione, per essere la decisione basata sull’errato presupposto di fatto per cui la dichiarazione integrativa L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2, sarebbe avvenuta successivamente all’entrata in vigore della disposizione abrogatrice ( D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, come inserito dalla Legge di Conversione 21 febbraio 2003, n. 27).

Le doglianze sono infondate.

Il D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, inserito dalla Legge di Conversione 21 febbraio 2003, n. 27, ha abrogato la L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, e la definizione agevolata ivi prevista, "… con effetto dal 1 gennaio 2003" (e, dunque, sin dalla data di relativa entrata in vigore) ed ha, altresì, stabilito che "i versamenti effettuati sulla base della disposizione suddetta prima della data di entrata in vigore della" norma abrogativa "sono restituiti ai contribuenti dall’Amministrazione finanziaria ovvero dalla stessa trattenuti, anche in acconto, se i relativi importi sono dovuti ad altro titolo".

Cancellando ab origine gli effetti della norma previgente, il D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, convertito in L. n. 27 del 3003, presenta evidente carattere retroattivo, ma ciò non ne comporta l’illegittimità.

Benchè inserita in sede di conversione, la norma non viola la previsione di cui alla L. n. 400 del 1988, art. 15, comma 5 – ai sensi della quale "le modifiche eventualmente apportate al decreto- legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente" dovendosi rispetto ad essa riscontrare la ricorrenza delle condizioni della "salvezza" di cui all’ultima parte della disposizione.

Peraltro – pur costituendo principio generale dell’ordinamento (cfr. art. 11 preleggi) e fondamentale valore di civiltà giuridica l’irretroattività della legge, se si esclude il campo penale (cfr. l’art. 25 Cost.), non è valore costituzionalmente garantito, con la conseguenza che, in linea di principio, nulla vieta al legislatore ordinario di adottare norme che dispongano anche per il passato.

Il criterio è pienamente operante anche nell’ambito dell’ordinamento tributario.

Infatti (non diversamente dalle altre norme del medesimo testo normativo, pure emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., ed espressamente qualificate principi generali dell’ordinamento tributario), la previsione della L. n. 212 del 2000, art. 3 (c.d. "Statuto del contribuente") – che specificamente sancisce la regola dell’irretroattività della disposizioni tributarie – non presenta, nella gerarchia delle fonti, rango superiore a quello della legge ordinaria (tant’è che ne è ammessa la modifica o la deroga, purchè espressa e non ad opera di leggi speciali: art. 1) e non può, quindi, fungere da norma parametro di costituzionalità (cfr. Corte cost., ord. 180/07), nè comportare la disapplicazione di norma tributaria solo perchè con essa contrastante (cfr. Cass. 8145/11, 8254/09).

D’altro canto, l’esplicita regolamentazione dei rapporti instaurati in base alla legge retroattivamente abrogata (con la previsione dell’obbligo di restituzione ai contribuenti degli importi da loro all’uopo versati ovvero della relativa utilizzazione al fine dell’estinzione di eventuali altri loro debiti) rende la disposizione retroattivamente abrogatrice in linea con il parametro della ragionevolezza e con quello di cui all’art. 53 Cost..

Da quanto esposto s’inferisce che, all’atto dell’adesione alle prescrizioni del D.L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5, convertito in L. n. 200 del 2003, la posizione debitoria della società contribuente in merito all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1998, non era definita in virtù dell’adesione alla definizione agevolata di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, per effetto dell’intervenuta abrogazione retroattiva della predetta disposizione e conseguente caducazione della definizione agevolata dalla stessa prevista; con la conseguenza che la pretesa restitutoria di quanto versato ai fini della definizione di cui al successivo D.L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5, convertito in L. n. 200 del 2003, sostenuta dalla società contribuente in funzione della pregressa definizione di ogni sua posizione debitoria, si rivela infondata.

Alla stregua delle considerazioni che precedono – ed atteso che il terzo motivo del ricorso della società contribuente resta assorbito dalle considerazioni che precedono, che intervengono a correggere la motivazione della decisione impugnata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4 – s’impone il rigetto del ricorso principale proposto dalla società contribuente. Il rigetto del ricorso principale esime dall’esame del ricorso incidentale, in quanto proposto dall’Agenzia in via condizionata.

Per la soccombenza, la società contribuente va condannata alla refusione delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna la società contribuente alla refusione delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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