Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-07-2011) 12-10-2011, n. 36851

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 23 luglio del 2010, accogliendo la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di P.G. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Corte d’appello di Salerno il 9 luglio del 2010, sostituiva la misura custodiale carceraria con quella interdittiva del divieto di esercitare la professione medica.

Il P., medico psichiatra, dalla Corte d’appello di Salerno era stato ritenuto responsabile di due abusi sessuali commessi in danno delle proprie pazienti ed era stato condannato alla pena complessiva di anni dodici di reclusione.

A fondamento della decisione il tribunale, dopo avere premesso che a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 265 del 2010, era venuta meno la presunzione di adeguatezza della sola misura custodiale carceraria, osservava che non sussisteva alcun pericolo di fuga e che quello della reiterazione di fatti analoghi poteva essere evitato con la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione medica.

Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Salerno deducendo:

l)la violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 8 per l’omesso comunicazione dell’avviso dell’udienza camerale anche al Procuratore generale che aveva chiesto alla Corte d’appello la custodia cautelare;

2) mancanza o illogicità della motivazione in ordine all’esclusione dell’esigenza cautelare costituita dal pericolo di fuga, nella fattispecie estremamente probabile per l’entità della pena inflitta (anni dodici) e per le condizioni economiche dell’imputato; inoltre la misura interdittiva del divieto di esercizio della professione medica è del tutto inidonea ad evitare il pericolo della reiterazione di reati della stessa indole,

Motivi della decisione

Il primo motivo è fondato ed assorbe il secondo.

L’art. 309 c.p.p., comma 8 dispone, tra l’altro, che l’avviso per la data fissata per l’udienza deve essere comunicato almeno tre giorni prima al pubblico ministero presso il tribunale del luogo in cui ha sede la Corte d’appello o la sezione distaccata della Corte d’appello. Se il pubblico ministero che ha chiesto la misura è diverso da quello presso il tribunale anzidetto, l’avviso deve essere comunicato anche a quello che ha chiesto la misura, come stabilito con l’intervento correttivo posto in essere con la L. n. 652 del 1996. Tale intervento è stato previsto per consentire al pubblico ministero che ha chiesto la misura di partecipare all’udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale distrettuale.

Correlativamente è stato modificato anche l’art. 311 c.p.p., comma 1, nel senso che il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale per il riesame può essere proposto anche dal pubblico ministero che ha chiesto la misura. A seguito dell’anzidetto intervento correttivo anche il Procuratore generale presso la Corte d’appello, sia pure nella sola ipotesi in cui sia stato egli stesso a chiedere la misura, può, non solo partecipare all’udienza, ma proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale quale giudice di appello sui provvedimenti in materia di libertà adottati dalla Corte d’appello. Si è in proposito statuito da parte di questa Corte (Sez 1 n. 22764 del 2008) che il procuratore generale presso la corte d’appello non rientra tra i soggetti legittimati a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze adottate dal tribunale in materia di libertà personale, a meno che non sia stato egli stesso a chiederne l’applicazione ai sensi dell’art. 311 c.p.p., comma 1, in quanto l’unico organo abilitato a svolgere le funzioni di P.M. ed a presentare ricorso contro la decisione è quello funzionalmente istituito presso il tribunale, ossia il Procuratore della Repubblica e non il Procuratore generale, (conf n. 37851 del 2007).

L’omessa o tardiva comunicazione dell’avviso al pubblico ministero, incidendo sulla partecipazione al procedimento di tale organo, determina una nullità a regime intermedio ex art. 178 c.p.p., lett. b) e art. 180 c.p.p..

Alla stregua delle considerazioni svolte il provvedimento impugnato va annullato con rinvio al tribunale del riesame di Salerno per un nuovo giudizio previo avviso d’udienza anche al Procuratore generale che ha chiesto la misura.

Il secondo motivo, come già accennato, rimane chiaramente assorbito.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 623 c.p.p. annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Salerno per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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